“Il vero inizio è l’inizio del mondo” – Processo a Odisseo

Prologo

“Il vero inizio è l’inizio del mondo”. Questa frase detta incidentalmente , quasi per caso, come sovrappensiero, da parte della prima figura in scena , è la chiave più segreta per intendere questo spettacolo. Ma essa si rivelerà tale solo bene dopo essere entrati nel merito delle cose.

Qualcuno mi disse un tempo che la superficie è profondità con evidente gusto per ossimori e paradossi. Ci ho pensato a lungo. Non è vero. La superficie è piena di pregiudizi . si comprende veramente la realtà dopo lunga frequentazione con sensazioni , emozioni ed idee e le cose spesso ancorché annunciate prendono significato dopo. Ben dopo. Come la nascita del Signore diventa importante solo dopo la sua Risurrezione. Ben dopo dunque.

Forse
In questo spettacolo la prima chiave e veramente definitiva è dunque annunciata all’inizio.

La treccia di Penelope.

Il primo personaggio , cercando le parole per incominciare, presto narra della miracolosa vita di Penelope. Non dice subito chi è. Ci trascina in un mito tragico dove una bambina è affidata alle onde perché il padre teme che lei lo vedrà morire. E non dovrebbe essere così, viene da chiedersi, che i figli seppelliscano i padri? Pure, pare che l’innaturalità sia una costante di senso di questo dramma.

Secondo un mito minore , riguardo a Penelope, ella venne tenuta a galla sulle onde dalle anatre, da cui il suo nome. Ché di miti in questa storia ne sono presenti tanti, giacché l’innaturalità di cui dicevamo, il padre che sacrifica la figlia affinché ella non ne tessa il sudario, è un’imposizione culturale, la dominanza di un mito, su di un altro è la scelta culturale dei secoli successivi alla vita ed alla miticazione di Penelope. La storia antica è una storia di donne, come dicono oggi in tante, ma a noi è stata consegnata la storia degli eroi.

Sfumato è questo tema per il momento. E come un tenue lamento a più voci, si dipana un racconto sui tempi arcaici della Grecia, quando il mondo , si crede,  fosse giovane. La seconda figura, anch’ella donna dalle vesti colorate, parla delle ancelle della corte della regina, oggi le vedremmo per quel che erano, bambine. A lavorare, alla fonte, nella parca cucina, al focolare, nel megaron, nelle stanze segrete del gineceo, alla fonte, a prendere l’acqua , a tessere, a pulire, a triturare il grano e forse l’orzo. E poi, bambine, nei letti degli uomini, degli ospiti di riguardo e dei loro figli. Bambine spaurite, bambine ammalate, implacabili oggetti di desiderio degli uomini. Degli eroi.

Ancora: Penelope non vede più gli dei nel cielo , nello scorrere del sole e della luna. Vede la Natura, leopardiana si direbbe. Di vento, lunghe giornate di sole, notti di luna. Attesa. Attesa di una donna che langue pensando all’amato. Soggiogata dall’idea degli eroi persino, pur di averne notizie. Schiava in casa sua, come tutte le donne greche , ma lei schiava di un amore lontano. Donna piangente come la sua natura di figlia di Naiade, madre timorosa, che il mondo degli uomini che la protegge e soggioga abbia ragione di suo figlio. Telemaco è ardito come i giovani. Le ancelle lo vedono come lo vede la madre sfidare nell’atrio i pretendenti. Penelope osserva e  la notte prega. Si. In una natura asciugata dal sole e dal vento si ritrova con la nostalgia degli dei. E’ incredula. E se servissero le preghiere a questi dei capricciosi? Annoiati .  In fondo meschini e proni a rovinare la virtù di una poveretta. Semele, Leda, la stessa Pasifae di Creta. Pensieri. Anni . Pianti notturni . Contornati da amiche figure ancillari. Prigioniere dello stesso mondo di uomini.

