Oggi voglio scrivere un post un pò particolare.
Da qualche mese è uscito il mio primo romanzo vero e proprio,”Il ragazzo in ritardo”, edito da Tabula Fati, e sto cominciando a fare i primi bilanci.
Al di là del livello letterario ed emozionale dovuto alla trama in sè, c’è un aspetto su cui sto riflettendo spesso in questi giorni: la presenza, nella storia che ho raccontato, di un tocco autobiografico, sopratutto relativo al Problema, la difficoltà psico-motoria che il personaggio principale ha nel libro: nel mondo reale- e in un solo punto la cito- si chiama disprassia.
Non è molto conosciuta, in realtà; eppure, da vari episodi, so che molti ne soffrono, come il sottoscritto, ma, a differenza mia, non ne sono e non ne saranno mai consapevoli, finendo per credersi durante tutta la vita “timidi”, “impacciati”, “inaffidabili”, “ritardati”, e chi più ne ha più ne metta.
La disprassia, in Italia, è stata studiata solo di recente, ma fa parte a pieno titolo dei DSA, cioè dei disturbi psico-motori dell’apprendimento, esattamente come la dislessia e la disgrafia… però è molto più difficile da riconoscere in un bambino, e così la persona se la porta dietro tutta la vita, senza mai sapere di averla: i danni e i disagi per l’esistenza così si moltiplicano, e l’insoddisfazione, i complessi e i problemi relazionali limitano la vita di queste persone.
Io sono nato nel 1981, e per almeno una quindicina d’anni ho subito la sorte che ho appena descritto, e tutti quegli epiteti me li sono presi in pieno, e pure dopo; ma non è questo il punto. Non voglio parlare della sofferenza. Desidero spiegare in che cosa consista la disprassia…. e come aver scritto Il ragazzo in ritardo abbia completamente ribaltato il rapporto con la mia Nemica per la vita.
La disprassia colpisce nell’ambito “pratico”, per essere sintetici: impedisce a cervello e corpo di essere perfettamente coordinati, il che provoca ovviamente danni e scompensi; tutte le azioni pratiche, dalle più apparentemente semplici- allacciarsi le scarpe, aprire una porta con la chiave- alle più impegnative- lavori di ogni tipo, guidare la macchina, ecc, fino ai rapporti sessuali- non “vengono” mai come alle persone che non hanno questo disturbo.
Tutto viene ritardato, complicato, incastrato, incasinato.
Una sofferenza continua: la persona che ha in destino questa nemica vive ogni cosa in ritardo, e tante cose che amerebbe fare spesso è costretto a farle con anni di ritardo o a rinunciarci perchè ha bisogno di tempo per sbagliare e imparare.
In un mondo come il nostro, così rapido e frettoloso, vi lascio immaginare cosa voglia dire essere disprassici.
Il tempo aiuta, naturalmente, assieme a terapie occupazionali di vario genere, nelle quale si possono fare le cose con CALMA.
Ma il prezzo da pagare è alto: straniamento, esclusione dalla generazione nella quale si ha avuto la sorte di nascere ( anche se alla fine non è tutta questa gran perdita), lentezza nei rapporti sentimentali ( un disprassico è invisibile, anche se nessuna si accorge di questo DSA: si finisce nella rubrica sfigato/ coccoloso), continua corsa in ritardo verso le cose,con effetti deleteri.
Fino a quando non si comprende che la lentezza è la propria unità di misura,e che forse essere in ritardo non è un male, perchè si conoscono le persone veramente giuste, si vive bene al di fuori delle generazioni, non si diventa vecchi a trent’anni, e si vivono le cose veramente fino in fondo.
Però i problemi pratici rimangono, benchè attutiti e leniti dall’esperienza, e la disprassia rimane una Nemica… a meno che non accada qualcosa di strano.
Come scrivere un libro,per esempio!
Ecco, a me è accaduto proprio questo: attraverso il fantasy, riuscire a parlare di Lei con il sorriso e la speranza che dà sempre una storia letteraria di crescita e formazione, ha trasformato la Nemica in un’Amica, rendendomi chiaro il modo di imprigionarla e gestirla: quel senso perenne di insoddisfazione, di limitatezza, di estraneità dagli altri evapora lentamente, se ci scrivi sopra e capisci in che cosa consiste.
Un percorso lungo, ma inevitabile, per fortuna.
A tutti i disprassici dico: non mollate! Sappiate che non siamo anormali, strani o impediti, ma danzanti a un ritmo diverso!
Oggi so che non è un male, ma un bene!
Di Pesaro. Ho trentaquattro anni, vivo e scrivo da precario in un mondo totalmente precario, alla ricerca di una casa dell’anima – che credo di aver trovato – e scrivo soprattutto di fantasy e avventura. Ho sempre l’animo da Don Chisciotte e lo conserverò sempre!