Cover boy – L’ultima rivoluzione (2006). L’apologia dei sentimenti umani.

Dicembre 1989. In Romania l’ondata di proteste porta al crollo del regime comunista del dittatore Nicolae Ceaușescu. Dopo la cosiddetta rivolta di Timișoara e il conseguente colpo di stato avvenuto nella città di Bucarest, il paese, ritenuto “ribelle” all’interno del blocco sovietico, si ritrova in condizioni di gravissimo impoverimento.

La cosiddetta “ultima rivoluzione” del 1989, ricordata per la grande violenza, lascerà dietro di sé un numero di vittime elevato; inoltre l’abbattimento della dittatura e il successivo governo di Ion Iliescu non riusciranno ad apportare alcun reale cambiamento, spingendo la popolazione rumena a una massiccia emigrazione.

A partire da queste vicende storiche prende le mosse il film dal titolo Coverboy – L’ultima rivoluzione del regista Carmine Amoroso, realizzato nel 2006 con un budget molto ridotto. Si tratta di un’opera magistrale che intende affrontare temi sociali, come la precarietà e l’emigrazione, in maniera sottile e intelligente, intersecando abilmente microstoria e storia collettiva. Il film, girato interamente con la tecnica di ripresa HDV, racconta le vicende di Ioan,  interpretato brillantemente dall’attore Eduard Gabia, il quale può essere considerato un piccolo grande eroe dei nostri tempi.

La struttura narrativa è di tipo circolare poiché inizia e culmina con una tragedia. La storia si dipana a partire dalla rivolta rumena del 1989: Ioan è poco più di un bambino quando assiste all’uccisione di suo padre, un uomo onesto che viene assassinato proprio sotto i suoi occhi. Il ragazzo cresce nel proprio paese senza grosse prospettive, portando con sé un’enorme ferita. A ventitré anni sogna di partire in cerca di fortuna, così decide di intraprendere un viaggio in treno per raggiungere l’Italia. Ad accoglierlo però  è  una terra piena di problemi, in cui la precarietà e lo sfruttamento sono all’ordine del giorno. Giunto a Roma, senza un soldo e un tetto sulla testa, conosce Michele (interpretato e dall’attore Luca Lionello), un quarantenne italiano, da sempre precario, che lavora in un’impresa di pulizie. Da quel momento in poi le loro vite si intrecceranno, condividendo la sofferenza di una vita precaria ma anche brevi e intensi momenti di spensieratezza.

Cover boy è soprattutto la storia di due “solitudini” che si incontrano nel tentativo di difendere la propria dignità e salvare se stessi dal degrado e dal processo di mercificazione imperante. Ioan e Michele sono due anime “erranti”, costrette a vivere in una situazione di costante paura e incertezza; nella loro vita non c’è spazio per i sogni e le passioni, non c’è “alternativa”, perché ciò che conta di più è riuscire a sbarcare il lunario. “Qui se non ti dai da fare (…) si può essere stranieri anche in patria” dice Michele a Ioan in una bellissima scena del film, a voler sottolineare come non esista più una reale differenza tra gli individui, giacché siamo tutti “esuli” in un mondo globalizzato, sempre più cinico e individualista.

Da questo profondo senso di solitudine scaturisce la necessità di coltivare un’amicizia che, lentamente, si trasformerà in un sentimento più grande.  I due  si scrutano, si sfiorano,  quasi come se stessero compiendo un rito propiziatorio. I loro corpi, mostrati nella loro vibrante nudità, riecheggiano la monumentalità tipica dei kouroi greco-ellenistici ed emanano una straordinaria forza e integrità morale. Sullo sfondo di questa vicenda si alternano il paesaggio cupo e degradato tipico di alcuni quartieri di Roma e l’immagine di una Milano luccicante e artificiosa.

Il film ha come principale obiettivo quello di raccontare la realtà. Esso eredita alcune formule dal neorealismo italiano,  raggiungendo, attraverso un linguaggio asciutto e al tempo stesso poetico,  una perfetta sintesi tra forma e contenuto. L’opera cinematografica diventa, dunque, “materia viva” in grado di porre uno sguardo nuovo su tematiche sociali complesse, nel tentativo di sciogliere i nodi, svelare la realtà nella sua contingenza, mettere a nudo un sentimento collettivo di profondo smarrimento e inettitudine. Il film di Carmine Amoroso è la dimostrazione tangibile di quanto il cinema sia in grado di analizzare la società nella sua complessità, escludendo qualsiasi elemento retorico per elaborare un’apologia dei valori e dei sentimenti umani.

Amo l'arte e la musica. Sono perennemente in bilico tra sogno e realtà. Sto ancora cercando il mio posto nel mondo.

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