Sussurri da… “Cime Tempestose” || Recensione

[font id=”pacifico”]Premessa:[/font]
“Sussurri da…” E’ una di quelle idee che vengono fuori in un periodo particolare della vita, che rimangono in testa per mesi (talvolta per anni), che non hanno mai il coraggio di scoprirsi e mostrarsi a quello che è un pubblico più variegato.

Non è altro che una piccola rubrica nata dall’esigenza di rivelare quelle che sono state le mie sensazioni scaturite dalle pagine di un libro, o di esprimervi le mie personalissime emozioni rispetto a parole, immagini, odori e sapori venuti fuori da lettere battute su carta. Non sono una critica letteraria, non mi professerò come sacerdote in un tempio così vasto e colmo di sapere, quale è la letteratura, ma credo fermamente che ogni lettore abbia la possibilità ed il diritto di esprimersi (tanto positivamente quanto negativamente) nei riguardi di un’opera, un libro, una poesia, un semplice flusso di coscienza… E’ proprio questo che mi ha spinta a creare una sorta di appuntamento molto dinamico con voi e con la lettura. Apostroferò il blog Manifest. come culla scelta per la mia nuova creatura, con la speranza che possa essere di vostro gradimento.

Cime Tempestose (titolo originale: Wuthering Heights) è un romanzo scritto da Emily Brontë tra il 1845 ed il 1846, pubblicato per la prima volta nel 1847. E’ definito come un classico della letteratura ottocentesca, e rappresenta, sicuramente, un caposaldo della natura stilistica di quegli anni. La narrazione mi ha ricordato diverse opere alle quali può essere paragonata (sempre con le dovute accortezze). A tal proposito vi cito Frankenstein (Shelley, 1818) ed Il Grande Gatsby (F. Scott Fitzgerald,1925). In questi romanzi la storia viene raccontata da terzi: in Frankestein è lo stesso dottor Victor Frankenstein a riportare le sue disavventure al giovane Capitano Robert Walton; ne Il Grande Gatsby sarà Nick Carraway che avrà la funzione di narratore.

In Cime Tempestose Mr Lockwood (un gentiluomo proveniente dalla città) si ritrova a prendere casa a Thrushcross Grange, una proprietà isolata appartenente al benestante Mr Heathcliff, un uomo misantropo (come viene definito da Lockwood stesso all’inizio della narrazione). Mr Heathcliff abitava a Wuthering Heights, dimora che distava circa 6 km da Thrushcross Grange.
Mr Lockwood, da uomo di grande cortesia, decide di andare a porre i propri omaggi al proprietario della casa. Una volta giunto nell’abitazione nota, e non con pochi sospetti, la stranezza di quella famiglia: formata esclusivamente dalla nuora del signor Heathcliff e da suo cugino. Incuriosito dalla poca affabilità del nucleo familiare, e dalla poca cortesia, tornato a casa, il Signor Lockwood si intrattiene con Ellen Dean, o Nelly, la governante di famiglia (voce narrante della vicenda), che si prodiga di rivelare la natura malvagia del Signor Heathcliff. Quest’ultima sfociata dall’amore che provava per la sua defunta amica d’infanzia (e padrona della proprietà), Catherine Hearnshaw, la quale sposò, però, un altro uomo: Edgar Linton. Da qui hanno inizio le scelleratezze del Signor Heathcliff, il quale, per rabbia e riscatto (data la sua condizione umile) infliggerà una vendetta così disumana che porterà alla distruzione della sua vita, di quella di Catherine e Linton, dei suoi figli e delle generazioni più prossime.
L’opera si divide in due parti, la prima che sintetizza la storia del triangolo amoroso e della brutalità insita nell’animo umano; la seconda che racconterà della vita dopo gli anni della giovinezza.

[quote]Se tutto il resto scomparisse e restasse solo lui, continuerei ad esistere[/quote]

Non è il nobile sentimento dell’amore a reggere la storia: il romanzo non è nato per dare lode a quelle che sono sensazioni emozionanti. L’amore è, altresì, l’elemento scatenante, una bomba lanciata al mondo per creare scompiglio e disastro. Cime Tempestose è una finestra nera, uno specchio d’acqua torbida che racconta le vicende più deplorevoli di cui la mente umana possa finanche immaginare. La tempesta narrata nel libro non è quella dell’amore impossibile, nemmeno quello d’un amore conteso. Cime Tempestose è la mano di un uomo che tortura una bambina, è la mente malata celata sotto un falso sorriso, è l’arroganza, l’astuzia vendicativa, l’abbruttimento della condizione umana di onestà e sincerità. Cime Tempestose non poteva essere un romanzo d’amore smielato o burrascoso (come siamo soliti vedere), doveva essere qualcosa di crudele e sleale; la Brontë sentiva la necessità di descrivere la brutalità che l’uomo tenta di occultare, ma che rinasce, ogni giorno, nel medesimo modo.

Ho dovuto aspettare il finale per avere una chiara idea su questa storia, e, a dir la verità, sono ancora molto confusa a riguardo. Non è un libro che probabilmente rileggerei, ho avuto momenti nei quali sentivo la necessità di abbandonarlo, ma non l’ho fatto.
E’ un’opera particolarissima, diversa; un’opera che non calca il palcoscenico della pomposità. Lo avrei preferito differente, di gran lunga. Quello che m’aspettavo era tutta un’altra cosa: credevo di trovarvi una storia d’amore struggente, di quelle strappalacrime (che ammetto di adorare); probabilmente avrei preferito un altro libro (arrivati a questo punto) ma Cime Tempestose è tutto fuorché un romanzo d’amore.
Consiglio questo libro a chiunque voglia addentrarsi in uno spaccato di vita che riflette una condizione umana ancora attuale, o che abbia anche solo curiosità di scoprire una cultura differente dalla propria, una cultura passata. Lo consiglio anche a chi ha voglia di approcciarsi ad un lessico diverso, all’inizio un po’ ostico ma, man mano che si entra nell’ottica della vicenda, diviene molto più semplice e scorrevole.

Al prossimo appuntamento con Sussurri da…
Franz Tropea 

“La lettura di Cime tempestose sferzò la mente di Cosetta come fosse brughiera esposta ai venti: le rivelò quanto possa essere forte l’amore fra due creature; che odio e vendetta fanno parte dell’animo umano, e come tali non vanno ignorati né sottovalutati. Essendo un modello negativo, la sconvolse accorgersi che nutriva simpatia per Heathcliff: trovatello, adottato, discriminato, marginalizzato, escluso, deriso, passionale; i tempestosi sentimenti pre-adolescenziali che all’epoca l’affliggevano, la indussero a pensare di avere qualcosa in comune con lui.” Dal racconto “Est modus in rebus”, Loretta Emiri.

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