Francesco Antonio Caporale e il pane di un tempo fragile, chiude il 10 gennaio sua personale al MARCA

[quote]Cosa muove l’artista a creare l’oggetto artistico? E soprattutto che relazione c’è tra l’artista e l’oggetto? È un pensiero assillante, di recente, che cerca di confidarsi a chi d’arte sembra intendersi ma, puntualmente, riceve risposte inadeguate, tutte volte a sfuggire a questo tipo d’interrogazione. Oggi, si percepisce in modo costante, che l’arte è soprattutto ‘estetica’, e l’etica si perde. Tante le mostre, le collettive o le personali, adornate di pannelli didattici, o di storici dell’arte, seguiti da gare di egocentrismo.[/quote]

Antonio Caporale è l’unione perfetta tra professionalità, con qualità artistiche notevoli, e passione, slancio emotivo, carica spirituale. Un lametino che, avendo fatto studi presso l’accademia di belle arti di Roma, e avendo vissuto gli anni ’70 della Roma underground, con le sue nuove tendenze artistiche, e la cultura contemporanea presto in arrivo, ri-torna nel proprio paese d’origine per ri-creare, continuare a confrontarsi, crescere, calandosi nella dimensione del proprio territorio. Nei primi anni ottanta, nel solco concettuale della Transavanguardia, nascono le sue fantasie neo-barocche; opere che affondano radici nell’estensione immaginativa del suo sentire e che, dal gioco multiforme delle superfici, si aprono allo spazio, incorporandolo con motivi installativi e alchimie visive.

[quote]In Caporale la sperimentazione e la ricerca si uniscono, all’osmosi, tra elementi scultorei e cromie pittoriche. Sono vere e proprie metamorfosi cangianti, dai colori vivi, come certi ‘umori’ come il tempo che bacia lo spazio e non lo sbiadisce mai. Ci sono, dentro le opere di Caporale, aspetti mutevoli – se qui parliamo di sentimenti – ma anche aspetti resistenti, impermeabili perché originali, impugnabili, come quelle leggi della natura che resistono a qualsivoglia abrogazione, turbamento dell’anima, positivismo plastico.[/quote]15253633_1179128312167306_6383552022199551151_n

L’artista e l’oggetto son qui parte della stessa materia, unico spirito. L’artista che si muove nello spazio, (Caporale conta infatti numerose collettive, tra le più recenti si ricordano   54a Biennale d’Arte di Venezia, Padiglione Italia, palazzo delle esposizioni, Torino, 2011-12; Artist’s Books/Offline/Online, omaggio a John Cage nel centenario della nascita, Qal’Art Caltanissetta, 2012, a cura di C. Barba) è capace di entrare in scena, in via del tutto naturale, nel tempo presente.

È bravo Caporale, nel restituire dignità, attraverso l’arte, al contesto sociale, a ri-elaborare in chiave contemporanea una ricerca volta a determinare certe poetiche, versi, storie di uomini e di vicoli pieni di mosche, in una Sambiase fuori luogo ( Qui si ricorda la personale Quando l’ora vacilla di luna, Museo della Memoria, Lamezia Terme,a cura di T. Coltellaro 2013, una dedica preziosa al poeta Franco Costabile, della quale personale alcune opere sono presenti a Dublino).

Caporale è reduce del successo della sua personale “Di solo Pane” al MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro, la quale sarà chiusa martedì 10 gennaio. Un lavoro che ha portato l’artista a posizionare circa 30 opere lungo le sale del Museo catanzarese, dietro la cura del critico d’arte Teodolinda Coltellaro, e grazie alla sinergia fra l’amministrazione provinciale del capoluogo e la Fondazione Guglielmo. Una mostra che ha registrato, a partire dal 20 novembre, numerose visite, ma anche molteplici sguardi critici, oltre che a rilevare all’attenzione degli addetti ai lavori e appassionati.

