Il ciclo pittorico del Santuario dei Santi Cosma e Damiano a Riace

Il Santuario dei Santi Cosma e Damiano a Riace costituisce un esempio della commistione tra accademismo e verismo pittorico, che fu uno degli elementi caratterizzanti la pittura d’arte sacra in Calabria fin dall’età post-unitaria.  Esso, infatti, contiene al suo interno un pregevole ciclo di affreschi e alcuni dipinti su tela, raffiguranti il martirio e la vita dei due santi e fu realizzato nel secondo decennio del XX secolo da Carmelo Zimatore e Diego Grillo (figg. 1-2). Il lungo sodalizio tra i due pittori, originari di Pizzo Calabro e legati anche da rapporti di parentela, iniziò intorno al 1875.

 

Fig. 2 interno della Chiesa dei SS, Cosma e Damiano
Fig. 2 interno della Chiesa dei SS, Cosma e Damiano

La loro  collaborazione artistica diede vita a uno stile peculiare facilmente riconoscibile per la vivacità di tratto  e per la presenza sia di elementi della tradizione accademica che della pittura verista[1]. In effetti Zimatore e il nipote Diego si erano formati all’interno di due contesti diversi: il primo studiò a Firenze dove s’interessò alla ritrattistica, entrando in contatto con il purismo di Luigi Mussini e la corrente dei Macchiaioli. Grillo, invece, conobbe gli esponenti di spicco della pittura verista napoletana e soprattutto le innovazioni introdotte da Domenico Morelli[2]. Tuttavia i due pittori di Pizzo, nonostante queste aperture verso nuovi stili compositivi, conservarono un legame con la  tradizione della scuola monteleonese[3] nella trattazione di temi sacri.

Il ciclo pittorico del santuario di Riace è molto interessante in tal senso, non solo perché rimarca una sostanziale vicinanza alla pittura di Morelli, ma anche perché rivela uno studio molto attento delle fonti iconografiche sulla vita dei due santi.

Il culto dei Santi Medici Anargiri, cioè “senza denaro”, affonda le radici nei tempi più remoti, tant’è che la fondazione del santuario a Riace, secondo quanto è scritto nel testamento dell’egùmeno Bartolomeo Atulino, risalirebbe al periodo compreso tra il 1095 e il 1101-1102[4]. Grazie a questa importante testimonianza, si è potuto stabilire che il luogo in cui sorge ora la chiesa fu probabilmente uno dei tanti cenobi fondati nei secoli VIII e IX dai monaci basiliani che, fuggiti da Costantinopoli a causa della politica iconoclasta, decisero di stanziarsi anche in Calabria. A questi monaci e al processo di orientalizzazione che investì la regione, si deve l’introduzione a Riace del culto dei santi Cosma e Damiano.

Le pitture che ricoprono interamente l’abside, eseguite nel 1917 secondo quanto attesta l’iscrizione posta in basso nell’angolo sinistro sulla pala d’altare, sono frutto della collaborazione Carmelo Zimatore e Diego Grillo. Invece il  ciclo presente sulle pareti della navata maggiore fu opera soltanto di Diego Grillo e venne eseguito nel 1942 per un compenso di 20.000 lire, secondo quanto è scritto nell’Inventario degli oggetti d’arte del Santuario di Riace redatto nel 1960, dall’ Arciprete Domenico Antonio Alfarano[5].

L’intero ciclo pittorico fu dunque concepito in due fasi distinte, utilizzando varie tecniche pittoriche. L’ambiente absidale interamente dipinto è scandito lateralmente da due grandi cornici in finto stucco che inquadrano due tele a tempera direttamente attaccate sul muro (fig.3).

Fig. 3 zona absidale
Fig. 3 zona absidale

Le pitture murali della navata maggiore, opera di Grillo, raffigurano in alto, nella zona compresa tra le arcate e le finestre, scene della vita e del martirio dei Santi Medici Anargiri (fig.4).

Fig.4 affreschi della navata destra
Fig.4 affreschi della navata destra

Per quanto riguarda invece le due tele del presbiterio, ossia quelle che rappresentano San Cosimo in carcere consacra l’ostia (a destra) e la Decapitazione dei santi Cosma e Damiano insieme con i fratelli Antimo, Leonzio ed Eupreprio (a sinistra), il sollevamento a scaglie della pellicola pittorica ha fatto emergere lo strato sottostante, permettendo di stabilire che i pittori usarono una strato preparatorio bianco molto spesso, un disegno tracciato in modo sommario, senza incisioni, e una pennellata stesa a “corpo” in maniera molto netta e veloce quando il colore era ancora fresco[6].

