L’esperienza del ‘figulus’ lametino a Riace, intervista a Francesco Serratore

Riace, la piccola isola felice della Calabria. È questa l’immagine collettiva della cittadina della locride negli utimi tempi, o meglio, da quando il sindaco Mimmo Lucano ha attuato una piccola grande rivoluzione culturale che ha visto una larga contaminazione fra popoli, attraverso un flusso migratorio notevole che, a differenza di altri paesi, è riuscito a trovare a Riace vera ‘accoglienza’.

Ed ecco un’altra immagine che giunge rapida e improvvisa ai nostri occhi. La Calabria che diventa ponte, strada di passaggio per chi in mezzo al mare viaggia, in cerca di un’altra vita, per chi nel mare si immerge, pieno di incognite, e sfugge a una guerra. Riace, il porto sicuro che ha consentito a ben 18 paesi di integrarsi, di ritrovare la dignità di uomo. Abbiamo incontrato a proposito di Riace, e a proposito di uno dei tanti laboratori che hanno offerto arte e mestieri ai migranti, il lametino Francesco Serratore, per molti conosciuto come ‘Figulus’, il vasaio, colui che con arte e dedizione, ma anche con tanta predisposizione al confronto e all’arricchimento interculturale, ha insegnato l’arte della ceramica in quell’angolino di paese chiamato Riace, là dove Mimmo Lucano amato e odiato, continua a realizzare utopie.

Parlaci un po’ di te, com’è iniziata la tua esperienza nel mondo della ceramica? Come ti sei formato?

Intanto sono sempre stato attivo all’interno del contesto sociale, negli anni ’90 divento ceramista. Ho lavorato per lunghi anni con tossicodipendenti, con centri per malati mentali, con comunità che si occupano di accoglienza, poi in seguito la decisione di voler cambiare un po’ le cose, e quindi l’inizio di un nuovo percorso in autonomia che mi ha portato ad approfondire lo studio della ceramica. Ricerca, sperimentazione e maestri validi, che ho avuto il piacere di seguire in più zone della Calabria, hanno contribuito alla mia crescita personale e professionale.

C’è un ricordo particolare rispetto alla tua formazione?

Ho conosciuto numerosi vasai importanti, tra questi ricordo certamente ‘Mastru Micu Massafrà di Trebisacce, Magna Grecia nel sangue, rosso pompeiano… ecco, con lui ho approfondito l’aspetto più formativo. Subito dopo ho aperto un’attività laboratoriale, lì ho iniziato a fare il vasaio, il figulo.

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Come si è rivelata questa esperienza col passare del tempo?

A distanza di un po’ di tempo mi sono accorto che oltre ad avere – con la ceramica – un’attività produttiva, avevo anche e soprattutto uno strumento terapeutico in mano, l’argilla e il tornio.

Argilla e tornio, materia e strumento, a formare un’unica ed essenziale immagine dietro la quale si cela un’arte oltre che un mestiere, dov’è la magia?

Nella materia, la quale diventa terapeutica in mano alle persone con disagio, la magia è nell’atto stesso della realizzazione delle cose. Se metti un bambino autistico davanti un tornio, a realizzare una forma, lo metti anche davanti al suo disturbo, che comincerà a gestirlo, a dargli un senso, ad avere una reazione e una soddisfazione.

Quali realtà fra tutte ti hanno maggiormente dato emozioni?

Tante, ho lavorato nelle carceri, nella massima sicurezza, esperienza per me fondamentale, con i minori, a Montepaone, adesso Riace con gli immigrati.

Da quando tieni il laboratorio di ceramica a Riace?

Da giugno. Ho spostato il mio laboratorio per intero, con tutta l’attrezzatura, a Riace, per formare tanti piccoli figulus. Anche qui la ceramica tocca altro settore di intervento.

