Sogno distopico

Una finestra stregata

una scossa gelata

improvvisi mutamenti

il tavolo che traballa

le carte volano via

e la mia fantasia si anima

generando una distopia:

occhi sbarrati

stanza gelata

una lama acuminata

e l’orco che colpisce

mentre il corpo si dissolve;

l’interno nudo è costretto

in involucro sintetico.

I limiti della materia non esistono più

e lo spirito è imprigionato

in un corpo robotico.

L’anima non può più confondersi

col resto delle cose.

È la fine e il supremo supplizio

ma Dio non c’è

divelto, alienato,

chiuso in un manicomio,

disperato…

Cristo è solo sulla croce,

nessuno lo ha redento;

solo un grido inascoltato:

«Padre perché mi hai abbandonato».

Il poeta non è altro che un canale, un medium per l'infinito, che si annulla per fare posto a forze che gli sono immensamente superiori e, per certi versi, persino estranee. D'altra parte chi sono io di fronte al tutto, ma al contempo, cosa sarebbe il tutto senza di me?

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