Restiamo Umani con Vik

RESTIAMO UMANI con VIK – VENEZIA, Associazione di informazione e cultura.

in collaborazione con ASSOPACE PALESTINA.
Presidente: Franca Bastianello

e-mail: restiamoumanivik@gmail.com
sito: https://restiamoumaniconvik.wordpress.com

tumblr_mlhtcnajHU1qz8w01o1_500L’associazione culturale RESTIAMO UMANI CON VIK, che rappresenta sul territorio anche l’associazione Assopace Palestina, per suo statuto e principi fondativi, si occupa di cultura ed informazione, con particolare attenzione alla difficile questione palestinese, e in particolar modo intende informare e fare cassa di risonanza a tutte le situazioni dove la mancanza dei diritti umani, della libertà e della giustizia costringono ad essere attivi e partecipativi.
Il nome che portano come loro bandiera è quello di Vittorio Arrigoni, chiamato dagli amici “Vik” attivista per i diritti umani ucciso a Gaza il 15 aprile 2011. La sua opera di informazione e di denuncia è stata per loro esempio e ispirazione. Le sue dolorose parole che fungevano da chiusa agli articoli che pervenivano dall’inferno di Piombo Fuso (operazione militare israeliana, durata 21 giorni tra il 2008 e 2009, che ha ucciso 1500 palestinesi di Gaza, il più grande carcere a cielo aperto del mondo, e provocato più di 5000 feriti) erano appunto: “Restiamo Umani” ed è così che hanno voluto chiamarsi, certi che queste parole siano quanto di più vicino al loro modo di pensare e di agire ci possa essere.
– Come vi siete avvicinati alla realtà Palestinese?

Difficile rispondere a questa domanda, implicherebbe una valutazione di tempo e casualità che non c’è stata. La questione palestinese non è mai stata lontana dal nostro pensare. Perché come dico spesso parlare di Palestina non è parlare di un problema tra tanti, ma è trattare il problema tra tutti. Non esiste nessun altro luogo al mondo e nessuna altra causa che comporti il mettere in primo piano i diritti umani, la giustizia, il diritto all’ autodeterminazione e la libertà come in Palestina. Di contraltare esiste un “blocco ideologico” che rende difficile il nostro lavoro che è quello di informare e di fare cultura relativamente alla questione palestinese.
Questo “blocco” è causato da due questioni cardine della vicenda
– Il senso, la volontà e i “passi” che gli ebrei sionisti (quelli che hanno abbracciato l’ideologia sionista, nata alla fine del 1800) hanno fatto per fondare uno stato ebraico in Palestina. Con l’approvazione delle potenze europee, in primis L’Inghilterra per avere la possibilità di portare avanti questo processo coloniale, in tempi dove il colonialismo era accettato come il minore dei mali, e distruggere, annientando più di 500 villaggi palestinesi, massacrando e deportando 800.000 palestinesi dalla propria terra verso altri territori: Cisgiordania, Giordania, Siria e Libano.
– La sostituzione di una cultura con un’altra e la narrazione storica per giustificare questa operazione. La potenza di tiro del nuovo stato di Israele, poggiava le sue basi sul rifiuto e i sensi di colpa di una preponderanza di Paesi europei e non a sentimento anti ebraico. Il fatto che venisse spostato il “problema degli ebrei” in un territorio di tipo “neutro” (almeno all’Europa del dopoguerra) comportava anche l’appoggio alle politiche sioniste a prescindere dalle ragioni di fatto.
In questo modo da una ragione sociopolitica europea, nasce l’appoggio ad uno stato colonialista che ancor oggi procede con le stesse modalità, senza raccogliere la riprovazione che dovrebbe avere, una qualsiasi potenza coloniale (o neocoloniale) ai giorni nostri.

https://www.youtube.com/watch?v=qTFZK2sf_BA
L’esistenza dello stato di Israele, lo stato degli ebrei, in Palestina, diventa un’ingiustizia profonda perché quel territorio non è “vuoto e senza popolo”, come il sionismo amava raccontare, e neppure appartiene di diritto all’occupante, per una lettura funzionale della Bibbia: una terra “promessa da Dio” ad un “popolo” che non lo è, come spiega Slomo Sand nel suo libro “L’invenzione del popolo ebraico” se non con la giustificazione dell’appartenenza ad una religione che lo unifica e contraddistingue.
Inutile spiegare che ebrei sefarditi (in parte di origine semitica) che hanno vissuto in Spagna e nella zona del Mediterraneo e ebrei askenaziti (di origine kazara) non appartengono certamente ad un unico “popolo”. Inoltre la Bibbia, usata come verità storica, non può essere considerata un trattato storico che certifichi un atto di proprietà su un territorio che appartiene ad altri.
Di fronte a questa ingiustizia di base, alla quale però la maggioranza delle persone guarda, con una sorta di benevolenza: come per rimborsare il “tributo di sangue” pagato dagli ebrei durante il nazifascismo, è impossibile non sentirsi corresponsabili per lo sterminio ebraico, ma è assurdo far pagare questo tributo a popolazioni che non c’entrano assolutamente, con questa responsabilità, ossia i palestinesi.
La soluzione in quel momento era probabilmente apparsa semplice, era quella di assecondare tutte le politiche di insediamento coloniale in Palestina, chiudendo gli occhi su deportazioni e massacri.

