“La spezzanza esiste ed è quando ti senti spezzato, sempre. Anche quando sorridi, anche quando sei felice e spensierato, sai che sei rotto in qualche punto, come un giocattolo difettoso. Cerchi di nasconderlo, camuffi più che puoi, ma sai che è così e hai sempre paura di essere scoperto”
Ho sorriso mentre la mia matita sottolineava questa frase e l’ho fatto perché si trovava proprio su una pagina strappata lateralmente per un’imperfezione di stampa. Eh già, anche la pagina era rotta, spezzata e, dunque, ancora più vera e reale.
Vera, reale, forte e dolorosa, proprio come la storia narrata da Enrico Galiano nel suo ultimo romanzo, “Geografia di un dolore perfetto”, edito da Garzanti.
Protagonisti di questo racconto sono Pietro e suo padre Nando, un genitore distante da una vita, eppure così vicino da sentirne quasi il respiro e la voce; e Paco che, invece, c’è sempre stato, anche quando se n’è andato a Tenerife, perché anche un posto così lontano può apparire dietro casa se solo lo si vuole davvero.
Questo libro racconta di un dolore forte, un dolore che ti scava dentro e quella ferita, piano piano, diventa così profonda che pensi sia impossibile da medicare, da sanare. E allora impari a conviverci, ti inventi delle storie per renderla meno dolorosa anche se “non sempre ciò che vediamo è quel che è accaduto, ma è solo ciò che vogliamo credere sia successo”.
Con questo romanzo così delicato e così forte, Enrico Galiano prende per mano il lettore e lo conduce nella sua storia che, poi, forse, è la storia di ognuno di noi.
Chi può dire con certezza di conoscere pienamente i propri genitori? Chi può ammettere, senza il minimo dubbio, che non vorrebbe avere o aver avuto del tempo in più per far loro delle domande, per avere delle spiegazioni, per ricevere delle risposte. E invece il tempo passa, corre via troppo velocemente e tanti interrogativi restano impigliati nella gola che, ad un certo punto, fa così male da non riuscire più a inghiottire. Perché è vero che “delle persone che ti hanno fatto male alla fine solo questo resta: il tempo che ti hanno rubato. Il dolore te lo scordi, prima o poi, ma è il tempo perso dietro a loro quello che non riesci a perdonarti”.
Ho pianto leggendo queste pagine piene dei sogni di un bambino e dei desideri di un uomo adulto che si mescolano, si toccano, si inseguono. Ho sentito sulla mia pelle il dolore del piccolo Pietro perché è vero che “ti basta essere amato una volta, una volta per davvero, e allora è come sentirsi amati per sempre. Allo stesso modo, ti basta essere abbandonato una volta, per sentirsi abbandonati sempre”. Ho sentito nel mio cuore la tristezza di Nando che avrebbe voluto essere un genitore migliore, un uomo da cui suo figlio potesse prendere esempio perché “un padre è proprio questo: qualcuno i cui gesti sono insegnamenti. Lezioni che poi non ti scordi più, e per tutta la vita te le porti con te”. Ho sentito nella mia anima gli strappi di questa relazione dove il non detto ha scavato voragini, mentre sarebbe bastato così poco per costruire un ponte, sarebbe bastato un “mi manchi” detto al momento giusto.
Pietro ha preferito scrivere anziché parlare, raccontare invece di dialogare perché “scrivere è anche questo, forse: riempire con l’inchiostro i vuoti che la vita ti lascia”, “forse scrivere è fare fotografie a qualcuno che non c’è”.
Buona lettura a chi ha compreso che “le parole d’amore quasi mai sono davvero parole. Più spesso sono citofoni che suonano. Mestoli di legno che girano dentro cioccolate calde. Una cosa in più buttata nel carrello al pensiero “gli piacerà”. Un bacio dato sulla fronte di un bambino che dorme”. Buona lettura a chi, a volte, si sente un’isola senza “mai dimenticare che fra isola e isola, anche se sommersa, sempre terra c’è”. E infine buona lettura a chi ha imparato che “ognuno ama a modo suo” perché è proprio questa la chiave di lettura non solo di questo meraviglioso romanzo, ma di tutta la nostra vita.
ALESSANDRA D’AGOSTINO
Sono una prof di Lettere appassionata e sorridente! Amo insegnare, leggere e scrivere recensioni, racconti e poesie che, spesso, hanno ricevuto pubblicazioni e premi letterari nazionali. Il mio motto è: "Se la fatica è tanta, il premio non sarà mediocre"... La vita mi ha insegnato che Giordano Bruno non si sbagliava!