Maestrale scuoti questa coltre spessa
Di colpe, di rancori e di rabbia
Di incomprensioni e di odio
Che lo scirocco ha accumulato
In questi giorni di calma apparente
Dove il sole ha bruciato
Le nostre troppo tenere speranze
Di una vita migliore.
Ci siamo fatti a pezzi
Ci siamo calpestati
Ci siamo traditi
E poi riabilitati
Credendo nella correttezza delle nostre idee
Giustificate solo dalla nostra presupponenza.
E invece siamo tutti olocausti e giustizieri
Che si affilano l’uno sull’altro le unghie
In attesa di una nuova vittima
Dove il sangue scroscia
Inondando i nostri mari
Cimiteri blu di migliaia di martiri
Alla ricerca solo di una vita migliore
Che noi abbiamo impedito.
E ogni volta che si erge una barriera
Una persona muore,
E ogni volta che ci giriamo dall’altra parte
Un bullo tira un pugno ad un bambino,
E ogni volta che ignoriamo la sofferenza
Prepariamo un mondo in cui ci sarà più sofferenza…
E se le scimmiottature di gioie
E falsi sorrisi
Che le televisioni e i social network propagandano
Vi bastano
Io non mi voglio più riconoscere in voi.
E se credete di essere migliori e che l’indifferenza e il cinismo siano un dono
Prima o poi qualcuno vi ripagherà con la stessa moneta.
E se credete che la felicità dell’individuo debba essere irresponsabile io vi farò la guerra:
La gioia dell’uomo è giustificabile solo quando da gioia…
E se si sceglie di soffrire è una scelta non comprensibile ma accettabile,
Ma se si sceglie di fare il male sarete miei nemici
E io starò sempre dalla parte degli ultimi
Di coloro che non hanno più voce
Vittime del nostro tempo.
Il poeta non è altro che un canale, un medium per l'infinito, che si annulla per fare posto a forze che gli sono immensamente superiori e, per certi versi, persino estranee. D'altra parte chi sono io di fronte al tutto, ma al contempo, cosa sarebbe il tutto senza di me?