Le forme di vetro. Recensione a “Glass House”

Preambolo: Definizione di Vetro

Il vetro è un fluido non un solido. Un fluido ad alta densità La trasparenza è una conquista tardiva, inizialmente gli oggetti erano traslucidi semplicemente… Formato ad altissime temperature di sabbia calce e metalli è fluido. È possibile che originariamente fosse creato in un crogiuolo. Raffreddandosi solidifica in forme le più varie. A volte, oniriche.

Il crogiuolo iridescente. Personaggi e temi.

Nel buio della sala lentamente si apprestano sulla scena sagome in ombra. Come ectoplasmi, figure opalescenti prendono posizione, prima davanti poi sul fondo del palco. Fermi. Una luce sul primo. Da solo. Parla. Poi via via vengono illuminati tutti, ma ad uno ad uno, separatamente, con ordine, in sequenza. Ad uno ad uno parlano tutti, 5 storie. Separate. Indipendenti. Una storia per ciascuno, separate. Viene da chiedersi se parlano a noi, nella finzione drammatica. No. Parlano a se stessi. Ciascuno è solo. Tre giri di luce, tre sequenze cadenzate.

Il primo sembra anziano, racconta della donna amata, del passato, della bellezza dei suoi occhi comuni; dice che gli ha insegnato a ballare, lei, la più bella. È l’Innamorato. Scopriremo che è un Veggente, vede l’aura delle persone, fa sogni enigmatici. La seconda racconta la stanchezza di vivere, i vuoti dell’anima, e l’incontro con un uomo misterioso ed il suo figlio-albero, in cui le consegnerà una frase, incontro miracoloso che la trasformerà in una viaggiatrice, pellegrina di mondi altri. È la Cercatrice, la Donna dell’Albero. La terza ci sorprende con una cacofonia di sillabe, una specie di ecolalia dolorosa, in cui intermezza frasi sibilline di poesia. È la Poetessa. Il quarto è un giovane che racconta di una fuga dalla politica, di un viaggio fra ricordi dove fugge ancora ma questa volta dall’amore di una donna “J”. Il Fuggitivo. La quinta ci confessa la sua fermezza non immune da dubbi, racconta alla radio di viaggi e musica, dice che ha sempre pensato e amato dire a se stessa “Preferisco di no”. È la Contestatrice, o anche la DJ.

Sembrano sulle prime “personaggi in cerca d’autore”. Le loro storie sembrano pagine di diari intimistici, da romanzo psicologico. Percorsi separati, forse proprio dal loro stesso punto di vista di narratori giacché ognuno racconta solo la sua storia. Sembrano chiusi in sé. Sembrano.

La Contestatrice, si chiama Angela. Conduce un programma radiofonico notturno. Si mette la cuffia e noi sentiamo con lei ad un certo punto dello spettacolo, il programma di quella sera. La cuffia in testa, le mani alla cuffia si muove sul palco a caso, di schiena. Il palco ora è in luce, tutti in luce. Angela si muove di schiena. Uno ad uno, urta tutti, finché la Donna dell’Albero, la Cercatrice non la rimbrotta ed Angela al colmo della sorpresa, si toglie le cuffie e dice “Tu chi sei?”. Nella scena illuminata tutti si accorgono l’uno dell’altro. Tutti potrebbero fare la stessa domanda a ciascun altro. Scoprono che credevano d’essere soli mentre ciascuno nel buio ha sentito il racconto dell’altro e lo ricorda.

Cucendo brani di senso ognuno, scopriamo, partecipa ad un unico discorso. Poiché tutti sono “Intrappolati nella storia che ci raccontiamo da sempre”, dove “Un circolo vizioso ci fa credere che la felicità si trovi sempre più in là”, mentre “Viviamo vuoti in un vicolo cieco”, al punto che però “Essere felici non è un caso”, mentre nel tempo che viviamo “Lasciamo che le circostanze definiscano chi siamo”. Il Fuggitivo dice ad un certo punto “Dai, disinseriamo il pilota automatico ed iniziamo il viaggio alla ricerca della felicità” e ancora “Alle volte un fine c’è anche se non è sempre quello che ci aspettavamo” e la dj , la Contestatrice conclude “Un evento traumatico spezza il circolo vizioso ed il trauma accompagna il risveglio”.  Sono così. Discutono cercando di dare un senso al loro essere lì, poiché si sono chiesti già “Perché siamo qui”? ed in questo ricercare, un colpo di scena apre al via delle risposte con l’arrivo del sesto personaggio dalla voce ridente e rotonda.

