La lunga battaglia contro il “cancro” continua. Poco importa, a un certo punto, se il cancro ce l’hai tu o un familiare. Combatti lo stesso. E nel tragitto, tortuoso, pieno di sfumature, incontri di tutto: persone pronte ad ascoltarti e darti consigli, davvero poche, qualche esempio buono da seguire per cui ringrazi il cielo, e per il resto tanta ma tanta gente che sa bene impostare schemi, protocolli, buona ad esaminare il tuo stato emotivo, e quindi a giudicarti, senza però fornirti alcun un rimedio utile.
Fra tutti, quelli che non sopporto sono i professori che tali non sono. Quelli a cui piace la retorica, che hanno sempre qualcosa da dire, da aggiungere, o da correggerti. Quelli dalla lunga esperienza, e senza scrupolo mettono il dito nella piaga, che non fanno il proprio lavoro come una missione, ma si riempiono di arie, e di presunzione, di carte sulla scrivania, e ti bastonano perché non sei abbastanza brava. “Sei debole” mi dicono alcuni. “Sei forte” , mi dicono altri. Non va bene, ad ogni modo, nessuno dei due approcci emotivi. Ci fosse mai qualcuno che opterebbe per la terza via: sei debole e sei forte insieme, forse, come è normale che sia. Quelli che ti fanno perdere tempo, quando il tuo tempo, lo sai, è fin troppo prezioso.
Il cancro, da ormai quasi 2 anni, mi ha insegnato tante cose e se non passa giorno in cui non ne parlo è perché ormai lo conosco bene. Direi, pure, che ci ho fatto amicizia. Insomma, parliamo, ci raccontiamo, e ci confessiamo pure segreti. Mi insegna come guardare avanti, partendo da molte cose del passato, e mi regala immagini nuove: vita, morte, morte, vita. Due parole con cui occorre fare bene i conti e subito. Nessuno, fra medici, primari, infermieri, è consapevole di un cancro quanto un familiare che lo vive direttamente.
C’è chi lo affronta in un modo e c’è chi lo affronta in altri innumerevoli modi. Tanto insegna, in termini di consapevolezza della vita, e quindi di riflessione ampia sul concetto di felicità e di opportunità, tanto ti toglie. E ti toglie, sempre, qualcosa. Poco o tanto, ti toglie. Fino allo sfinimento.
È per questo che da parte del mondo esterno dovrebbero esistere dei limiti. Limiti per ogni cosa. Limiti per parlare, per dare ordini, per riempirsi di pregiudizi e di stereotipi. Limiti di arroganza davanti ai triage del pronto soccorso, limiti di indifferenza fra un reparto e un altro. Limiti di attese infinite, di carte, di burocrazia, di sfiducia o di compassione. I malati di cancro non sono “poverini” per niente e non lo saranno fino alla fine: i malati di cancro necessitano, oggi più che mai, di uno sguardo che inverte la rotta all’interno del sistema sanitario. Prima di ogni cosa, bisognerebbe salvaguardare la loro dignità e integrità morale. Nessun Premio, dunque, perché si ha il cancro o una disabilità. Un premio, senza clamore, a chi lotta con tranquillità e normalità. Un premio a chi considera normali i malati di cancro lo darei volentieri. Per non dimenticare che sono esseri umani e che questa brutta malattia tocca tutti in questo nostro secolo maledetto.
Oggi faccio un brindisi a tutti coloro che lottano in silenzio, senza lacrime, o lamenti, e che tramite il loro dolore esprimono e trasmettono a chi li circonda una saggezza grande. A chi non si arrende, a chi trova rifugio nella spiritualità, a chi è felice con poco, a chi è felice perché la sua vita prosegue nel sorriso e nel carattere dei suoi figli. A chi è forte nel corpo, nelle vene, nello sguardo, nel cuore. A chi è forte, a chi non cede, a chi è forte, e da forza agli altri. A chi è forte e regala lezioni bellissime.
Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".