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“La rivoluzione, forse domani” di Rosa Mangini

“Tutti sogniamo, sogni le cose che non hai”

È tra Costa de’ Nobili e Zenevredo, due borghi divisi da un ponte sul fiume Po, che si consuma la vicenda narrata. Un gruppo di giovani adolescenti, con semplicità e coraggio, affronta le giubbe nere fasciste nel tentativo di proteggere la propria terra e la propria libertà. I tempi sono quelli che precedono la Resistenza e nell’aria si respira la voglia di cambiamento e di non accettazione passiva del regime. La storia principale ruota intorno alla nascita dell’amore tra due ragazzi, Michele e Melania, accomunati da nulla: lui appartiene ad una famiglia di viticoltori, lei è figlia di una perpetua, ospite dei Balossi, la famiglia più numerosa del paese. A differenza di Michele, Melania è colta, brillante, autonoma, ma i due sono uniti da un sentimento limpido e rispettoso delle regole. Sulla scena, però, si affacciano anche altri personaggi, tutti con caratteristiche ben definite: Volpe, Stalin e, soprattutto, la terra che è l’altra grande protagonista del racconto.

È questa la trama del romanzo breve “La rivoluzione, forse domani” di Rosa Mangini, edito dalla casa editrice Divergenze, trascrizione di un manoscritto autografo, ritrovato in circostanze fortunose in una bancarella, che, in meno di cento pagine, riesce a unire una storia d’amore e di umanità in tempo di guerra, un inno appassionato per la terra e una vicenda di resistenza. Dell’autrice, un’insegnante di enorme cultura, si hanno, purtroppo, poche notizie avvolte nel mistero.

Merito della casa editrice è aver dato nuova vita a queste pagine piene di poesia, descrizioni perfette e valori di una società che non si arrende, ma combatte per i propri ideali.

Il lettore resta incantato davanti a questo gioiello letterario che mostra quanto gli uomini possano essere legati alla propria terra, alle proprie origini, ai propri ideali. Il lettore, proprio come la protagonista Melania, resta affascinato dai “racconti dei filari d’uve che brunivano ad ottobre, e illuminavano di smeraldo la primavera, quando il sole carezzava i pampini nei meriggi pingui e beati” perché c’è tanta “bellezza ignorata nei borghi agricoli, nei villaggi incastellati e le torri mangiate dai secoli”. Al lettore sembra davvero di sentire che “tutto odorava di erba, di terra umida e prospera” e pare davvero di vederla Melania “colle iridi più azzurre che mai”.

Un libro puro e raro che tratta diverse tematiche, dall’amore alla guerra, dalla nostalgia per il passato, alla rabbia per il presente.

Importantissime chiavi di lettura per comprendere tutto il racconto sono la prefazione curata da Chiara Solerio, la postfazione a cura di Marco Vagnozzi e un apparato di note che aiuta a decifrare alcune espressioni dialettali.

Una storia delicata, dunque, che riesce a rendere protagonisti non solo Melania e Michele, ma anche tutti coloro che sognano un’esistenza libera dall’oppressione e dalla violenza. I personaggi di questo racconto ci mostrano che, per loro, resistere, significa tornare ad esistere. Sono persone semplici che, però, non piegano il capo in silenzio e prendono in giro chi non prende posizione, perché non ha senso vivere una vita tiepida, lotta solo chi crede nelle sfide e spera di essere felice. Questi protagonisti sono lontani dagli inetti sveviani o pirandelliani, non si lasciano vivere, ma combattono per ciò in cui credono.

Buona lettura a chi è convinto “che molta della nostra vita non dipenda da noi”. Buona lettura a chi comprende che “l’unica guerra vinta è quella che si smette di combattere”. E infine buona lettura a chi sa che “la poesia non basta leggerla, devi saperla vedere”.

 

ALESSANDRA D’AGOSTINO

Sono una prof di Lettere appassionata e sorridente! Amo insegnare, leggere e scrivere recensioni, racconti e poesie che, spesso, hanno ricevuto pubblicazioni e premi letterari nazionali. Il mio motto è: "Se la fatica è tanta, il premio non sarà mediocre"... La vita mi ha insegnato che Giordano Bruno non si sbagliava!

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