Il ciclo pittorico si basa sulle varie fonti scritte e sulle fonti iconografiche che dal medioevo fino all’età moderna hanno raccontato la vita e il martirio dei Santi Medici Anargiri. Secondo la Legenda Aurea, scritta da Jacopo da Voragine, Cosma e Damiano erano fratelli gemelli e medici originari dall’Arabia, appartenenti ad una ricca famiglia[7]. Dopo aver appreso l’arte medica nella provincia romana di Siria, si convertirono al cristianesimo mettendo al servizio degli ammalati le loro conoscenze senza mai chiedere compenso in denaro. Durante le persecuzioni sotto Diocleziano furono fatti arrestare dal prefetto della Cilicia, Lisia, nel 303- 304 e condannati a morte e decapitati dopo avere subito vari supplizi. Fiorirono su di loro tante leggende, raccolte nelle Passiones e in seguito nella Leggenda Aurea di Jacopo da Voragine; tali fonti ispirarono un’iconografia tra le più ricche dell’Occidente, specie in Italia, Francia e Germania. Zimatore e Grillo per questo ciclo scelsero episodi tradizionali ma di forte impatto emotivo. I due santi sono rappresentati quasi con le stesse fattezze ma con abbigliamento differente: San Cosma indossa la veste azzurra e un manto bianco, mentre San Damiano porta l’abito verde e un piccolo mantellino rosso. Il ciclo pittorico della zona absidale è realizzato sfruttando al massimo lo spazio a disposizione, tant’è che nessuna zona è lasciata vuota (fig.4). La pala d’altare, per esempio, venne dipinta direttamente sul muro a fresco, su tutta la parete di fondo. La scena è racchiusa entro una grande arcata dipinta con sopra una iscrizione che recita “Sacrificate Deo ne pestis accidat vobis”, mentre in basso nell’angolo sinistro si legge la già ricordata firma dei due pittori e la data d’esecuzione (1917).  Essa raffigura il Miracolo dei SS. Cosma e Damiano durante la peste ed è incorniciata ai lati esterni da due finte lesene dipinte (fig. 5).

Fig. 5 Carmelo Zimatore e Diego Grillo, Il Miracolo di San Cosma e San Damiano durante la peste 1917, tecnica a calce, Riace, Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, (pala d’altare).
Fig. 5 Carmelo Zimatore e Diego Grillo, Il Miracolo di San Cosma e San Damiano durante la peste 1917, tecnica a calce, Riace, Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, (pala d’altare).

Lungo i bordi interni i pittori realizzarono un finto tendaggio di colore verde che divide in due parti la scena e crea un effetto illusionistico, mostrando i personaggi come all’interno di ampio palcoscenico. La disposizione dei personaggi avviene secondo piani divergenti: San Cosma a sinistra tocca con una mano il capo del malato, secondo le modalità tipiche dell’arte taumaturga, mentre San Damiano a destra, regge un crocifisso e un’ampolla con dentro un unguento. Dietro il gruppo principale, si staglia una folla di persone che osserva incuriosita, i loro volti sono definiti con piccoli tocchi di colori.  Sul lato destro del presbiterio una grande tela presenta San Cosma in carcere consacra l’ostia, un vero e proprio esempio di verismo pittorico (fig. 6).

Fig. 6 Carmelo Zimatore, Diego Grillo, San Cosma in carcere consacra l’ostia, 1917, tela a tempera, Riace, Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, (lato sinistro del presbiterio).
Fig. 6 Carmelo Zimatore, Diego Grillo, San Cosma in carcere consacra l’ostia, 1917, tela a tempera, Riace,
Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, (lato sinistro del presbiterio).

Il pathos raggiunge il massimo nel dolce e affettuoso sguardo tra il santo, disteso a terra, intento a consacrare l’ostia, e il bambino che inginocchiato a fianco a lui, l’osserva ammirevole con le mani e al petto. La scena si svolge in un interno, il carcere in cui San Cosma venne rinchiuso insieme ai suoi fratelli per ordine del prefetto romano Lisia. La figura di San Cosma, la cui veste candida colpisce subito l’attenzione dello spettatore, emerge chiaramente dallo sfondo in totale penombra. I raggi di luce, provenienti da destra, inondano in modo circolare la stanza, creando un’atmosfera calda e intima.

