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Ai maturandi oggi: “I desideri possono cambiare ma afferrateli sempre”

Maturità 2006.
Esame di stato alla “ragioneria”.
Per me, dunque, nessun liceo classico o scientifico ma una scuola comune, frequentata da gente comune, non tanto da borghesi o figli di papà, anzi, al contrario, la mia classe era abbastanza piena di ragazzi i cui genitori facevano lavori semplici, bar, spazzini, bidelli, (che ancora oggi li chiamano così, inutile prendersi in giro!). Ed era eterogenea, c’erano bulletti, spesso erano anche ragazze, e c’erano pure marocchine inferocite (non dobbiamo per forza dire che tutti i marocchini sono buoni per non essere dichiarati razzisti).

Insomma quel giugno fu incredibilmente caldo, e lungo i corridoi nei quali erano posti in fila i banchi non si respirava, solo aria calda dai fori delle tapparelle. Presentai il compito di economia mezzo in bianco, ma il Presidente di Commissione mi prego’ di ritornare al mio posto per completare (era un classico invito a farmi aiutare o a copiare) ma, niente, a me di tutto ciò, alla fine della scuola, dell’anno 2006,non mi fregava niente. Feci finta di andare a posto, aggiungi due tre cose, e ripresentai il compito. Alle domande orali del prof. di educazione fisica (tutti fascisti questi qui eh!) a proposito dell’argomento che avevo scelto io risposi “La folgore, il paracadutismo”. Abbastanza improbabile ma allora stavo con un ragazzo (il mio primo ragazzo) della Folgore e i miei pensieri riguardo un possibile sport praticabile erano in cielo, letteralmente in alto, al cielo. Ad ogni modo non avrei potuto porre altro, il prof in questione organizzava solo partite di pallavolo durante le quali mi nascondevo sempre o me ne andavo in giro per l’istituto. Antipatia pura l’educazione fisica!

Quella mattina della prima prova d’esame di stato fu tremenda, per la prima volta si manifestava qualche sintomo di cervicalgia e rimasi totalmente bloccata con la schiena già durante la notte. Per la prima volta iniziai a pensare: “E adesso? Se non potrò camminare come farò domani” ?

Erano più o meno queste le mie ansie 13 anni fa agli esami di stato, ansie poi duplicate dopo pochi mesi per fattori di gran lunga più rilevanti, di quelli che si presentano all’improvviso e che ti chiedono il conto fra 10 anni, appunto. E il bello è tutto la, nei 10 anni, proprio quelli in cui ti poni domande e intanto succedono cose inaspettate. Il cuore batte per un nuovo ragazzo, incroci occhi e mani nuove, conosci un’altra te, all’opposto di quella che eri. E soprattutto impari, guardando le tue evoluzioni, che niente è statico. Tutto può cambiare, allora la bravura non consiste nel 100 alla maturità, o nella competizione stupida con i tuoi compagni, ma nell’adattamento alle situazioni del mondo, ai tuoi sbalzi d’umore, alla tua vita pronta a sorprenderti ogni giorno, nel bene ma anche nel male. E devi essere brava, qui, a non perdere l’equilibrio, e a voltarti indietro, ricordarti com’eri, e senza ripensamenti o paure, sorridere e andare avanti felice di ciò che sei oggi. Devi essere brava a non restare chiusa nelle prigioni mentali, ad ammettere che ti possono piacere sempre nuove cose, e che il tuo lavoro, il tuo futuro le tue scelte, sebbene possano subire cambiamenti, sono solo tuoi.

Per questo, oggi, come ogni anno, ripensando al caldo e lontano 2006 mentre sorrido della mia timidezza e della mia forte determinazione auguro a tutti i maturandi di avere sempre testa e cuore, di non farsi corrompere dalle idee altrui ma di farsi guidare dai propri, infiniti, desideri.

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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