– Come mai avete voluto dare vita a quest’Associazione, con quali obiettivi?
– Cosa succede veramente nella striscia di Gaza?

Dalle motivazioni di vicinanza e di conoscenza dell’ingiustizia perpetrata in Palestina, il passo per fondare un’associazione che rendesse possibile dare voce alla popolazione autoctona, che ormai da più di 70 anni non ne ha, non è stato passaggio facile.
Il tutto nasce da un incontro casuale, sul web, di Vittorio Arrigoni, chiamato Vik, un ragazzo di straordinario valore, scrittore, giornalista e blogger, che stava dedicando il suo lavoro, e la sua vita ad aiutare la popolazione di Gaza.
Gaza per chi non lo sapesse è un territorio palestinese, una striscia di terra sabbiosa, l’unica ad essere toccata dal mare, ossia l’unica parte di Palestina, con un po’ di mare, tutto il resto è diventato Israele, pochi km quadrati di territorio, estremamente densamente popolato (1 milione ed 800 mila abitanti) ma isolata dal resto della Cisgiordania e dal resto del mondo, dallo stato di Israele.
L’isolamento è reale ed estremo. Nessuna persona e nessuna merce passa se Israele non vuole, né dal mare, che viene piantonato da navi vedetta estremamente e sofisticatamente armate e nemmeno per terra, essendo circondata da muri e difese piantonate dall’esercito e dai “valici” passano solo le merci che vengono inviate per sussistenza umanitaria, da altri paesi, che Israele intende far passare e niente di più.
Chiamare la Striscia di Gaza un campo di concentramento a cielo aperto viene spontaneo, ci ricorda molto bene altri tempi, purtroppo non lontani, ma che si ripetono, proprio dove non avrebbero dovuto ripetersi mai.
A Gaza Vittorio visse abbastanza tempo per poterci raccontare una delle più brutali aggressioni israeliane in quel territorio: Piombo Fuso. Assieme a pochi altri attivisti aiutò come presenza internazionale, le ambulanze a raccogliere i morti e feriti sotto i bombardamenti israeliani. Più di 1500 furono i morti e 5000 i feriti. Da Gaza gli articoli di Vittorio ci arrivavano quotidianamente pubblicati o sul suo blog “GuerrillaRadio” oppure sul giornale “Il Manifesto”. Erano puntuali e accorati resoconti di una realtà che nessuno voleva far sapere.
La raccolta di questi articoli formano un libro che venne pubblicato subito dopo dal titolo “Restiamo Umani – Gaza”, una testimonianza epistolare su quanto avveniva e sulle voci dei sopravvissuti, dei feriti, dei medici, dei paramedici e dei suoi amici in un luogo senza vie di fuga, senza un posto per nascondersi, una terra martoriata che lui amava ormai come fosse casa sua.
Ed è proprio a Gaza che Vittorio ha perso la vita, ucciso dopo un rapimento fulmine, lasciando “orfani” parenti ed amici. Era difficile trovare la strada per ricevere notizie ora che Vittorio non c’era più.


Proprio da questa mancanza, dalla voglia di continuare l’opera di informazione libera che Vittorio faceva, che un gruppo ristretto di amici ha deciso di fondare questa associazione “Restiamo Umani con Vik” e di proporci come impegno la divulgazione di notizie e la riscoperta della florida cultura palestinese, brutalmente spezzata dall’occupazione di quella terra.

– Tante notizie vengono tenute nascoste dai media, quali sono le cose che tutti dovrebbero sapere?

Israele è un paese molto potente. Pur avendo la dimensione della nostra Lombardia, possiede il secondo esercito più potente al mondo, la prima Intelligence, non seconda a nessuno: il Mossad, un apparato da guerra che può sostenere tutte le offensive che ritiene necessarie per la propria “sicurezza”. Gode un appoggio incondizionato di molti paesi come l’America e l’Europa, che sebbene a livello di opinione pubblica siano un po’ restii ad appoggiare la politica israeliana, non lo sono certamente i governi legati a doppio filo da accordi economici e di interessi sullo scacchiere mediorientale.
Inoltre Israele si fa forte di una propaganda e di una narrazione che difficilmente si può tentare di scalzare per non incorrere nel rischio di essere tacciati di antisemitismo. L’informazione che passa è che Israele ha diritto di difendersi a qualsiasi costo e che di contraltare i palestinesi sono tutti terroristi e odiano Israele.
Qui si vede l’utilizzo della “Shoah” a scopi intimidatori nel tentativo di far tacere quelle parti dell’opinione pubblica che giustamente si indigna di fronte alle ingiustizie e alla negazioni dei diritti umani.
I palestinesi e il territorio palestinese è sotto occupazione dal 1967, occupazione brutale, con diritto di vita o di morte, vengono depredati della loro terra, in particolare quella fertile e della loro acqua, assetando i Territori Occupati in una morsa senza fine.
Il movimento dei palestinesi è seriamente compromesso da check point e gate controllati dai soldati ed è pure controllato l’uscita verso l’estero della popolazione.
Non esiste un aeroporto in Cisgiordania e i palestinesi devono andare in Giordania per prendere un qualsiasi volo verso gli altri paesi. Pochissimi sono i palestinesi che lavorano in Israele e nelle Colonie costruite sul territorio della Palestina e per poter raggiungere il posto di lavoro devono fare lunghissime code, nella notte, in attesa dell’apertura dei posti di controllo.
Quello che non si sa è l’uso della forza bruta, dell’apartheid, del razzismo nei confronti della popolazione palestinese, che è in realtà sotto gli occhi di tutti, ma attraverso i media diventa come un diritto di una parte sull’altra, per la ragione di assecondare il più forte sul debole, di compensare un’antica ingiustizia con una nuova.
Quello che ti fa cambiare modo di pensare è fare un viaggio di conoscenza in Palestina e vedere con i tuoi occhi. A questo punto tutto cambia e non puoi più far finta di non vedere.