Finché…

Finché l’amato ritorna. Che dire ? Nell’incredulità della ragione la certezza del cuore, E la certezza del suo corpo di donna. Si preoccupa di come la vedrà, dopo anni, sfiorita o turgida? Ancora bella? Ma a precipizio c’è sempre il mondo fuori…. Deve pensare Penelope, Penelope famosa per la sua intelligenza. E’ davvero lui? E poi…gravemente…ha appena ucciso le mie compagne. Le voci del mio canto. Le ombre alla mia lucerna. Le mie amiche. E figlie

La figura di Penelope in questo dramma si intreccia con le figure delle sue ancelle. Sulla scena esse spesso le prestano la voce, nella vita vedremo le sono state fedeli , compagne, sorelle minori, figlie. E’ giusto che nel racconto si scambino le voci. La regina non è sola, si sistema i capelli in treccia, con le anime delle donne della sua corte a corona.

La treccia recisa

A spezzare la solidità crescente di questo canto, quasi che le figure davvero dalla scena cominciassero a diventare quello che erano, persone intendo, interviene una voce saccente , un personaggio nuovo, sulla scena , si presenta subito ad una corte invisibile. E’ l’avvocato di Odisseo.

Odisseo è un eroe leggendario. Aveva il suo diritto. 120 pretendenti ed avversari  . che avevano insidiato la moglie per anni gozzovigliando in casa sua. Lui, da solo con il suo  arco , il giovane figlio in passato minacciato da loro , cospiratori, e due servi, uno dei quali porcaro, Eumeo, che di armi non sapeva nulla. Ha agito per legittima difesa , del suo. Sua la casa, suo il figlio, sua la moglie. Di che lo si accusa? E’ un eroe di chiara fama. Chiedo che il caso venga archiviato – dice l’avvocato.

Le ancelle urlano il loro dolore a questo punto dinanzi al mito che le ha sacrificate. Si . Odisseo le ha impiccate. Ha impiccato le compagne di sua moglie. Perché? Perché hanno giaciuto coi Proci. Perché non si sono sottratte? No. E come potevano ?  Abbiamo detto che era uso …che giacessero. Perché i loro amanti di una notte erano i suoi nemici. Forse…se esse avessero chiesto il permesso….a Odisseo…si dice , con ironia sardonica

L’avvocato è un Azzeccagarbugli manzoniano. Perfino Manzoni, coraggioso e cauto inventa per il suo personaggio un nome irridente …e infamante. Questo nostro leguleio non è da meno. Allude agli altri miti fuori dall’Odissea per accusare Penelope di infedeltà …ma gli si ribatte che nell’Odissea , libro XXII è attestato che Odisseo abbia ucciso quelle innocenti.

Questo riferimento al testo nelle mani dell’ancella chiarisce la scena e prosegue la suggestione citata  all’inizio, il vero inizio è l’inizio del mondo. Parliamo di una strage documentata. In un libro. Di secoli prima dice l’avvocato. Dunque…chi sono coloro che parlano? Non siamo nel tempo arcaico prima di Omero. Le voci che contrastano l’avvocato sono di assassinate!!! Sono loro che accusano Odisseo. Delle anime. La treccia recisa. La treccia recisa si sfilaccia nelle anime che la componevano . Ombre. Ombre eterne. Un coro dunque di ombre. Amiche al telaio un tempo. Ombre in coro oggi.

Riprendono il racconto di sé. Di come nella notte smontassero la tela che la regina tesseva di notte, no, non la tela si spiega, un ordito, un sudario per Laerte, alla fine del quale lavoro, la regina avrebbe scelto fra i suoi pretendenti, lo sposo. Un pretesto, forse ispirato da Pallade Atena. E loro fedeli e complici, nella notte, alla luce di una torcia, a ridere e scherzare, quasi fosse un gioco, disfare la trama. Per tre lunghi anni. Sodali, amiche, figlie che Penelope in quelle condizioni ha visto crescere, in quella reggia, sole a rallegrare i giorni del pianto, gli occhi coperti dal velo, a ripensare la sua natura acquorea di figlia di una Naiade. Dunque una consolazione erano le 12 ancelle per la regina. Mostruoso è che la voce saccente dell’avvocato renda etereo coi suoi sofismi perfino il ricordo del loro dolore.

La treccia spezzata si fa corona

Le ombre continuano a presentarsi. Il mondo dei vivi gli è sottratto da una cortina che talvolta si affievolisce o dipana. La natura umana è infame, i tempi non sono cambiati. Le donne sono come prima, come allora. In un mondo di violenza dove si cercano stereotipi anche fra le ombre. Marilyn perché era bella, Adolf…come Napoleone, Gengis, conquistatori e distruttori di mondi, potremmo aggiungere la bella Danaerys di recente invenzione, a mostrare come il mito insidi dal maschile ancora una volta il femminile.

