“Maledetto Baudelaire!” genio e sregolatezza del grande poeta

“Maledetto Baudelaire!” genio e sregolatezza del grande poeta

Ognuno sceglie il suo veleno, io tanti anni fa ho conosciuto e scelto di sfogliare quel mazzo di fiori maledetti che mi ha consegnato tutte le sue angosce, tutte le sue miserie, e mi ha costretta a cantare con lui gli abomini, i mostri e le follie in una sorta di viaggio nella melma maleodorante, nel putridume della nostra anima.

Credo abbia fatto lo stesso effetto a Jean Teulé, raffinato romanziere francese. L’autore, con una carriera da fumettista alle spalle e che ha scritto per la televisione, il teatro e il cinema, è morto il 18 ottobre 2022 nella sua casa di Parigi. Voglio ricordarlo con il suo romanzo più bello, almeno per me.

“Maledetto Baudelaire!” edito Neri Pozza, è una biografia romanzata del poeta, uno dei più grandi del XIX secolo, morto a quarantasei anni. L’autore, ripercorrendo il viaggio all’inferno di Charles Baudelaire, ci racconta l’infanzia, l’allontanamento dalla madre, le donne, l’arte e l’oltraggio connaturato nel genio e nella follia dell’immenso Poeta.

Alla morte dell’anziano padre, Charles, aveva solo cinque anni. Adesso-pensò- la mamma sarà solo mia. Non fu così. La madre, infatti, si risposò presto con il comandante Jacques Aupick, freddo e scostante borghese con cui Charles non andò mai d’accordo. Questa fu l’insanabile ferita inferta al piccolo Charles che non perdonò mai alla madre, che amava morbosamente, il tradimento, e lo portò ad avere con lei un rapporto deviato e tormentato che si riverberò, inevitabilmente, con tutte le donne della sua vita.

Per cercare di redimerlo dalla sua condotta dissoluta e sconsiderata, la madre e il patrigno lo imbarcarono su una nave mercantile diretta in India. Durante il viaggio, che lo segnò profondamente, il giovane ragazzo con la vocazione della poesia non poté che farsi catturare dal bello e dal sublime che lo travolse.  Immedesimandosi con un maestoso uccello, che, catturato, viene sbeffeggiato dall’equipaggio della nave, scrisse L’albatros.

“Così il poeta, simile al signor delle nubi
Che si aggira tra i turbini e irride al cacciatore,
esiliato quaggiù tra gli scherni del volgo;
l’ali sue da gigante gli fanno goffo il passo”.

Poi l’incontro con l’oltraggio, i primi amori giovanili. Conosce Sarah la strabica, “Voglio vederti triste, le lacrime danno fascino alla tua brutta faccia”, che lo inizia al piacere malato, e l’attrice Jeanne Duval, la “gigantessa esotica”, musa e grande amore di Baudelaire. Con lei vive un amore tormentato, che, a fasi alterne, durerà circa due decadi. Con lei sperimenta di tutto compresa la sifilide.

“È l’ora di ubriacarsi! Ebbri! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo: ubriachi! Senza tregua! Di vino, di poesia o di virtù, – a piacer vostro”.

Baudelaire conduce una vita da bohémien, sperpera buona parte del denaro ricevuto in eredità dal padre, abusa di tutto e di tutti alla ricerca di ciò che va Oltre. Ed ecco “Il viaggio”:

“Destino singolare in cui la meta si sposta;
se non è in alcun luogo, può essere dappertutto;
l’Uomo, la cui speranza non è mai esausta,
per potersi riposare corre come un matto!”

Dopo tante difficoltà riesce a pubblicare, nel 1857, la prima edizione dei suoi “Les fleurs du mal” rompendo in maniera netta e violenta con la tradizione al punto di suscitare, a causa di alcune poesie definite “oscene”, indignazione generale ed essere processato e condannato per oltraggio al pudore. I suoi “Fiori” perdono sei petali.

Impossibile parlare di Baudelaire, del suo travaglio, del suo inferno in poche parole, senza rischiare di cadere nella banalità. Basti pensare che, a distanza di duecento anni, ci ritroviamo ancora, perduti, a leggere la sua tristezza, i suoi turbamenti, la sua follia sana o insana, a chi importa? A me importa solo poter viaggiare ogni volta che la mia anima lo richiede, come un sognatore, un viaggiatore senza nave né vela, tra i suoi versi benedetti!

Trascorre gli ultimi anni della sua vita divorato dalla sifilide e dal laudano. Finì su una sedia a rotelle, annoiato, stanco, quasi muto.  Morì che era il 31 agosto 1867, accanto alla madre e ai suoi amici.

“E’ la Noia! -L’occhio gonfio di un pianto involontario,
 fuma la pipa sognando patiboli.
Lo conosci, lettore, questo mostro raffinato,
-ipocrita lettore- mio simile- fratello!

È così che Jean Teulé ripercorre la vita e le opere di Baudelaire attraverso cui riesce a raccontarci il genio e la sregolatezza del grande poeta, quasi a volerci dire che, senza le tenebre, non avremmo conosciuto la bellezza sempiterna dei suoi versi.

 

 

 

Un “poeta maledetto” capace di trovare la bellezza dove nessuno si immaginava di trovarla.
Ottima recensione!

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