La Nausea è un romanzo scritto da Jean-Paul Sartre filosofo, scrittore, drammaturgo, critico letterario e attivista francese. Egli viene considerato uno dei più importanti esponenti dell‘Esistenzialismo. Il romanzo è stato scritto nel 1932 e pubblicato nel 1938.
Il libro è intriso di filosofia e più che un romanzo, lo si può considerare un diario scritto da Antoine Roquentin il protagonista.
Proprio per queste sue caratteristiche – romanzo-diario ricco di filosfia – è difficile fornire una trama precisa, degna e dettagliata.
L’intera vicenda si svolge a Bouville – città francese fittizia – dove Roquentin si è stabilito da tre anni per concludere ricerche storiche su un personaggio del settecento: il marchese di Rollebon. E’ proprio durante questo soggiorno a Bouville che Roquentin sperimenterà per la prima volta la Nausea: che dapprima si presenterà come semplice sensazione, ma che diverrà assoluta e inevitabile consapevolezza.
Di solito l’esistenza si nasconde.
La Nausea, come lo stesso Sartre intende, non è altro che consapevolezza della propria esistenza. Una cognizione che pervade completamente la persona e non solo: ogni cosa nel mondo suscita ribrezzo, tutto tocca e tutto opprime.
Roquentin mi è sembrato un personaggio molto abitudinario: dorme, si sveglia, osserva, scrive, ascolta musica. Un giorno, però, prende coscienza della sue esistenza, capisce che la vita non è nulla di astratto ma è qualcosa che scorre dentro. Questa intima consapevolezza lo mette in profondo contatto con l’assurdità e l’incontrollabilità dell’esistenza. La Nausea non colpisce solo i sensi e la coscienza dell’individuo, ma anche tutto quello che lo circonda: gli oggetti quotidiani risultano esser pieni e gonfi di qualcosa che l’opprime e che lo disgusta, perdono ogni loro giustificazione, vengono spogliati di ogni aggettivo, di ogni abbellimento, per mostrare la loro vera e nauseante natura. L’individuo, nauseato dalla consapevolezza della propria esistenza, è solo, è stomacato dal mondo e incapace di agire nella maniera corretta. Solo un comportamento sembra poter porre un certo limite alla Nausea: la libertà delle proprie azioni. Accettare la libertà e, allo stesso tempo, l’imprevidibilità del proprio agire e, quindi, della propria esistenza. Prender coscienza che ogni cosa sul nostro cammino sia incontrollabile: tutto sfugge al nostro controllo perché la natura delle cose ha voluto e vuole così.
Sartre, per il tutto il romanzo-diario, non fa altro che comunicare e sottolineare la disarmonia presente nel mondo e nella nostra vita e, a mio parere, questa idea è sostenuta egregiamente dalla narrazione. Difatti, durante il racconto, l’autore non segue nessuno schema fisso, ripetibile e prevedibile: alcuni giorni sembrano esser lunghissimi, quasi infiniti; altri, invece, son così corti da poter essere narrati e racchiusi in un sol rigo, ogni giorno deve esser vissuto per poterne misurare la sua effettiva durata.
Sono rimasta terribilmente affascinata da questo libro, non solo perché il senso di nausea e di stordimento trasmessi dalla consapevolezza della propria esistenza vanno oltre qualsiasi tipo immaginazione; ma anche, soprattutto, perché lo trovo molto attuale. Il sentirsi soli anche quando si è tra una marea di gente, il riuscir a slegarsi dalla concezione che ogni momento della propria vita sia prevedibile, il rendersi conto di esser qualcuno e il sentir la propria esistenza vivere e scorrere dentro di noi, mi sembrano temi che rimangono ancorati al mondo nonostante le diverse epoche.
Sicuramente un testo impegnativo ma per nulla pesante o tedioso, una lettura che consiglio per scoprire la meraviglia della nauseante consapevolezza dell’esistenza.
Vorrei tanto lasciarmi andare, dimenticarmi, dormire.Ma non posso, soffoco: l’esistenza mi penetra da tutte le parti, dagli occhi, dal naso, dalla bocca…
E d’un tratto, d’un sol tratto, il velo si squarcia, ho compreso, ho visto.
t.
Per paura e timidezza verso me stessa evito ogni forma di descrizione: interiore ed esteriore. Scrivo in gran segreto per mettere in ordine pensieri e sentimenti confusi e per riprendermi da notti insonni.
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