Luna di Giugno

Luna di giugno è un’iniziativa ideata da Enzo Ruffolo a Belmonte con l’obbiettivo di creare un momento di convivialità che abbia al centro l’arte, la musica e la poesia. Noi ragazzi di Manifest partecipiamo con Valeria D’Agostino che leggerà il “Monologo del non so” della poetessa contemporanea Mariangela Gualtieri e poi con Aldo Tomaino che esporrà delle fotografie aventi come tema il mare.

Siamo tutti radunati in una piazzetta, in posizione suggestiva sul lungomare, nell’intervallo che va tra il tramonto del sole e le prime luci della luna. L’atmosfera è familiare, da una parte il mare, dall’altra lo spartiacque della ferrovia che recede la continuità della costa, come un colpo di coltello. Valeria ha fatto le prove del monologo, accompagnata nella lettura dai tamburi di Enzo, che danno un tocco a tratti inquietante e apocalittico alla lettura, al contempo enfatizzando le capacità interpretative della mia amica. Gli altri, Alessandro, Aldo e Francesca stanno conversando seduti ai tavolini, dove da li a poco ceneremo. L’atmosfera è tranquilla e rilassata nel tepore della sera di inizio estate. Il cielo intanto si è adombrato, ma la pioggia non cadrà, come nei pomeriggi estivi quando il tuono romba ma il temporale si estinguerà lontano. Ma poi ad un tratto spunta la luna che squarcia la cortina nebbiosa, la linea d’ombra, che ci opprime e colora le nubi d’oro, lei specchio riflesso, immagine di Dio, rappresentazione e origine dei nostri sogni. E volgo lo sguardo verso il borgo, abbarbicato in lontananza sulla collina, colorato d’ocra dalle luci artificiali, faro immobile della serata ancora tutta da inventare. Intanto la gente arriva alla festa: signore con le borse pendule e tacchi scalpitanti, un uomo vestito di bianco con un cappello in mano, un altro che fuma la pipa, perso in mille riflessioni e un po’ solitario. E il pasto si consuma, a base di pomodori, frutti della terra, essenziali ma prelibati in questo angolo della Calabria baciato dal calore degli antichi Dei. Allorquando, all’improvviso inizia la serata musicale. Un funambolico chitarrista da vita alla sua a tratti malinconica melodia, prima che i poeti salgano sul palco e comincino i loro canti d’amore, sotto il nume tutelare della luna, musa e compagna degli scrittori dolenti. Un’affascinante poetessa legge “Rosa d’Atacama”, «a volte basta solo un bacio per non morire», come nel deserto da una sola goccia d’acqua può nascere un fiore, Rosa D’Atacama appunto, metafora degli uomini soli abbandonati dall’amore. E poi arriva il momento di Valeria. Sono un po’ emozionato per lei, la piazza è gremita, piena di artisti ed intellettuali, gente si sa, attenta, se non addirittura permalosa, in fatto di arte e cultura. Ma lei se la cava benissimo, riesce a coinvolgere, ad emozionare, ha chiaramente un dono innato per la recitazione. Alla fine avrà un tripudio di applausi e io non posso che essere felice ed emanare un sospiro di sollievo, la serata è andata bene, ora non resta che gustarsela. Arriva l’ultimo interprete. È Enzo Ruffolo, l’organizzatore della kermesse. Attacca con “Riturnalla”, e l’energia si diffonde tra il pubblico, entusiasta per questo canto popolare calabrese, che riesce sempre ad emozionare. Enzo intanto procederà ad altre interpretazioni, ma una strana stanchezza mi inonda piano piano: sento il caldo alito del vento, cercare di squarciare il nero velo della noia che inizia ad avvolgere tutto, rendendo la realtà un quadro astratto…E mi immagino già a letto, nel caldo della mia mansarda, surriscaldata dal sole del meriggio, padrone di un’esistenza che mi sfugge, padrone della realtà come dei miei sogni….

Il poeta non è altro che un canale, un medium per l'infinito, che si annulla per fare posto a forze che gli sono immensamente superiori e, per certi versi, persino estranee. D'altra parte chi sono io di fronte al tutto, ma al contempo, cosa sarebbe il tutto senza di me?

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