Teatro e Crisi (breve riflessione su “Nessuno può tenere baby in un angolo”.)

Ultimamente mi sono messo a riflettere sulle tematiche odierne affrontate negli spettacoli teatrali, nella musica, in ciò che viene “sfogato”, durante la performance.

Sì, sfogato. Credo sia il termine più adatto da utilizzare, da “attore dilettante”.

Nel momento in cui uno decide di mettersi in gioco, con l’espressione delle proprie emozioni, tramite l’arte, è come se fosse uno “sfogo”. Credo però che la forma d’arte, appunto più adatta a fare ciò, sia proprio il teatro. Se ci fosse una “classifica” metterei la musica al secondo posto.

Il teatro dà la perfetta opportunità di urlare, sussurrare, cose che non diremmo in altri luoghi. Sembra essere il rifugio in cui ci nascondiamo, spesso, dalle responsabilità, dai desideri inespressi, e dalla rabbia che ci teniamo dentro.

Ciò che ho spesso visto, letto, e interpretato in questi anni da fautore e spettatore di arte è una caratteristica che tiene legato tutto. La crisi, in tutti i sensi, che caratterizza questo momento storico. Essa vive fortemente dentro di noi. Non solo crisi economica, bensì crisi in tutte le sue forme.

Sono giunto a questa conclusione in particolare dopo aver assistito a “Nessuno può tenere Baby in un angolo”, messo in scena al TIP teatro.

Ottima interpretazione di Valerio Malorni, da me già apprezzato:

L’incipit è un meccanico arrestato, accusato di aver ucciso una donna, che ci ripete in continuazione di essere uno come tanti altri, una persona normale, che dunque si dichiara innocente, che non potrebbe mai fare quello di cui è accusato.

Sembra proprio che stesse dicendo al pubblico, “guardatemi, sono come voi.” Nessun assassino, nessun mostro.

Questo concetto viene ripetuto nel corso dello spettacolo, la ripetizione è una delle chiavi della storia, però ogni volta un dettaglio cambia, perché si è dimenticato cosa ha fatto, e aggiunge un dettaglio alla volta.

Quindi, di base è un uomo in crisi profonda, che ha perso la lucidità. Crisi esistenziale, di un uomo solo, povero, stanco. Appunto, uno che sarebbe potuto essere chiunque altro.

Ebbene sì, l’ha uccisa. La conosceva, la amava. Continua a descrivere la cosa come se non lo riguardasse, sembra che abbia dimenticato tutto, come meccanismo di difesa.

La crisi giunge al suo culmine, facendo infine ricordare tutto all’uomo, che cade nella disperazione.

Moltissimi spettacoli a cui assisto ultimamente hanno il legame di descriverci il mondo di oggi, a cui ognuno di noi, sembra scappare, o rifiutare in un modo o nell’altro. Il teatro ci riporta nella realtà, in un modo però fantasioso, raccontandoci storie, che sembrano essere lontane da noi,  e che però si sentono ogni giorno.

Certe volte lo spettacolo può anche avere una funzione ulteriore dopo quella di intrattenerci, chissà.

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.