L’iridescenza. Semiosi illimitata

Narrativamente le parti o atti dello spettacolo sono tre. Alla prima fase dei monologhi segue un intreccio di dialoghi, di discorsi che via via coinvolge ciascun personaggio. Nella terza la tensione creata trova soluzione con un deus ex-machina. Nell’intreccio ciascun personaggio arricchisce la propria storia per suo stesso dire, ma anche per il dire con gli altri, con il dire degli altri. I personaggi riescono più sfaccettati e i monologhi di prima assumono ora significati ulteriori e aprono questioni e problemi in un crescendo di interrogativi. Nella narrazione che fluisce i personaggi oltre ad uno spessore psicologico ne assumono uno simbolico poiché ciascuno porta e rappresenta un tema generale. Nell’insieme ed in rapporto al finale, personaggi e temi sono condizione di significati ulteriori, perché ciascun tema sfuma, nei dialoghi fra i personaggi in ulteriori altri temi; i personaggi si arricchiscono e precisano, tanto nei dialoghi quanto nella conversazione di gruppo nonché nel finale. Così si moltiplicano nessi e significati possibili della rappresentazione, Nessi continui nello stesso farsi narrativo. Tuttavia la narrazione è rapida, agile, persuasiva ma inesorabilmente ricca, costruita com’è da ridefinizioni costanti dei personaggi (che quindi cambiano sotto il nostro sguardo) e da colpi di scena narrativi. Si instaura una semiosi illimitata, in cui la considerazione delle cose in essere diventa via via caleidoscopica.

Le Chiavi dal crogiuolo

Ogni personaggio, e/o tema, diventa una possibile chiave di lettura dell’intero dramma. La Donna dell’Albero, Alessandra, offre sin dall’inizio una traccia: un incontro enigmatico con un vecchio uomo che le mostra un albero che ha piantato per celebrare la nascita del figlio. L’uomo le pone un enigmatico suggerimento: cambiare il mondo come una freccia che vola nell’aria. Cambiare il mondo. Prima chiave. Il Cieco Innamorato ha il dono di vedere i colori delle persone, vede ciò che gli altri non vedono. Sapremo che ha avuto un incidente e per questo ha questo dono/potere. Lui ci spiega la Poetessa, è lui che vede i colori di quella che agli altri sembra tonta, la figura ecolalica che parla in poesia. Mentre costei, capiremo che ripete con la voce il suono della mitraglia, della guerra. Altre chiavi. Vedere attentamente ciò che non appare. “Non si vede bene che col cuore” dice il Piccolo Principe, “L’essenziale è invisibile agli occhi”. È la Seconda chiave. La Terza chiave è il dolore. Il vecchio innamorato è cieco, e la poetessa ha sofferto. La sofferenza nutre la poesia. Mi fa pensare ad Alda Merini (Meriterebbe un libro il suo personaggio e non due righe scomposte). Il Fuggitivo scappa dalla politica; si rifugia in un ricordo e poi scappa dall’amore che ne nasce, per la sua J. a Parigi. Ma scopriremo che vuol tornare. È cinico perché è un fuggitivo consapevole. Ride compiaciuto del gesto universale di ribellione della Dj, sarcastico. Lui che scappa e si espone a tante insolenze? Sì. Ma ha un messaggio: “La rivoluzione è dentro noi stessi” ovvero “Che si possa essere noi stessi la rivoluzione che vogliamo per il mondo”. Viene in mente Gandhi. O una maestra yogin. La “Rivoluzione” è interiore. Quarta chiave. Sempre lui riprende il filo della Cercatrice, la Donna dell’Albero; la freccia. Il volo ed il tempo del cambiamento. La Dj compie il miracolo narrativo di farli comprendere e vedere gli uni gli altri, anche se lei stessa, scopriremo, è solo un tramite. È lì, scopriremo, non per caso. Lei che dice “Preferisco di no”, pone chiaramente quello che accomuna tutti dialogando con il Fuggitivo, il trauma. Il trauma che consente di uscire dal circolo vizioso dell’esistenza. Il trauma che prepara il Risveglio. Echeggia Jodorowsky. Quinta Chiave.

Eppure questi personaggi in quanto psicologici, in quanto narrativi e simbolici creano dei misteri e ci pongono ulteriori domande. Cinque persone si incontrano, ognuno con la sua storia, nota agli altri, (dopo lo capiremo e ne capiremo il perché) tessono insieme un percorso di crescita personale e di rivoluzione interiore, individuale e collettiva. Come per le più alte idee politiche. Pure, sanno che “un destino comincia” ma non sanno perché. E poi: perché il Cieco Innamorato sembra così coraggioso? Perché ha il magico dono di vedere l’aura? Perché la poetessa parla di Vega? Che significa la sua frase “Nuoto nel prato”? Perché solo la Cercatrice riceve il messaggio enigmatico? Perché il Fuggitivo scappa? Persino dal suo sogno!  E poi ancora: perché il trauma ci risveglia dall’ingannevole vita quotidiana? E sempre un trauma agisce così? Non sono la poetessa, e il cieco stesso, coi loro doni delle vittime? E abbiamo bisogno dell’Illuminazione della Donna dell’Albero per accedere ad una vita più autentica? Abbiamo bisogno allora della ricerca sua per il mondo? Di quella del Fuggitivo, che è insieme fuga e ricerca, oppure dei No, preferisco di No, della DJ? E ancora, perché si incontrano? E proprio loro. Precisamente loro. Perché? Un perché che straripa dalla narrazione.