Ma le ombre sanno e sanno cosa vogliono. L’avvocato retrocede. Tenta una difesa. E poi capisce, Capisce le ragioni delle ombre. Odisseo è un prototipo, un archetipo inventato, l’Uomo eroe e sopraffattore, si ripresenta, si reincarna , è tutti gli uomini distruttori. Per questo non è presente al suo processo. Le ombre lamentano di non essere state onorate con libagioni ed invocano le Erinni, invocano le dee della vendetta e qui stesso perfino Penelope poiché ama di Odisseo l’uomo che amò le invoca di perdonarlo. Ma esse hanno compiuto la loro maledizione e la loro scelta. Non dimenticare. Testimoniare.

Sussurrando nella notte nel buio della scena la oro presenza sembrano volare coi loro piedi contratti che non toccano terra, piedi di impiccate, con i loro nastri e sciarpe colorate, in tondo , in alto, di nuovo intrecciate nell’anima come le danzanti di un’immagine di Blake,  non per gioia, ma  invocando le dee della Vendetta  e per una sola ragione finale . Dormiamo con chi amiamo  –  dicono .  Inno di libertà. Ché siamo state condannate a dir si. Deprecate e impiccate. Stuprate e condannate. Per la gloria effimera dei tanti eroi. “Ma ora . Siam tutte. Tutte qui.- “dicono  –  A corona nell’oblio  “E siam tutte qui” dicono “Anche tu”

Gli interpreti

Maria, Antonella, Noemi sono levissime nelle loro vesti colorate, i piedi scalzi sul proscenio, a ricordarci la loro condizione di donne umiliate eppure capaci nel corso del dramma di acquistare vigore e dignità di accusatrici. Lamentano come Drusilla Foer : “Io sono un ombra che non puoi , ferire…” e recano il dolore e la gioia delle vite oppresse , eppure vive. Sono lievi come le ombre e decise come le Erinni.

Penelope/Carla nella cornice anch’essa acquorea del video sopra il palco, interpreta felicemente le doti della Regina, della moglie, dell’amante, dell’intrigante  , dell’intelligenza, della pietà per l’eroe sconfitto dalla morte. La natura della Naiade è l’acqua e da un libro d’acqua ella sembra parlare. Nitida e vibrante ad un tempo.

Paolo/L’Avvocato. Antipaticissimo e saccente. Attira l’astio dello spettatore con il primo monologo di banalità. Odioso è l’avvocato. Perfettamente odioso. Interpretazione riuscitissima. E poi–invece . Quando ci è chiaro il vero oggetto del contendere , la sopraffazione delle donne perenne nella storia fatta di uomini, degli uomini con la loro violenza distruttiva, quando le ombre invocano le Erinni nella luce del palco Paolo ,l’avvocato divine una statua di dignitosa comprensione e pietà. Una statua, e sembrano far gioco al dramma i suoi capelli bianchi e la pelle scura. La camicia bianca. Stante , è sofferente. Stante , è dignitoso. Capisce. Ed aiuta anche noi a capire. Silenzio rispettoso e omaggiante.

Epilogo

Quando ho evidenziato che la frase, l’inizio è l’inizio del mondo pensavo alla fine di questo racconto in cui le figure si rivelano dopo . Penelope nella storia scritta da maschi per maschi è l’immagine della fedeltà coniugale, una signora del focolare. Oggi sappiamo che nei tempi storici e non in quelli preomerici le donne erano molto più libere di quello che Atene gloriosa vedrà . Esistevano persone come Saffo. Col suo tiaso. Questo è il punto. Da un certo punto in poi non solo la storia diventa maschile ma viene scritta per maschi mettendo in ombra anche il ricordo di un tempo diverso ma anche di un futuro legittimo e possibile. E’ dinanzi ad una storia possibile ripensata che l’avvocato si ferma. E’ dinanzi al dolore che i modelli archetipici devono essere ripensati. Tempo di transizione il nostro? Tempo di crisi? Forse anche queste sono categorie troppo maschili. Tempo di fermento, di sviluppo direi sull’orlo di un baratro che il dolore presente fa intravedere.

Sempre grato, al teatro ed ai miei quattro lettori.

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