[quote]“Dare risposte concrete a un senegalese che è destinato alla raccolta dei pomodori e delle arance, spesso sfruttati, dare la possibilità di creare un mestiere che possa restituirgli la dignità di uomo”.[/quote]

Trovo molto bello questo passaggio, restituire la dignità di uomo.  È quello che è accaduto a Riace attraverso l’esperienza politica del sindaco Mimmo Lucano…

Si, quando si arriva da un territorio sopraffatto da guerre e da disastri sociali forti, (spesso non hanno neanche istruzione elementare, Hagì ad esempio ha assistito alla morte del fratello e subito dopo si è trovato a dover scappare per non morire anche lui), ci si trova dinanzi a situazioni veramente tragiche. Il viaggio non è una prima classe, non è un treno, e non è neanche la Salerno/Reggio. L’acqua lascia per lungo tempo un punto interrogativo micidiale. Riace è un laboratorio sociale forte in questo momento, ed è diventato il modello dell’accoglienza.

Come ha fatto il sindaco Lucano a farlo divenire tale?

Mimmo Lucano è stato bravissimo ad intercettare un flusso. Semere, eritreo, sotto i 30 anni, con una scopa di saggina pulisce tutte le strade di Riace, ogni mese manda 300 euro alla sua famiglia in Afghanistan, lì quei 300 euro equivalgono a 4.000 euro. Intanto sua mamma ha comprato la cucina, potrà sposare i fratelli, i cugini, i nipoti.

[quote]“Così Semere si è riguadagnato la sua dignità”[/quote]

Quando arrivano, spesso hanno fame, sono malnutriti, hanno problemi di vestiario ecc , ma la prima cosa che chiedono è un telefono. La prima cosa che desiderano fare è chiamare a casa e dire “Mamma sono vivo, sono sbarcato! Ora posso mangiare, ora mi posso vestire”

La comunicazione è importantissima. Oggi a Riace si parlano 18 lingue diverse. Riace, una piccola isola di Wight, è molto cosmopolita in questo.

Come reagiscono gli abitanti di Riace?

Tutto questo è assolutamente paradossale se pensiamo che si verifica in un paesino della locride, dove il tessuto sociale è molto impegnativo.

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“Mimmo è rivoluzionario perché sta facendo resistenza in un territorio ad altissima densità mafiosa”

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 Mimmo ha trovato l’acqua, ha trovato un pozzo profondissimo che ha più di 4.000 anni di storia, un’acqua oggetto di analisi che pare sia pure imbottigliabile. Sta per strappare il rapporto con la So.Ri.Cal per dare l’acqua pubblica gratis a tutti i cittadini di Riace.

Oltre a rendere felici i cittadini, come appare ai paesi vicini?

Fare questo è rivoluzionario nella misura in cui si tenta di strappare i rapporti con i carrozzoni della politica della Regione Calabria. E quindi la resistenza dov’è? Verso appunto i sindaci dei paesi vicini che non hanno le stesse intenzioni e che creano non poche difficoltà. Locri, Monasterace, Siderno, ecc vogliono continuare a mantenere i rapporti con quella politica, perché è la stessa politica da loro creata. Ecco, questo crea un precedente.

[quote]“Mimmo non è un amministratore qualunque, doveva però arrivare l’attenzione mediatica dall’America per rendere consapevoli noi calabresi della fortuna che abbiamo avuto attraverso il suo impegno, adesso da quel fronte dobbiamo saper continuare”[/quote]

Dunque per te Riace si sta rivelando un’esperienza positiva a 360° da non limitare solo al laboratorio da te tenuto…giusto?

Si, esattamente. Per me è stata un’esperienza forte, un bellissimo laboratorio sociale e politico e mi piace avere la possibilità di dire ‘io c’ero’. Qualcosa che mi ha segnato particolarmente nel profondo.

Esistono delle contraddizioni in paese?

Certo, e anche tante. Mimmo però ha avuto una lungimiranza tale da sistemare, organizzare, migliorare un intero paese. La prima resistenza la fa all’interno del suo paese con i propri cittadini, i quali questi ultimi sono sempre stati restii all’accoglienza, e vicini all’idea del nero che fa paura. Mimmo è riuscito a narcotizzarli. Riace era ormai diventato un paesino di 400 anime, non era rimasto più niente. Con questo flusso migratorio sono riaperte scuole, farmacie, uffici postali, caserma dei carabinieri, adesso c’è un’economia che gira nonostante le difficoltà. Così in molti sono tornati a Riace, e quel modo restio di accoglienza si è dissolto.

