“Facciamo la guerra per noia”. Recensione di “La Zebra Pacifista”.

Si è tenuto al TIP Teatro, lo scorso 1 giugno 2024, l’esito del laboratorio KALT, con le allieve più giovani del Cantiere teatrale di Scenari Visibili (decima edizione!). Ecco lo sguardo di Salvatore LS per lo spettacolo “La Zebra Pacifista“.

Ho visto l’esito di KALT Giallo. Avevo grande curiosità anche per la giovane età delle attrici. Poi ho pensato, con qualche onirismo, a quali parole potevano esprimere quello che avevo visto, quello che avevo provato. Me ne sono venute in mente poche. Ruotavano tutte intorno ad una: delicatezza.

La danza solitaria della zebra all’inizio ha dato il LA a questa musica. Delicati i movimenti ed i gesti, la musica e la luce. Ci ha portati fuori dal tempo. Dalla nostre cure, da un noi troppo costruito. Ho viaggiato. Non riuscivo a tornare. E non volevo. Da quel mondo di fiaba.

Arriva presto il prigioniero di guerra: “Alza le zampe!” dice, anche se non è armato. Si presenta in una battuta. E la zebra lo disarma fra l’ingenuo ed il bambinesco. “Mi ritroverei a zampe all’aria”. Si crea in poco un breve sogno. Dialogano una zebra ed un prigioniero di guerra. La Natura spensierata dell’una e la caliginosa esistenza dell’altra.

Noi umani facciamo la guerra. Per noia”. “È la mia vocazione” dice il prigioniero. Mentre la zebra di volta in volta si stupisce o si spaventa. Vocazione. Chiamati? Noi uomini. Da chi?

Dialogano. E fortunatamente il prigioniero dimentica la sua presentazione. Dimentica chi era e si fa coinvolgere dalla vitalità della zebra. Galoppano insieme. Felici. L’uomo nella natura più propria.

Alla fine un particolare che mi aveva colpito dall’inizio prende forma nella mia mente assumendo un diverso significato: il prigioniero ha un vestito a strisce bianco e nero, strisce orizzontali, regolari, ordinate, segno della sua condizione certo, ma anche della sua tristezza. La zebra, …ha i suoi colori, appunto bianco e nero, ma non regolari, che si inseguono nei suoi movimenti sembrando continuamente diversi, un’armonia sottile e complessa. E che i colori siano importanti lo dice la zebra: “La mattina mi alzo e metto in ordine le mie strisce”.

Visivamente, hanno già qualcosa in comune. Se pure fosse un caso, qualcosa che li accomuna sta nel loro esistere che da lontani li fa poi galoppare assieme. Non è il dialogo che li unisce se non perché rivela ad entrambi… nelle loro differenze… l’appartenenza alla vita.

Ma una vita briosa, più autentica, spensierata a tratti, e gioiosa e selvaggia, come può essere una danza o una galoppata. E ricacciata la noia, è ricacciata l’insensatezza della follia del prigioniero che tradisce la sua vocazione. Chi anche solo una volta è stato sulla groppa di un cavallo sa quale unione si senta con l’animale mentre si sta. Chissà quale legame univa la zebra ed il prigioniero che galoppavano insieme…

Due faretti, una melodia africana, un sapiente gioco di luci e due brillanti delicate attrici, ognuna presa dal suo personaggio, l’una briosa e piena di stupore, come la vita bambina, l’altra cauta e netta come la vita cosciente per quanto nitidamente amara. Entrambe nitide e precise nella parola e nel gesto. Hanno creato in un piccolo spazio essenziale un tempo sospeso.

Grazie allora a Ludovica ed Agnese per il piccolo grande sogno che ci avete regalato. Ne avevamo bisogno… brio, pacatezza, precisione, nitore, …ad offrirci una meditazione sul vivere con la ben tornita e compatta freschezza dell’infanzia.

La Zebra Pacifista
Una Zebra vive felice nel suo habitat naturale, mentre un prigioniero di guerra scappa inseguito da feroci guardiani, cosa può unire questi due personaggi così diversi tra loro, si scoprirà durante un dialogo tanto inaspettato quanto denso di rimandi al presente che stiamo attraversando. La natura ha sempre da insegnarci qualcosa, come in questa storia, una favola utile a piccoli e grandi.
esito del laboratorio KALT Giallo
con Agnese Iacopetta, Ludovica Sgromo // guida Dario Natale // grafica & comunicazione Domenico B. D’Agostino
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