Come si diventa scrittori. Il turbine organizzato

Scrivo da qualche anno, ormai, ma solo da due o tre anni mi sono avventurato nella carriera effettiva di scrittore.

Per giungere a questo traguardo c’è sempre una scala, lunga e tortuosa, che sale e scende, e mai con un ordine razionale.
Puoi salire per tanto tempo, e credere che camminerai sempre a capo chino, lungo una infinita salita, per poi trovarti di fronte a una ripida discesa.
Quello è il momento chiave: quando, dopo anni di oscuri tentativi con te stesso, nel buio di una stanza, o nella penombra dei tuoi pensieri, vivi immerso nei sogni e nelle fantasticherie. Improvvisamente, la concretezza della vita e dell’arte ti si parano davanti.
Non più le idee, i progetti, le aspirazioni, ma le presentazioni, i rapporti concreti con le case editrici, con quelli che ti leggono, e con tutta quella serie di cose che arrivano quando un tuo libro VERO va in stampa: il numero delle copie stampate, che ti costringono a fare i conti con l’investimento che la casa editrice ha fatto su di te, la consapevolezza che ora “devi farti il mazzo”, perchè quando non sei nessuno e inizi a essere uno scrittore, nessuno ti regala niente, e ogni cosa la devi conquistare da te.
Le promesse di chi ti leggerà, e non ti legge; le recensioni a sorpresa che ti danno una grande energia, quelle negative ( per fortuna poche) che ti lasciano a metà tra la sensazione di non essere capito e quella di dover fare ancora tanta strada, le impressioni positive delle persone che dicono che il libro è piaciuto loro proprio per i motivi grazie ai quali lo hai scritto… insomma un vero turbine organizzato di emozioni, relazioni, rapporti, che quasi quasi ti travolgono.
Bisogna essere bravi, in quei momenti.
Serve, come regola numero uno, capire che non si esaurisce tutto con la pubblicazione di un libro.
Tanti ci riescono,a pubblicarne uno, e rimangono lì per sempre, perchè, diciamocelo senza ipocrisie, a volte fa un gran piacere vedere il proprio nome stampato, sentire la gente che ti cerca… insomma, chi dice che scrive senza voler l’appagamento personale mente, di brutto.
Però…. però c’è un codice preciso da rispettare, secondo me. Un codice morale che dovrebbe appartenere a tutti quello che vogliono definirsi Autore ( nel senso che questa parola ha nelle fiabe, cioè colui che rende vivi i sogni della mente): la strada è lunga, e non ci si può fermare.
La realizzazione personale non deve trasformarsi nell’egoismo e nell’autocompiacimento. Non bisogna ridursi a essere delle macchiette di sè stessi, a recitare una parte, con quel tono mistico-profetico di tanti che si atteggiano a Vate, che porta poi sempre a sfociare nel ridicolo.
No, essere Autori vuol dire che si ha qualcosa da dire al mondo, e questo qualcosa va portato avanti, sempre.
Bisogna innaffiare questa idea che si ha dentro, nutrirla con decisione e delicatezza, ma con costanza.
Le Storie devono moltiplicarsi, crescere, fiorire, e devono dire qualcosa.
Non dev’essere una lezione morale, scrivere libri, ma andare oltre il semplice soddisfacimento personale: la scrittura dona una visione del mondo che si eleva al di sopra del senso comune, delle frasi copia incolla, del conformismo. E’un dono che non va sprecato.
Perchè la via delle Storie è stretta, e solo quelli che hanno un’idea ben precisa possono percorrerla fino in fondo.

Di Pesaro. Ho trentaquattro anni, vivo e scrivo da precario in un mondo totalmente precario, alla ricerca di una casa dell’anima – che credo di aver trovato – e scrivo soprattutto di fantasy e avventura. Ho sempre l’animo da Don Chisciotte e lo conserverò sempre!

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