Mimì, umile angelo d’immenso amore

Mimì, ma come? Ci hai lasciati all’improvviso, così. No no, non si fa. E adesso come faremo? Come faremo senza la tua risata? La tua gioia? La tua dolcezza? La prima tramontana ti ha portata via.

Sei stata la balia del paese, hai cresciuto intere generazioni, i miei zii, mia madre, i miei cugini, mio fratello, la dama di compagnia, la donna di servizio in varie famiglie. Ma per noi sempre stata solo Mimì. La mia compagna di giochi, la nonna che non ho avuto. Quella che mi ha vestita, imboccata,  con cui andavo a passeggiare, prima che il tuo fragile corpo iniziasse a cedere. Cresciuta nella povertà, lavoratrice instancabile, a distanza di anni piangevi l’assenza delle tue sorelle e di tua madre, di tuo padre che non hai conosciuto, ma sempre presenti nel tuo cuore.

Mai che dalla tua bocca sia uscita una parola di sdegno o malevola, anche contro chi ti feriva, chi non ti cercava più. Dentro di te non albergavano invidia, cattiveria, avidità. Non avevi nulla, ma eri sempre pronta a donare. Non chiedevi niente, se non un sorriso, un abbraccio, un po’ di compagnia. La carità, la compassione, la bontà erano il perno della tua vita. I tuoi racconti erano fatti di fame, piedi scalzi, legna da raccogliere, lavori stagionali, fatica, dolore, rinunce. Ogni boccone per te era benedetto e doveva essere santificato. Eppure ricordavi con rimpianto i “tempi belli”, di quando avevi imparato a leggere e scrivere, a cucire, i tempi in cui il tuo paese era centro di fede, i pellegrinaggi, le opere missionarie, gli inni sacri, la messa in latino, le novene, i vespri, le recite, i laboratori che cercavano di formare ragazzi e ragazze in una terra povera e dimenticata. Non ti separavi mai dal tuo rosario, il tuo secondo “bastone”, sebbene fosse il più importante per te. Guardavi il mondo con meraviglia e un po’ di paura, tu che hai attraversato le epoche, i cambiamenti radicali. Dicevi che il “troppo studio” avesse svuotato i campi perché nessuno pensava più alla terra e all’anima; ti addolorava vedere le chiese vuote. Spesso cantavamo insieme e tu eri felice. Dicevi che la mia voce era un dono di Dio, mi sgridavi se affermavo che non volevo sposarmi. Ma poi seria rispondevi: “Prima il lavoro, poi ti devi fare una famiglia. La solitudine non è una bella cosa. ” Mi hai insegnato a giocare a carte, anche se gli ultimi tempi dimenticavi le regole ed io ti lasciavo vincere. Non eri contenta se tagliavo i capelli, perché mi vedevi sempre come la bimba dai lunghi boccoli. La tua mente, da alcuni anni, ricordava limpidamente il passato, meno il presente. Ascoltavamo rapiti quando parlavi di principi, principesse, ministri,vescovi, papi, antichi matrimoni, fasti dei palazzi in cui avevi lavorato, le antiche ricette ormai dimenticate. Abituata ad avere poco per sopravvivere, tutto ti sembrava troppo, eccedente, un lusso. Non hai mai voluto lasciare la tua scarna casa, perché per te era il tuo regno. Ogni piccolo oggetto  era intriso di storia e di ricordi.

Ci sei sempre stata, nella vita quotidiana della mia famiglia e in tutte le tappe importanti. Il primo ricordo che ho di te è il tuo volto, al mio risveglio, a due anni e mezzo, nei giorni della scomparsa di nonna e tu vegliavi dolcemente su di me. Nonostante il tuo corpo abbia dovuto sopportare immense prove fisiche, lo hai fatto in silenzio, attaccandoti alla vita, pregando sempre e ringraziando per ogni istante donatoti, sorretta da una fede incrollabile che faceva impallidire i nostri dubbi, le nostre meschinità. Volevi arrivare a festeggiare i 100 anni ed essere la più longeva della tua famiglia. Lo avremmo fatto, Mimì.  Avremmo organizzato una grande festa con la banda come era tua desiderio. La torta senza panna perché a te non piaceva, ma eri ghiotta di altre cose. Non sarà più la stessa cosa. Nulla sarà più come prima. Quando entrerò nel vicolo di casa tua, non ti vedrò più dalla finestra, non ti chiamerò più: “Mimìii, amore miooo, apri sono Ilaria!” E tu non risponderai: “Subitissimo!” Non ci sarà più il tuo cappotto con il foulard a casa nostra, il tuo calore, le telefonate e gli incontri giornalieri.  Tu, umile angelo d’immenso amore, hai riempito la nostra vita con un affetto straordinario e puro. Possiamo dirti solo grazie, per tutto e per sempre. D’ora in poi saremo tutti più poveri e soli. Lasci un vuoto enorme, una voragine che nessuno potrà riempire, ma un insegnamento fondamentale: senza amore non siamo umani. Ciao Mimì,  ora so che sei felice lassù e canterai senza più dolore.

"Se leggo un libro che mi gela tutta, così che nessun fuoco possa scaldarmi, so che è poesia. Se mi sento fisicamente come se mi scoperchiassero la testa, so che quella è poesia. È l'unico modo che ho di conoscerla. Ce ne sono altri?" E. Dickinson

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