Il Signore degli Anelli, il romanzo delle scelte

Il Signore degli Anelli è uno dei romanzi più famosi al mondo, e le analisi sul suo testo si sprecano.

Spesso, riguardo al capolavoro di Tolkien, si parla di “lotta tra Bene e Male”, dato che sembra facile trarre questa conclusione dalla trama del romanzo: l’unione dei popoli liberi contro un potere prevaricatore e sempre più incombente.
Indubbiamente, questo è un aspetto della storia… ma a mio parere è solo una parte della questione, e nemmeno la più importante; anzi direi che per Tolkien questo era solo lo scheletro della storia perchè, per sua esplicita ammissione, il Signore degli Anelli parla del rapporto tra la vita e la morte.
Cosa vuol dire, questo?
Significa non una semplice contrapposizione tra lo stato di fatto della vita e di quello della morte, ma proprio una continua SCELTA davanti al bivio che ci costringe la vita: una scelta porta necessariamente alla vita interiore, e l’altra alla morte interiore.
Per questo, Il Signore degli Anelli è un romanzo nel quale le scelte sono continue e dirimenti: tutti i personaggi scelgono, verso il bene o verso il male; ma le intenzioni dei personaggi non sono mai assolute, c’è sempre qualcosa di “mediano” che li spinge a fare determinate scelte.
Gandalf, per esempio, sente prepotentemente dentro di sè il desiderio di fare del bene, e la tentazione di prendere l’Anello sarebbe la via più facile per raggiungere l’obiettivo; egli però sa anche che questa scelta lo trasformerebbe in un Sauron peggiore dello stesso Nemico, perchè la sua oscurità sarebbe nascosta da un velo di ipocrisia.
Rifiutando l’offerta di Frodo,sceglie la vita, e non la morte, la morte di sè stesso e della sua missione.
Enorme la differenza con Saruman, che sceglie la via più facile, il potere e il dominio, e si perde per sempre.
Come Gandalf agisce invece Galadriel, che rifiuta di prendere l’Anello quando Frodo glielo porge, perchè sa benissimo che, anche se lo usasse per il bene, “le cose non si fermerebbero lì, purtroppo”; quindi sceglie la vita, che nel suo caso sarà l’abbandonare la Terra di Mezzo, e rimanere Galadriel.
Innumerevoli e significative sono le scelte dei personaggi del libro, ma qui vorrei citare tre coppie che trovo centrali per la storia, e le cui scelte influiscono notevolmente

– Faramir/Boromir: il secondo sceglie la forza, legata alla visione della potenza che gli può dare un Oggetto; il primo, invece, da sempre abituato a non amare la spada in sè, ma solo come strumento di difesa, usa la sua cultura e saggezza per capire che ci sono pericoli che un Uomo deve rifiutare;
– Denethor/ Thèoden: il primo crede di essere l’unico depositario del potere, e rifiuta tutti i consigli che gli arrivano, compresi quelli di Gandalf, e perde il controllo persino della sua mente; Thèoden, invece, riesce a vedere oltre le nebbie della sua malattia e del veleno verbale di Vermilinguo, e pur morendo, manterrà vivo il ricordo di sè stesso e del suo coraggio;
Sam/ Sabbioso: la scelta più importante di Sam, a mio avviso, non è quella di seguire Frodo, bensì quella di continuare a seguirlo dopo la visione della Contea devastata nello Specchio di Galadriel; così facendo, sceglie di salvare il proprio padrone, in futuro, permettendogli di trovare pace a Valinor, dopo il compimento della missione; Sabbioso, invece, sceglie sempre il proprio utile, fino ad arrivare al punto di vendersi a Saruman e ai suoi sgherri: uno dei pochi Hobbit a voler scientemente la distruzione della propria terra.
Non morirà, Sabbioso, ma è come se lo fosse.

Il Signore degli Anelli, quindi, è proprio il romanzo delle scelte, che non sono mai semplici, ma sempre sofferte, e cambiano completamente il senso dell’esistenza di ognuno di noi.

Di Pesaro. Ho trentaquattro anni, vivo e scrivo da precario in un mondo totalmente precario, alla ricerca di una casa dell’anima – che credo di aver trovato – e scrivo soprattutto di fantasy e avventura. Ho sempre l’animo da Don Chisciotte e lo conserverò sempre!

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