A proposito dell’accoglienza, che è poi il vero motivo che contraddistingue in maniera affermativa Lucano, qual è il tuo pensiero?

Noi siamo un ponte per l’Europa e per il mondo. È importante però che questo ponte sia un ponte aperto e funzionante. Loro passano, vanno in Europa, in Nord America, in Francia, in Germania, alcuni rimangono ma sono pochi. Riace nel passato è sempre stata accogliente, ma prima era un’accoglienza solo turistica. Sul tema dell’accoglienza bisogna però stare attenti, poiché molti ci speculano. Bisogna quindi controllare i flussi migratori. Riace rimane un modello di accoglienza perché i soldi sono sempre stati spesi legalmente e dignitosamente, Mimmo Lucano non si è mai rubato una lira. Sono queste le cose importanti e che lasciano poi il segno di un’amministrazione pulita.

Si può dire che il paese in via di spopolamento è adesso ripopolato grazie ai migranti?

Il paese lo hanno risollevato i migranti. Anche la differenziata è ben gestita. Hanno creato una struttura simpaticissima, con i cassettini in legno, la raccolta viene fatta con l’asino, c’è un trattorino che gira. A Riace, quotidianamente c’è un flusso di persone che sistema il paese.

Da qui ai prossimi anni come credi sarà Riace?

Il flusso migratorio non si ferma, il viaggio non finisce quando si arriva da un costa all’altra, ma continua ancora. Le idee camminano sulle gambe delle persone, Mimmo Lucano non potrà amministrare in eterno, alcune linee guida sono state già tracciate, bisogna lavorare su quelle.

Parliamo del tuo ‘figulus’, com’è strutturato il laboratorio?

Figulus è posto in un angolino fantastico di Riace, con una chiesa, un palazzo antico, e una piazzetta piccolina intorno ad ospitare solo il laboratorio. Come dicevo, c’è tutta l’attrezzatura necessaria, dai torni, all’impastatrice, la cristallina il forno ecc. La mattina realizzo dei semilavorati per un laboratorio che già esisteva a Riace, al quale 12 anni fa ho contribuito anche io, e dove lavorano due ragazze che fanno le decoratrici. Il pomeriggio c’è invece l’attività formativa, vengono i ragazzi che spesso fanno parte della casa famiglia dei minori non accompagnati, tra questi Hagì, Israel, che vengono dal Senegal. In due stanno diventando particolarmente bravi, e abbiamo già provato a mettere in atto un’opportunità di sviluppo. Perché? Abbiamo scoperto che gran parte del centro storico di Riace è fatto da mattoni fatti al tornio, i famosi ‘vumbuli’, un ottimo materiale dal punto di vista architettonico. Potrebbe diventare motivo di attività produttiva, si potrebbe recuperare e intervenire con la soprintendenza e le belle arti, creare un momento di sviluppo importante insomma.

Concluderai a Dicembre, ti mancherà tutto questo? Cosa farai in futuro?

Prima di concludere, a Dicembre, voglio lasciare lì un’opera. Un’anfora con segreto. La forma della tradizione si trova nel Museo di Palmi, raffigura le allegorie, i trucchi dei vasai. L’ho rivista, recuperata, e adesso sto realizzando, su quella forma, 18 anfore. “L’acqua che compare”, si chiama così… 18 quanti sono i paesi ospiti a Riace. 18 anfore che regalerò al sindaco, ciascuna rappresenterà la bandiera del proprio paese. Un’acqua che compare, smette di essere verbo e diventa sostantivo. Mi mancherà tutto questo e in futuro continuerò a lavorare con i migranti.14937949_10202520761816819_1678760679_n 14958879_10202520628813494_280471026_n

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Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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