Riace, la piccola isola felice della Calabria. È questa l’immagine collettiva della cittadina della locride negli utimi tempi, o meglio, da quando il sindaco Mimmo Lucano ha attuato una piccola grande rivoluzione culturale che ha visto una larga contaminazione fra popoli, attraverso un flusso migratorio notevole che, a differenza di altri paesi, è riuscito a trovare a Riace vera ‘accoglienza’.
Ed ecco un’altra immagine che giunge rapida e improvvisa ai nostri occhi. La Calabria che diventa ponte, strada di passaggio per chi in mezzo al mare viaggia, in cerca di un’altra vita, per chi nel mare si immerge, pieno di incognite, e sfugge a una guerra. Riace, il porto sicuro che ha consentito a ben 18 paesi di integrarsi, di ritrovare la dignità di uomo. Abbiamo incontrato a proposito di Riace, e a proposito di uno dei tanti laboratori che hanno offerto arte e mestieri ai migranti, il lametino Francesco Serratore, per molti conosciuto come ‘Figulus’, il vasaio, colui che con arte e dedizione, ma anche con tanta predisposizione al confronto e all’arricchimento interculturale, ha insegnato l’arte della ceramica in quell’angolino di paese chiamato Riace, là dove Mimmo Lucano amato e odiato, continua a realizzare utopie.
Parlaci un po’ di te, com’è iniziata la tua esperienza nel mondo della ceramica? Come ti sei formato?
Intanto sono sempre stato attivo all’interno del contesto sociale, negli anni ’90 divento ceramista. Ho lavorato per lunghi anni con tossicodipendenti, con centri per malati mentali, con comunità che si occupano di accoglienza, poi in seguito la decisione di voler cambiare un po’ le cose, e quindi l’inizio di un nuovo percorso in autonomia che mi ha portato ad approfondire lo studio della ceramica. Ricerca, sperimentazione e maestri validi, che ho avuto il piacere di seguire in più zone della Calabria, hanno contribuito alla mia crescita personale e professionale.
C’è un ricordo particolare rispetto alla tua formazione?
Ho conosciuto numerosi vasai importanti, tra questi ricordo certamente ‘Mastru Micu Massafrà di Trebisacce, Magna Grecia nel sangue, rosso pompeiano… ecco, con lui ho approfondito l’aspetto più formativo. Subito dopo ho aperto un’attività laboratoriale, lì ho iniziato a fare il vasaio, il figulo.
Come si è rivelata questa esperienza col passare del tempo?
A distanza di un po’ di tempo mi sono accorto che oltre ad avere – con la ceramica – un’attività produttiva, avevo anche e soprattutto uno strumento terapeutico in mano, l’argilla e il tornio.
Argilla e tornio, materia e strumento, a formare un’unica ed essenziale immagine dietro la quale si cela un’arte oltre che un mestiere, dov’è la magia?
Nella materia, la quale diventa terapeutica in mano alle persone con disagio, la magia è nell’atto stesso della realizzazione delle cose. Se metti un bambino autistico davanti un tornio, a realizzare una forma, lo metti anche davanti al suo disturbo, che comincerà a gestirlo, a dargli un senso, ad avere una reazione e una soddisfazione.
Quali realtà fra tutte ti hanno maggiormente dato emozioni?
Tante, ho lavorato nelle carceri, nella massima sicurezza, esperienza per me fondamentale, con i minori, a Montepaone, adesso Riace con gli immigrati.
Da quando tieni il laboratorio di ceramica a Riace?
Da giugno. Ho spostato il mio laboratorio per intero, con tutta l’attrezzatura, a Riace, per formare tanti piccoli figulus. Anche qui la ceramica tocca altro settore di intervento.
[quote]“Dare risposte concrete a un senegalese che è destinato alla raccolta dei pomodori e delle arance, spesso sfruttati, dare la possibilità di creare un mestiere che possa restituirgli la dignità di uomo”.[/quote]
Trovo molto bello questo passaggio, restituire la dignità di uomo. È quello che è accaduto a Riace attraverso l’esperienza politica del sindaco Mimmo Lucano…
Si, quando si arriva da un territorio sopraffatto da guerre e da disastri sociali forti, (spesso non hanno neanche istruzione elementare, Hagì ad esempio ha assistito alla morte del fratello e subito dopo si è trovato a dover scappare per non morire anche lui), ci si trova dinanzi a situazioni veramente tragiche. Il viaggio non è una prima classe, non è un treno, e non è neanche la Salerno/Reggio. L’acqua lascia per lungo tempo un punto interrogativo micidiale. Riace è un laboratorio sociale forte in questo momento, ed è diventato il modello dell’accoglienza.
Come ha fatto il sindaco Lucano a farlo divenire tale?
Mimmo Lucano è stato bravissimo ad intercettare un flusso. Semere, eritreo, sotto i 30 anni, con una scopa di saggina pulisce tutte le strade di Riace, ogni mese manda 300 euro alla sua famiglia in Afghanistan, lì quei 300 euro equivalgono a 4.000 euro. Intanto sua mamma ha comprato la cucina, potrà sposare i fratelli, i cugini, i nipoti.
[quote]“Così Semere si è riguadagnato la sua dignità”[/quote]
Quando arrivano, spesso hanno fame, sono malnutriti, hanno problemi di vestiario ecc , ma la prima cosa che chiedono è un telefono. La prima cosa che desiderano fare è chiamare a casa e dire “Mamma sono vivo, sono sbarcato! Ora posso mangiare, ora mi posso vestire”
La comunicazione è importantissima. Oggi a Riace si parlano 18 lingue diverse. Riace, una piccola isola di Wight, è molto cosmopolita in questo.
Come reagiscono gli abitanti di Riace?
Tutto questo è assolutamente paradossale se pensiamo che si verifica in un paesino della locride, dove il tessuto sociale è molto impegnativo.
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“Mimmo è rivoluzionario perché sta facendo resistenza in un territorio ad altissima densità mafiosa”
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