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Un paese che chiude le scuole e non sospende un campionato di calcio è un paese di merda

Un paese che chiude le scuole e non sospende un campionato di calcio è un paese di merda. Un paese che chiude le scuole e non sospende un campionato di calcio è un paese di merda. Un paese che chiude le scuole e non sospende un campionato di calcio è un paese di merda. Voglio ripetermelo da stasera come un mantra. E non è retorica: io stesso, da banalissimo cittadino, un ignorante puntino dinanzi all’elefantiaca macchina che è lo Stato, ho auspicato, nei momenti di peggiore paura, una chiusura generale, un lockdown, se non altro perché nella fantomatica fase 1 ce l’hanno fatto ingerire come una pillola dolciastra, come l’unica medicina che potesse veramente sortire un qualche effetto. E ce l’hanno fatta ingerire e digerire quando i focolai erano praticamente tutti al Nord. Ora il virus sembra endemico, è praticamente ovunque, sta facendo male e molto ma molto più male farà nelle nostre regioni da terzo mondo. E anche qui non vorrei essere retorico. Perché, sulla sanità calabrese, di questo parliamo. Di terzo mondo. E dunque passino i commercianti, i ristoratori con le lacrime agli occhi disperati, passino le loro proteste, passino i parrucchieri, persino gli avvocati, i liberi professionisti, i part-time, ecc., tutti noi, insomma. Io credo, a scanso di equivoci, che abbiamo tutti ragione. Ma la scuola, amici, è diversa. È un’altra cosa. Credo di aver ragione a dire che siamo tutti stanchi. Siamo veramente sempre più stanchi, sì, persino chi, come il sottoscritto, oggettivamente non fa una beneamata mazza, disoccupato, eterno studente, ancora sotto il tetto di mamma e papà, con un reddito familiare medio-basso, troppo medio per qualsiasi tipologia di bonus o sussidio, troppo basso per non rimanersene in panciolle, tranquilli a impastare pizze o a massacrarsi di serie Tv su Netflix. Ciononostante, la scuola è diversa. È un’altra cosa. Potrà crollare quanto volete la vostra/nostra economia (speriamo, Dio mio, di no), potremo addebitare ad altre tre, quattro, cinque generazioni il prezzo necessario quantomeno a non sprofondare, a rimanere in qualche modo a galla (speriamo, Dio mio, di no), potranno aumentare (speriamo, Dio mio, di no) i disagi psichiatrici, le depressioni, i suicidi, i gesti folli tutti. Ma la scuola, un paese serio, o almeno il paese che sognerei e riconoscerei come patria, non dovrà chiuderla mai. E se proprio dovremo andarcene in malora e chiudere veramente tutto, che la scuola possa chiudere per ultima, almeno. In ultima, ultimissima istanza. Così che almeno sapremo riconoscerla e guardarla in faccia la fine.

Vive a Lamezia Terme, legge e scrive dove gli capita. A tempo perso si è laureato in Beni Culturali e in Scienze Storiche, a tempo perso gestisce il blog Manifest e a tempo perso è responsabile della Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo del TIP Teatro. Di fatto, non ha mai tempo. Ha esordito nel 2023 con il romanzo "Al di là delle dune" (A&B)

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