E’ passato qualche anno, ma credo sia giusto il momento di sconfiggere il grande equivoco che si è creato riguardo alle trasposizioni cinematografiche delle opere di J.R.R Tolkien.
E’ un argomento spinoso, perchè, a differenza delle opere di altri scrittori, quando si parla dei film tratti dai romanzi di JRRT, si scatena l’Esercito della Salvezza, e l’ottusità regna sovrana.
Schiere di detrattori con la bava alla bocca si accaniscono fanaticamente su ogni singolo fotogramma, massacrando ogni scena perchè le parole del testo non sono esattamente riportate.
Già per il Signore degli Anelli era accaduto questo, e tutti costoro non si erano resi conto della impossibilità di poter rendere tutta la complessità di un’opera del genere al cinema. Per questo, a mio avviso, il lavoro di Peter Jackson, è stato meritorio, perchè è riuscito a trasmettere quello che si poteva comunicare: il semplice suggerimento della vastità e del grande respiro di un mondo con le sue contraddizioni, le sue bellezze e i suoi orrori, tenendo fede più o meno alla storia base. E questo, nella Hollywood dove ci sono commissioni per i tagli nei film apposite, è stato un grandissimo risultato.
Certo, molti personaggi sono stati semplificati, altri tagliati con l’accetta, alcune scene potevano essere evitate e alcuni dialoghi sono un pò troppo retorici e hollywoodiani, ma in linea generale è stato un grande lavoro.
Ma non mi è entrato del tutto nel cuore, proprio per questa serie di motivi. Eppure non ha affatto tradito Tolkien: poteva essere un disastro, invece la storia creata da Tolkien ha aiutato il regista a compiere un ottimo lavoro.
Ma non è un film perfetto, anzi: gli Oscar hanno forse accecato molte persone, e altre hanno dovuto a malincuore accettare il trionfo di un’opera talmente fuori dai canoni.
Non vedevano l’ora di vendicarsi.
Lo hanno fatto su Lo Hobbit.
Questa seconda trilogia è considerata da molti come uno stupro e un tradimento verso Tolkien, ed è una cosa che non riuscirò mai a comprendere.
Questa serie di film sono stati giudicati fin da prima della loro uscita: la gente è andata al cinema senza quel necessario stupore per immergersi nella magia della Terra di Mezzo. Ci sono andati con il lanternino, pronti a puntare il dito contro tutti quei difetti ben presenti nella trilogia precedente, affibbiandoli a questa.
Lo Hobbit, in realtà, è molto più bello della trilogia precedente, e decisamente più fedele, eppure c’è questa assurda convinzione del contrario.
Vedo già molti che scuotono la testa, a questa mia affermazione: ma si sbagliano, tutti.
Innanzitutto, il lavoro che spettava a regista e sceneggiatori, questa volta, era esattamente l’opposto: essi non avevano un testo con sceneggiatura già pronta, come nel caso del Signore degli Anelli.
Intendiamoci, Lo Hobbit è un meraviglioso libro, ma è scritto come una favola, e ben prima che Tolkien arrivasse a una concezione matura della Terra di Mezzo, quindi presenta buchi enormi di sceneggiatura.
Gandalf a un certo punto sparisce e poi ricompare. I Nani sono quasi tutti macchiette e hanno ben poco della nobiltà della gente di Durin che poi avranno negli scritti successivi. Gli Elfi sono caratterizzati pochissimo, Gollum non ha ancora quell’importanza, Bard è un personaggio utile quasi solo per ammazzare il Drago, e così via. Alcune scene, come quella in cui gli Elfi prendono in giro i Nani nei pressi di Gran Burrone sono obiettivamente ridicole.
In un film tutto questo si sarebbe tramutato in un disastro, soprattutto dopo che PRIMA era uscito il Signore degli Anelli, con tutta la sua profondità.
Quindi, qui il regista non ha dovuto tagliare, ma integrare. Sono venute in soccorso le Appendici del Signore degli Anelli, ma molte cose Tolkien stesso le ha lasciate vaghe e ipotetiche, e l’immediatezza di un film richiedeva invece scelte subitanee.
Da qui l’invenzione di alcune parti che “non ci sono nel libro”, ma che sono plausibili: i contrasti nel Regno Elfico, quelli tra Bard e il Governatore, quelli tra Elfi e Nani a Gran Burrone, l’invenzione dell’Elfa Tauriel e del suo amore per Kili, che non è uno stupro, ma è una cosa tutta fatta IN FUNZIONE DI LEGOLAS, in modo che siano seminati i germi del suo cambiamento verso i Nani, che arriverà a compimento con la sua conoscenza di Gimli ( gustosissimo il siparietto con Gloin e Legolas, a proposito, in The Desolation of Smaug), da qui tutta la sottotrama di Gandalf e i Saggi a Dol Guldur.
In mezzo a tutto questo, l’estrema fedeltà a moltissime scene del libro e alla natura dei personaggi, molto, ma molto di più che nella trilogia precedente.
Veramente inconcepibile, a mio avvviso, la stroncatura o la sottovalutazione che ha avuto Lo Hobbit.
Eppure io, questa volta, sono uscito dal cinema completamente soddisfatto, a parte qualche solita esagerazione splatter o trash del regista, ma questo era un aspetto anche della trilogia precedente, quindi non capisco affatto questa disparità di trattamento.
Così come le critiche alla fotografia, “troppo luminosa”: come se l’atmosfera de Lo Hobbit fosse la stessa del Signore degli Anelli… in realtà, questa fotografia luminosa è stata una precisa scelta: ancora l’Oscurità era sonnacchiosa, e il mondo immerso nella luce, benchè ancora per poco.
Quindi, rassegnatevi, Lo Hobbit non ha affatto tradito Tolkien.
Direi che è avvenuto esattamente il contrario.
Di Pesaro. Ho trentaquattro anni, vivo e scrivo da precario in un mondo totalmente precario, alla ricerca di una casa dell’anima – che credo di aver trovato – e scrivo soprattutto di fantasy e avventura. Ho sempre l’animo da Don Chisciotte e lo conserverò sempre!
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