“Passiamo la prima metà della vita a costruirci gabbie e la seconda metà a tentare di distruggerle. L’essere umano è miserabile, non regge la vita”
Cesare Annunziata ha più di 80 anni, ed è un uomo cinico, pigro e anche bugiardo. Ormai vedovo, combatte contro mille acciacchi e con giornate troppo vuote, come solo quelle estive passate in città sanno essere. Nel suo condominio al Vomero, ad agosto, sono rimasti in pochi: Eleonora Vitagliano, la dirimpettaia gattara; Marino, l’amico di una vita con cui Cesare gioca la stessa partita di scacchi da anni e Lady Blonde, una ragazzina di 13 anni che non si stacca mai dal cellulare. Ma, soprattutto, ci sono i ricordi, ricordi subdoli che si insinuano dappertutto: “ogni notte mi stendo in un cimitero di ricordi, e mi sento derubato quando arrivano, mi sfilano tra le mani gli anni passati, i giorni che non m’appartengono più”. Dunque proprio lui che si è sempre dichiarato immune ai sensi di colpa, ora si trova a fare i conti con mille domande: e se nella vita fosse stato più dolce e accogliente? Se avesse trovato il coraggio di lasciare la moglie? Se avesse passato più tempo con i figli? Se, in definitiva, avesse sbagliato tutto? Finché un giorno, nel parco in cui è solito portare Batman, il cane affidatogli dalla figlia Sveva, Cesare nota una ragazza dai capelli corti spruzzati di viola. Si chiama Iris, ha 23 anni, e ha negli occhi qualcosa di fragile e familiare. È l’inizio di una goffa ma tenera amicizia, in cui Cesare trova inaspettatamente conforto. D’un tratto, ci sono persone di cui deve, e vuole, occuparsi, e questo lo fa sentire felice. D’un tratto, non c’è più da rimuginare, ma da agire, da aiutare, perché “la vita è un’ubriacatura, una lunga trasformazione. La vita semplicemente a volte capita, e non bisogna farsela scappare”, bisogna trovare il coraggio di afferrarla al volo.
Qualche sera fa ho concluso la lettura di “La vita a volte capita”, un romanzo che aspettavo da 10 anni… Era il 2015 e io ricordo tutto perfettamente, come se fosse appena accaduto. Era una sera fredda e io avevo bisogno di un buon libro per tirarmi su il morale. Entrai in libreria e fui catturata da una copertina bellissima, da una donna che indossava un cappotto rosso e da un titolo che tanto aveva da dire a me e alla mia vita: “La tentazione di essere felici”. Divorai il libro in pochi giorni, Cesare Annunziata fu uno dei miei viaggi più belli, una di quelle avventure che ti toccano l’anima e lasciano il segno per sempre.
Qualche sera fa, quando, con un po’ di malinconia, ho girato l’ultima pagina di questo nuovo libro, ho pensato che Cesare Annunziata non fosse tornato perché torna chi era andato via, mentre lui è sempre rimasto nel cuore di chi l’ha amato.
Con “La vita a volte capita” Lorenzo Marone ha deciso di fare un regalo ai suoi lettori donando un Cesare diverso che fa i conti con ciò che ha vissuto, con ciò che è stato, con ciò che non riesce a cambiare, con quello che avrebbe voluto essere e, forse per la prima volta, si accetta così com’è. Ed è così che ripensando a sua moglie Caterina capisce di “aver cercato con tutto sé stesso di renderla infelice almeno quanto lo era lui, perché lei ai suoi occhi era colpevole di averlo derubato di tutte le vite possibili”. È così che si rende conto di essersi accontentato per anni, “ma la vita è uno sputo, non è fatta per accontentarsi”. Ed è così che comprende che “in fondo due sono le possibilità: o trovi il coraggio per cambiare in meglio la tua vita, o ti sforzi di riconoscere il meglio in quella che hai già”.
Cesare Annunziata si guarda, finalmente, dentro e si riconosce uomo fragile, uomo “che ama dibattere sul cambiamento e poi non è mai davvero pronto ad accoglierlo”, uomo che ha bisogno di soccorrere gli altri per dare una mano anche a sé stesso, uomo vulnerabile che, se soltanto avesse avuto il coraggio, avrebbe potuto vivere altre vite, diverse dalla sua.
Leggendo queste pagine mi sono emozionata tanto, ho sentito sulla mia pelle i rimpianti del protagonista, ferite che non si rimarginano e che, forse, sanguineranno sempre anche quando si è contenti perché “la felicità è una filibustiera, nel presente si degrada in nostalgia, che tra le tante forme di tristezza è la più sleale”.
Leggendo queste pagine ho riconosciuto in Cesare la mia stessa malinconia, quell’imporsi di non aspettarsi niente e poi, in gran segreto, coltivare “la speranza che accada sempre qualcosa di magnifico”.
Leggendo queste pagine ho avuto la sensazione che Cesare parlasse al mio cuore raccontandogli i suoi sentimenti per Emma, un amore vero, “quello che in pochi hanno la fortuna di trovare davvero” e che “travalica i limiti del corpo e del tempo”.
Grazie Lorenzo per averci donato questa storia che racconta di solitudini, di uomini che devono fare i conti con sé stessi e di una società che pensa troppo alle apparenze perdendo il vero senso delle cose.
Buona lettura a chi comprende che il mondo va così “c’è sempre qualcuno pronto a spiegarti qualcosa, e quel qualcuno spesso nelle tue scarpe non ci ha mai camminato”. Buona lettura a chi “sceglie sempre la strada che gli fa più paura, perché è quella giusta”.
E infine buona lettura a chi sa che “il mondo è pieno di possibilità perse” ma, nonostante tutto, non perde la speranza e combatte per essere felice!
ALESSANDRA D’AGOSTINO
Sono una prof di Lettere appassionata e sorridente! Amo insegnare, leggere e scrivere recensioni, racconti e poesie che, spesso, hanno ricevuto pubblicazioni e premi letterari nazionali. Il mio motto è: "Se la fatica è tanta, il premio non sarà mediocre"... La vita mi ha insegnato che Giordano Bruno non si sbagliava!