Nel placido sorriso della morte
ti volti, spargendo fiori arancioni
(il colore della morte) sul tremore
dei miei passi stanchi.
Nella penombra di una fredda stanza
la prigionia di una degenza assume,
quasi, l’aspetto di un’attesa, recando con sé
il tepore di un incontro sperato.
Annaffiate – oh voi che li troverete –
i miei secchi fiori; rinnovateli:
portandoli lontano da me.
Esiste pur sempre – seppur
appaia complessa –
una passionale miseria,
un pathos antico
che smuove le aride foglie
ignorate dal vento.