Chiunque – in Calabria – abbia avuto anche una minima esperienza in studi di Storia dell’Arte, saprà benissimo quanto il divario tra il nostro territorio e il resto della Penisola, per quanto concerne lo studio, la ricerca, e – perché no – la riscoperta delle “cose d’arte”, sia di una dimensione considerevole.
A partire da questo imprescindibile punto, conviene ricordare quanto Giorgio Vasari – il più autorevole storico dell’arte antico – scriveva riguardo la Calabria. Nelle sue monumentali Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550), Vasari accennava di un solo pittore calabrese, Marco Cardisco detto, appunto, il Calabrese (Tiriolo, 1486 circa – Napoli, 1542 circa).
“Quando noi veggiamo in qualche provincia nascere un frutto che usato non sia a nascerci, ce ne maravigliamo, tanto più d’uno ingegno buono possiamo rallegrarci, quando lo troviamo in un paese dove non nascano uomini di simili professione. Come fu Marco Calavrese pittore, il quale uscito dalla sua patria, elesse come ameno e pieno di dolcezza per sua abitazione Napoli, se bene indirizzato aveva il camino per venirsene a Roma et in quella ultimare il fine che si cava dallo studio della pittura”.
Quel “paese dove non nascano uomini di simili professione” la dice lunga, quindi, sulla percezione che già dal ‘500 si aveva dell’Arte in Calabria. La nostra regione era vista come inevitabile provincia di Napoli e la nascita di un artista – quale il Cardisco – doveva davvero ricoprirsi di rarità assoluta.
Giudizio triste, quello di Vasari, che purtroppo ha contribuito (e non poco) a non indirizzare quasi mai studi e indagini approfondite (e fino a epoche recentissime!) a discapito di nomi, personalità, opere che ancora oggi sono impossibili da inquadrare in un contesto ben definito.
È il caso di Francesco Colelli, pittore nicastrese del ‘700.
Di quali e quanti fonti possiamo veramente disporre per poter affrontare – seppure in maniera minima – l’argomento Colelli? Partiamo in ordine cronologico:
Dei tre più importanti storici locali dell’800, Pietro Ardito, Giovanni Maruca e Pasquale Giuliani, solo quest’ultimo cita il nostro pittore: “Furono poeti di ingegno Giacinto e Cesare Costanzo, e pittori egregi il detto Cesare Costanzo e Francesco Colelli, le opere dei quali sono ammirate dagli intelligenti” e ancora: “Santa Caterina, eretta dopo il tremuoto del 1638 sui ruderi di antica Chiesa per la congregazione dell’Immacolata, ha la volta della navata di belli affreschi della Vergine dipinti dal Colelli”.
Ignazio Ventura, storico di Nocera Terinese, lo cita parlando invece della volta della chiesa di S.Giovanni Battista: “tre grandi affreschi, con ricche cornici, relativi alla vita del Precursore, opera del pittore Francesco Colella da Nicastro, della fine del secolo XVIII”.
In tempi più recenti (anni ’30 del novecento) lo studioso Alfonso Frangipane sembra interessarsi all’opera del Colelli, ricordando l’Ultima Cena, nella cappella del Santissimo Sacramento nella Cattedrale di Nicastro e il perduto (trafugato negli anni ’60) quadro della Deposizione nella vecchia chiesa della Veterana (di “cucchjiarelli” San Teodoro), evidentemente di fattura così pregevole da esser stato attribuito da alcuni al Preti e addirittura al Tintoretto! Frangipane trascura però la grande maggioranza dell’opera Colelliana: tutte le tele e gli affreschi di S.Domenico, e il resto in S.Francesco e S.Caterina.
Finalmente, è datata 1999 la monografia di Mario Panarello (Rubbettino) interamente dedicata al pittore nicastrese, che ha – in maniera eccellente – cercato di ricostruire al meglio questa figura troppo in ombra del panorama artistico calabrese, panorama già di per sé pochissimo esplorato (come abbiamo detto). Panarello ha spulciato in archivi tra catasti onciari, atti battesimali e matrimoniali, eccetera, fino a delineare con precisione non solo la biografia di Francesco Colelli, ma anche i suoi spostamenti, il suo ambiente, le sue relazioni, insomma ha saputo ricreare a dovere il Contesto di un Artista, partendo spesso – come di mestiere – direttamente dalle opere.
Francesco Colelli nasce il 27 Gennaio 1734 a Nicastro (allora feudo dei D’Aquino), precisamente nella cosiddetta ruga di Blasco, in contrada San Francesco. Figlio e nipote d’arte, suo padre Domenico era anch’egli pittore, mentre suo nonno aveva posseduto il titolo di “magister” che fa pensare a più mestieri, comunque concernenti l’artigianato.
Siamo in pieno tardobarocco, gli edifici (sacri e non), gli interni, i mobili, assumono le caratteristiche forme a onde e ad eleganti riccioli tipici di quel Rococò ormai già da un po’ importato dalla Francia. Il giovane Francesco Colelli sembra spiccare su quelle che potevano diventare altre maestranze locali per svariati motivi; primo fra tutti, la sua notevole capacità a cimentarsi con l’affresco, tecnica usata da pochissimi in Calabria. In secondo luogo il nostro pittore dovette incarnare a dovere l’artista dinamico, consapevole del suo tempo e del mondo artistico che, sebbene distante dalla nostra terra, era sempre in mutamento.
Il quartiere di nascita di Francesco è contrassegnato dalla presenza del convento dei PP.Riformati in S.Francesco e dall’enorme Palazzo D’Ippolito che si stava costruendo proprio allora. Non è difficile immaginare, dunque, come il pittore abbia trovato le prime committenze nelle famiglie nobili del posto e non è un caso che la prima opera attribuita a lui sia la piccola Trinità Dolente nella chiesa di S.Francesco, nel presbiterio. Nella prima cappella a sinistra della suddetta chiesa, invece, è collocata la tela della Sacra Conversazione.
Vive a Lamezia Terme, legge e scrive dove gli capita. A tempo perso si è laureato in Beni Culturali e in Scienze Storiche, a tempo perso gestisce il blog Manifest e a tempo perso è responsabile della Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo del TIP Teatro. Di fatto, non ha mai tempo. Ha esordito nel 2023 con il romanzo "Al di là delle dune" (A&B)