L’olandese Johannes Vermeer è noto per le sue scene d’interni domestici, in cui la luce penetra dalle finestre ridefinendo i contorni degli oggetti e delle figure. Eppure, almeno in due casi, il pittore guardò fuori dalla finestra per dipingere ciò che vedeva all’esterno. Verso la metà del Seicento, all’età di quasi trent’anni, Vermeer dipinse un tratto di strada: due case vicine, tratteggiate nei minimi dettagli. Il quadro dal titolo La stradina è di piccole dimensioni e probabilmente raffigura una piccola porzione dell’antica Voldersgracht, una nota via della città di Delft. Le due case sono descritte con estrema precisione e mostrano un miscuglio di stili architettonici diversi, come se il pittore avesse voluto selezionare alcuni particolari per poi mescolarli tra loro, al fine di creare una “scena inventata”. Eppure ogni cosa all’interno del quadro è realizzata con tale maestria da sembrare reale.
La stradina, 1657-58 circa, olio su tela, Rijksmuseum, Amsterdam
Il quadro è la registrazione perfetta di un particolare momento che altrimenti sarebbe svanito per sempre: le donne affaccendate, le nuvole che lasciano filtrare la luce, due porte e una finestra aperte, la quiete di un giorno qualunque. Le tinte calde non fanno altro che accentuare l’atmosfera poetica del quadro. Il soggetto principale sembra essere il tempo, bloccato in un preciso istante, “congelato” per sempre sulla tela. Nella scena tutto sembra essere scandito dal silenzio e ciò trova un parallelismo con l’opera letteraria di Marcel Proust; non a caso, il romanziere francese citò l’opera Veduta di Delft di Vermeer nell’ultimo capitolo della sua Recherche, in particolare nell’episodio in cui viene descritta la morte dello scrittore Bergotte:
Alla fine, fu davanti al Vermeer, che ricordava più smagliante, più diverso da tutto quanto conoscesse, ma nel quale (…) notò per la prima volta dei piccoli personaggi in blu, e che la sabbia era rosa, e – infine – la preziosa materia del minuscolo lembo di muro giallo. Le vertigini aumentavano; lui non staccava lo sguardo, come un bambino da una farfalla gialla che vorrebbe catturare dal prezioso piccolo lembo di muro. “È così che avrei dovuto scrivere, pensava. I miei ultimi libri sono troppo secchi, avrei dovuto stendere più strati di colore, rendere la mia frase preziosa in sé, come quel piccolo lembo di muro giallo.”
Leggendo questo passo sembra quasi che Proust invidiasse la “preziosità” della pittura di Vermeer, che desiderasse raggiungere nella scrittura quella bellezza ‘assoluta’ presente nella Veduta di Delft.

Questo dipinto, eseguito grazie all’aiuto della camera oscura, rappresenta la zona del porto cittadino. Ciò che colpisce è il forte contrasto tra i colori caldi delle architetture e le tinte fredde del cielo; in lontananza s’intravedono dei minuscoli personaggi, mentre l’ acqua del canale, realizzata con una stesura materica piuttosto grumosa, riflette la luce e le sagome degli edifici circostanti in una bellissima alternanza di zone più chiare e zone più scure. Anche in questo caso, come in tutte le altre opere dell’artista, la caratteristica principale è il silenzio, questa idea di “sospensione” per cui ogni cosa sembra rimanere bloccata nel fluire inesorabile del tempo.
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