Sul lato sinistro del presbiterio si trova la tela con la Decapitazione dei Santi Cosma e Damiano insieme ad Antimo, Leonzio ed Euprepio (fig.7). La scena trasmette un forte senso di teatralità ben visibile nelle varie pose ed espressioni psicologiche assunte dai personaggi. Il momento è quello in cui il boia, collocato al centro della scena, ha appena decapitato San Damiano, il cui corpo con la testa mozzata è steso a terra in primissimo piano, ed ora sta per colpire con l’ascia San Cosma, che è pronto ad affrontare la morte.

Fig. 7 Carmelo Zimatore, Diego Grillo, Decapitazione dei SS. Cosma e Damiano insieme ai fratelli Antimo, Leonzio ed Euprepio, 1917, tempera su tela, Riace, Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, (lato destro del presbiterio)
Fig. 7 Carmelo Zimatore, Diego Grillo, Decapitazione dei SS. Cosma e Damiano insieme ai fratelli Antimo, Leonzio ed Euprepio, 1917, tempera su tela, Riace, Chiesa dei Santi Cosma e
Damiano, (lato destro del presbiterio)

San Cosma è in ginocchio con il capo rivolto verso il basso e gli occhi bendati, come anche i tre fratelli Antimo, Leonzio ed Eprepio. Proprio sul punto in cui è caduto il capo di San Damiano sorgono nove gigli e nove rose, tipologie di fiori che simboleggiano la purezza e la santità. Le vesti dei romani, in particolare quella del generale, sono dipinte in modo preciso e meticoloso, attraverso l’uso di un colore denso, steso a piccoli tocchi.. Sul lato sinistro in primissimo piano una donna dalla carnagione scura presenta dei forti richiami all’Orientalismo pittorico. Lo sfondo è realizzato con un colore tenue e sfumato che digrada verso l’orizzonte. L’estremo realismo con cui Zimatore ha realizzato la scena permette di creare un sottile confronto con alcuni capolavori di Domenico Morelli.

In conclusione, si può affermare che il ciclo pittorico del santuario di Riace sia un esempio di equilibrio compositivo e unità progettuale. Inoltre un’analisi attenta delle diverse raffigurazioni mette in luce anche la profonda differenza stilistica fra il ciclo absidale realizzato nel 1917 da entrambi gli artisti e quello delle navate eseguito singolarmente da Grillo nel 1942. Quest’ultimo infatti ha realizzato le pitture murali in modo molto più rapido e meno meditato rispetto al ciclo absidale che appare invece più raffinato sia dal punto di vista tecnico che espressivo. Il ciclo di pitture della zona absidale, infatti, rappresenta un felice connubio di accademismo e verismo pittorico nella trattazione di temi sacri.

[1] Cfr. Corrado Maltese, Il principio di verità e realismo (1855-1877) in Storia dell’arte in Italia (1785-1943), Torino, Einaudi 1960, pp. 168-205. Si veda anche Luisa Martorelli, La pittura dell’Ottocento nell’Italia meridionale, in E. Castelnuovo, C.Pirovano, La pittura in Italia: l’Ottocento, II tomo, Milano, Electa, 1991, pp. 469-493

[2] Cfr. L. Martorelli (a cura di), Domenico Morelli e il suo tempo: 1823-1901 dal romanticismo al simbolismo (Catalogo della Mostra tenuta a Napoli nel 2005-2006), Napoli, Electa, 2005.

[3] Cfr. C. Carlino, La scuola di Monteleone in La“scuola” di Monteleone: Disegni dal XVII al XIX secolo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001, pp. 15-27.

[4] Cfr. E. D’Agostino, Da Locri a Gerace, storia di una diocesi della Calabria bizantina, dalle origini al 1480, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004.

[5] Arc. D. Alfarano, Elenco degli oggetti esistenti nel santuario dei Santi Martiri Cosimo e Damiano di Riace, in Invetario della diocesi di Squillace, 1960.

[6] Istituto per l’arte e il restauro di Palazzo spinelli, Restauro delle pitture murali absidali del santuario dei santi Cosma e Damiano a Riace, in Relazione tecnica dell’intervento di restauro, s. l., s.d., pp. 1-3.

[7] Cfr. J . Da Varazze, Santi Cosma e Damiano in Legenda Aurea, CXLIII, ed. Italiana a cura di C. Lisi, Firenze, 2005.

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