Ricerca di senso. Ricerca di senso, sì. Ma chi o che cosa ne è il garante? Forse Godot? Cosa li fa essere fiduciosi ad un certo punto della via di cui discutono? Ecco che si apre l’idea della Provvidenza, di Dio stesso. Perché certamente il tema del risveglio è filosofico, anzi, lo vedremo, in questo dramma, addirittura cosmologico. Anzi, v’è una mistica in questo spettacolo che si palesa con un artificio retorico e scenico al culmine di questi passi dubbiosi e incerti. Entra il Sesto personaggio con la sua voce tonda e fresca, quasi gorgogliante. E di lui non dirò. Nemmeno una parola. I misteri vanno custoditi. Perché non li si fraintenda. Lo pensava anche Platone.

Alla fine dello spettacolo, di questo viaggio, di questa pirotecnia di emozioni e pensieri, che scorrono veloci ed incessanti come i colori vorticosi di un crogiuolo incandescente, i cinque personaggi sono seduti sul fondo del palco. In fila. Uno dietro l’altro, illuminato ciascuno di volta in volta da un neon bianco. Sembrano i passeggeri di un treno. Sequenza di nuovo. Ricevono uno per uno le risposte che cercano, che cerchiamo. Vanno via insieme? Connessi? Forse Interconnessi. Sembra si siano trovati. Almeno loro. Buio.

Le forme di vetro. La performance e gli interpreti

Non mi intendo molto di teatro pure mi sembra di poter dire che gli interpreti sono stati brillanti. L’innamorato Cieco/Rocco si impone sulla scena col tono della sua voce, impaziente, sembra assai risoluto, (“Ma quando?” rimprovera gli altri), e non stupisce se si pensa al suo potere; pare  qualcuno che si imponga anche a se stesso; la Cercatrice/Patrizia, è accurata nell’espressione e precisi i tempi ed i toni, misurata ed iconica come un simbolo, del resto è un’illuminata; La Poetessa/Loredana, ha una presenza lieve sul palco, come chi sta ai margini della società, misteriosa, delicata nei gesti, soave nei sussurri enigmatici, sibillina, dice e nasconde. Il Fuggitivo è assai padrone dello spazio scenico, molto è affidato alla sua voce ed alla sua mimica, sorprendente la sua risata sfacciata al gesto della Dj e avvincente è la mimica di braccia e mani con cui rappresenta l’insolenza di un intero gruppo di lascivi alla festa a Parigi, plastico e mobile; La Dj , la Contestatrice/Laura ha un personaggio che cela e dice, come la Poetessa, iconico il braccio rivoluzionario che si abbassa alla risata del Fuggitivo, a soprattutto ha la virtù della splendida voce argentina e limpida e di un’intensa capacità espressiva soprattutto mediante il volto, che sembra vibrare, come chi appunto porta in sé un mondo che vorrebbe dire e non dire. Il Sesto Personaggio, il Deus ex machina/Samir di cui non voglio raccontare, ha una voce stupenda, ridente, tonda, naturalmente altra, evocativa, come il suo ruolo pretende. Fresca e rassicurante come immagino la visione dell’acqua nel deserto.

Ho l’impressione profana che il capocomico, autore del testo e guida degli attori abbia costruito sulle caratteristiche loro, degli attori dico, parte dell’espressività intrinseca dello spettacolo, per il resto legata ai testi. Altri interpreti altro spettacolo evidentemente, ma moltissimo di questa bella rappresentazione si deve ai percorsi personali degli attori ed alle loro specifiche personalità, suppongo. Personaggi creati con ed attraverso gli attori. Unici, e inscindibili dalle loro parole.

Epilogo. Ombre opalescenti e ricordi di luce

Come il vetro nel crogiuolo è incandescente e luminoso e da esso con lavoro paziente fuoriescono le forme cristallizzate, così m’è sembrato di poter estrarre temi e personaggi dal dramma velocissimo. Confesso di avere dubbi e di essere stato turbato per cui i miei pensieri sono come i riflessi della luce sulle forme del vetro. E restano in me come ombre luminose, come quando si chiudono gli occhi dopo un’intensa concentrazione. Ombre opalescenti. Nervose. Ricordi di luce.

Mi scuso con i miei quattro lettori ancora una volta e di nuovo, per la lungaggine del mio scritto. Nonostante dubbi e turbamenti personali questa recensione ha poca pretesa, ovvero solo mostrare angolature sullo spettacolo. Senza interpretarne lo spirito. E soprattutto ponendosi al lato di esso. che gli spettacoli del TIP vanno sempre visti almeno due volte. O più ancora.

Salvatore LS, Riconoscente.

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