“Dal sacro al pulp: vattienti di Nocera Terinese” in mostra a Bibliotecart fino al 10 gennaio

Cattura del passato presente | Il Sabato Santo e i ‘Vattienti’ di Nocera Terinese

Di Nocera Terinese ricordavo la strada principale all’entrata del paese e la scuola, nei miei anni d’infanzia e poi d’adolescenza quando spesso mi son trovata a seguire mamma a lavoro. Un’altra immagine sbiadita mi rimanda invece alle tre fontane poco prima di raggiungere il paese, con mia nonna in macchina. Ero piccola, e mi sembra di ricordare la voce di mamma mista tra tensione e paura, nel traffico, nelle zone della processione. Dicono che questo rito sia cruento, non visto bene dalla Chiesa, pare che negli anni 50′ fu addirittura inserito in un famoso documentario come mostruosità accanto ad altre mostruosità, tra le più varie. Secondo il racconto di un ragazzo sui 30 anni dolorante e fresco di flagellazione ancora oggi la Chiesa è fortemente ostile. Un rito che racchiude in se tanta bellezza, non c’è che dire, e una fede particolare, certamente immensa. Diversa, forse. Un rito che continua ad esistere, dunque, grazie allo spirito e alla testardaggine del popolo che lo tramanda di generazione in generazione, tra un voto ai defunti o ai vivi ammalati, tra l’entusiasmo inaspettato dei piccolissimi ecce homo nei loro 8-9-10 anni d’età, nei loro piedini scalzi che camminano a passo lento o veloce tra i vicoli macchiati di sangue. Lì il venerdì e il sabato santo hanno il sangue come fedele amico, un atto di fede o di resistenza, un atto di dolore che al solo guardarlo porta a pensare al dolore del mondo, una tradizione intensa, che si ostina ad oscillare tra passato e presente e fermandosi qui, nel presente, diventa più che mai attuale.

Rappresentazione dell’identità dell’emigrato che torna dall’Argentina o dall’Australia nel proprio paese d’origine, rappresentazione della sofferenza dell’Europa d’oggi, e dell’impotenza di noi osservatori. Si capisce che un rito del genere ha in sé una testimonianza importante, che ha il sapore antico dell’appartenenza e della tradizione radicata, e che si riconosce in un gesto nel territorio di questo paese. Ma è anche testimonianza di una evoluzione che si plasma ai mutamenti, è testimonianza di un passato che non passa o per meglio dire di un passato presente, perché è stato catturato così bene da poter essere massaggiato e trasmesso al presente, rielaborato tante altre volte ancora. Dopo la vita c’è la morte, ma dopo la morte c’è ancora la vita. Perché questo mi hanno trasmesso oggi nel profondo i vattienti di Nocera Terinese. Due facce della stessa medaglia. Ma attraverso l’accoglienza di questo paese, delle loro case preparate a festa con dolci tradizionali, delle persone conosciute soltanto oggi, come Martina e la sua famiglia, che invitano a pranzo e a sedere con loro a tavola, sembra che l’amore vinca proprio su ogni cosa, anche sulla morte. Ritorno oggi da Nocera Terinese felice di credere ancora una volta, e ad avere ancora tanta speranza in questo, all’uomo che comunica con l’altro e non si stanca mai di farlo.

ALDO TOMAINO
Dal sacro al pulp: vattienti di Nocera Terinese

(Mostra fotografica visitabile nei locali della Biblioteca Comunale Palazzo Nicotera di Lamezia Terme all’interno del cartellone natalizio Natale in Biblioteca, Bibliotecart, fino al 10 gennaio)

L’idea della mostra nasce dall’esasperazione del concetto di rito performativo. Il “pulp” a cui vuol far riferimento è, per provocazione, lo stesso del celeberrimo genere lettarario e cinematografico. Il contrasto con il sacro – che pure riesce a provocare altissimi sentimenti di spiritualità come forse in pochi altri riti religiosi – è ciò che crea maggiormente l’effetto estraniante in qualsiasi “spettatore” del rito. Il concetto di colore – principalmente esplicitato nel rosso del sangue e del vino – s’accompagna parallelamente alla materialità degli altri sensi che vengono coinvolti. Alle orecchie, nel silenzio di un vicolo, giungono pochi suoni di passi veloci e i decisi colpi dei “cardi” sulle gambe. All’olfatto è dato forse il compito più delicato, quello di recepire la difficile commistione tra sangue e vino, veri protagonisti del rito a cui le foto provano, con schiettezza, a dare giustizia.

 

Se una descrizione del rito dei vattienti, che ogni anno si ripete in quel di Nocera Terinese, non è impresa facile, ancora più arduo risulta comprendere tale rito e, soprattutto, attualizzarlo al presente. Per tentare di sviscerare cause e motivazioni – sempre qualora ce ne fosse davvero bisogno – di un fenomeno ormai ampiamente osservato e da molti studiato è anzitutto necessario ammettere diverse strade di interpretazione. È infatti la compresenza di queste diverse nature interpretative che balza agli occhi oggi a chiunque si avvicini al piccolo borgo in collina durante la Settimana Santa. Anzi, utilizzando proprio gli occhi e una metafora affine, immaginiamo di possedere diversi tipi di “occhiali speciali”: gli occhiali della storia, quelli della geografia, quelli della demo-etno-antropologia o ancora della sociologia e, perché no, anche quelli della fede (e la demonizzazione della conoscenza è stato uno dei più grandi passi falsi della religione. Non c’è stato grande profeta, guru, maestro, rabbino, messia, che non abbia spinto verso una dinamica della ricerca e della conoscenza. La verità è ricerca, il bene è conoscenza. L’ignoranza è il vero demone dell’essere umano). Indossando di volta in volta uno di questi diversi tipi di occhiali cambiano i nostri strumenti a disposizione per lo studio del fenomeno, le nostre metodologie di approccio e di ricerca, cambia, insomma, tutta la nostra prospettiva d’osservazione. Due dischi di sughero detti “cardu” e “rosa”. Il primo è il vero e proprio strumento di flagellazione al quale sono fissate, con una colata di cera, tredici lanze, piccoli frammenti di vetro conficcati in uno schema a croce. Il secondo disco è invece perfettamente lisciato e viene utilizzato sia per pulirsi le gambe spingendo il sangue a terra, sia, più semplicemente, per colpirsi e strofinarsi allo scopo di far affiorare maggiormente il sangue nei capillari dell’epidermide.

Valeria D’Agostino

Domenico D’Agostino

 

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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