– Cos’avete potuto vedere durante i vostri viaggi in Palestina?

Andare in Palestina, non è facile e non è nemmeno una tua libertà personale. Quando arrivi a Tel Aviv, devi sapere che da quel punto in poi, tu non sei libero di dire la verità. Se tu dici di voler visitare la Palestina, fai dimostrazione di appoggiare politiche antiisraeliane che ti costano il visto e l’ingresso nel paese.
L’unica eccezione è il viaggio di “pellegrinaggio” che ti porterà a Gerusalemme città considerata da Israele, quale capitale, ma che per l’ONU è citta condivisa, e viene considerata Tel Aviv come capitale del loro stato, con una piccola estensione verso Betlemme, per ovvi motivi religiosi.
Per Israele la Palestina non esiste e sta sparendo dietro a muri e ad insormontabili difficoltà di movimento. Il territorio viene eroso dalle colonie illegali che prendono posto degli antichi villaggi palestinesi. I terreni e le fonti vengono quotidianamente espropriati e ulivi millenari vengono divelti e bruciati.
L’economia viene minata dalla difficoltà di esportazione delle merci e dall’impossibilità di comunicazione tra una città ed un’altra.
Quello che doveva essere il territorio del futuro stato di Palestina, che avrebbe dovuto uscire dagli accordi di Oslo del 1993, continua a essere territorio sotto occupazione e di costruzione di nuove colonie illegali per il diritto internazionale.
Quello che si vede durante questi viaggi è la realtà delle condizione in cui viene tenuta la popolazione palestinese, la palese ingiustizia e la mancanza dei diritti umani che minano la possibilità di pace e autodeterminazione di un popolo oppresso e soggetto a pulizia etnica (Ilan Pappè – “La pulizia etnica della Palestina)
Ci sono alcune organizzazioni che organizzano questo tipo di viaggi, noi in genere consigliamo di andare con Assopace Palestina assieme alla Presidente Luisa Morgantini, si impara conoscendo, si incontrano le persone che quotidianamente resistono all’occupazione ed è un’esperienza toccante ed indimenticabile. Ce ne sono anche altri che riescono a far entrare a Gaza, ma è cosa complicata e non sempre si ottiene il lasciapassare.
– Una testimonianza diretta di cui volete parlare?

La nostra esperienza personale ci ha portato spesso in Palestina, ma qualsiasi testimonianza noi abbiamo portato in Italia non ha mai avuto la stessa potenza e forza delle testimonianze di israeliani che abbiamo fatto parlare nei nostri incontri, uno dei quali è il giornalista israeliano Gideon Levy (qui un video del suo intervento). Chi meglio di un israeliano può essere critico nei confronti del proprio paese?

– Che messaggio volete lanciare?

Il nostro intento è portare un messaggio di Pace in questa terra martoriata, ma non si può parlare di Pace se non si può parlare di Giustizia e si potrà parlare di Giustizia solo il giorno in cui ci sarà uno Stato di Palestina, libero, laico e democratico, con continuità territoriale e con pieno diritto all’autodeterminazione e alla libertà di movimento, oppure un unico stato binazionale con uguali diritti ed uguali doveri che veda ebrei e palestinesi convivere nello stesso territorio con pari dignità e risorse a disposizione.
La nostra posizione è di dare voce a chi non ce l’ha, informare su quello che succede in Palestina e portare fuori da quegli esigui confini, una cultura millenaria che viene saccheggiata e relegata a secondaria per scopi legati al potere e alla sopraffazione e mai capaci di inclusione e arricchimento.
Nelson Mandela disse “Che nessun popolo potrà dirsi veramente libero, finché non sarà libera la Palestina” e noi che siamo dei “sognatori che non hanno mai smesso di sognare” faremo il possibile per realizzare questo sogno.

Stilista e appassionata di musica d’autore anni Settanta. Amo tutto ciò che è arte: disegnare, creare, dare forma a tutte le mie idee. Viaggio per conoscere, per innamorarmi sempre della vita. "È meglio un giorno solo da ricordare, che ricadere in una nuova realtà sempre identica" - F. Guccini

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