Con “Di solo pane” Caporale, ch’è anche scenografo e nel tempo è stato attore di pagine teatrali ora divenute storiche, sublima l’oggetto artistico che diviene onnicomprensivo di dinamiche e traiettorie variegate di pensiero, di interpretazioni, poiché mai residuale può essere la chiave di lettura del ‘pane’. Da cosa è mosso, dunque si diceva, l’artista verso la creazione dell’oggetto? Emerge un Caporale minimale, che coglie in flagrante l’intuizione: una trasmissione su radio 3 durante la quale si parla di guerra e di pane nero.15192516_894321127369341_7286970002005649745_n

La tematica del pane, alimento indispensabile all’esistenza dell’uomo. Lo hanno ripetuto parecchi studiosi nel corso degli anni e di questo l’antropologia ne sa qualcosa. Nell’esplorazione visiva delle opere, che permette di scoprire un’ampia gamma di significati riconducibili all’identità del pane, si scopre così che esso nutre – per usare le parole della curatrice:

[quote]“I giorni di poveri e affamati, ma nutre anche gli occhi di chi coltiva sogni di futuro diventando esso cibo per l’anima”.[/quote]

Qui Caporale dispiega il proprio percorso di sperimentazione e ricerca, la dimensione generativa della sua sintassi segnica, in un arco di tempo che copre oltre un trentennio. Le opere di questo volume, nel solco linguistico fecondo del suo itinerario evolutivo, in un inanellarsi di correlazioni simboliche, rappresentano un originale attraversamento creativo dedicato al tema del pane. L’artista propone attraverso lavori scultorei, dipinti e installazioni, uno speciale racconto con cui ripercorrere frammenti elettivi della storia di questo prezioso alimento, della storia dell’uomo e dello stesso artista che, muovendo dalla sua dimensione materiale, si incammina verso la sua fondamentale dimensione spirituale. Come spiega la curatrice Teodolinda Coltellaro

[quote]“Il pane è più propriamente lievito vitale, è il pane della vita. Esso è elemento tra terra e cielo, tra materia e spirito”.[/quote]

Si legge così nella quarta di copertina del catalogo bilingue (italiano/inglese) edito Silvana Editoriale, terzo volume della collana ‘Quaderni del Marca’ con testi critici di Teodolinda Coltellaro e di Giorgio de Finis, antropologo e regista, nonché direttore del Maam Museo dell’Altro e dell’Altrove, Museo Metropolz di Roma15621621_1186335671413564_1587070364841250589_n

E ci sono gli occhi del pane, in una ceramica ingobbiata, bianca con patine a freddo, e c’è l’innocenza salvata, olio su tela, perché per dirla alla Dostoevskij: “Nessuna cosa è tanto positiva come il pane”.

[quote]”L’omaggio al pane che fa questo artista vulcanico (che mi ha ricordato la visionarietà di certa produzione ceramica vietrese) è ben lungi, dunque, dall’essere una scelta di campo materialista. E non si tratta di riconoscere quanto ci sia di ‘simbolico’ in un elemento (materiale) della nostra tradizione alimentare, così importante da divenire, metonimicamente, sinonimo stesso di ‘cibo’. Il suo richiamarsi a un elemento primario del vivere è un modo per dire che è primario anche ciò che per molto tempo è stato considerato sovrastrutturale. E forse anche la risposta ironica a quanti vanno dicendo che la cultura non si mangia” (Giorgio de Finis)[/quote]

Il pane, la forma del pane, il sapore del pane, il colore del pane, il corpo del pane: un fertile rincorrersi e rigenerarsi di elementi percettivi per un alimento fondamentale che accompagna il destino dell’uomo. C’è un origine, quindi, nelle opere di Caporale, e ci sono i ricordi di una infanzia tanto lontana quanto vicina, nell’immagine visiva e nitida delle rane e dei giochi, dei salti nell’acqua che si rincorreva da bambini; c’è un destino misterioso, una speranza o una fede senza nome, una spiritualità avvolgente.

[quote]“L’universo comincia con il pane” (Pitagora)[/quote]

Infatti, dall’antichità, dalla profondità dei tempi, la storia restituisce i valori del pane: valori spirituali, morali, sociali, culturali. Il pane, frutto della terra e prodotto della cultura, affonda le proprie origini nella ‘memoria’, nel vissuto individuale, nella storicità dei luoghi.

 [quote]“Il paese dove siamo nati e dove siamo cresciuti, ci ha donato il sapore del suo pane. Quando il destino ci spinge o ci esilia in un’altra terra, ce lo portiamo con noi, in noi. Chi perde questo sapore, perde una parte del proprio paese e di sé stesso.” (Predrag Matvejevic)[/quote]15056507_1159989047414566_3718906087323470538_n

E allora, “Di solo pane” diventa anche un invito che, lontano da logiche materialistiche, si accosta alla magia del cuore, dei sentimenti e della ‘sacralità del cibo’, per come afferma anche Vito Teti in Fine Pasto, quel pane in grado di creare relazioni col mondo, attorno al tempo fragile, a restituire gesti nobili tra l’io e l’altro, a fortificare lo spirito dell’uomo in un’ottica armonica.

 

Valeria D’Agostino

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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