Un estinguersi di parole eruttanti. La prima silloge di Vincenzo Costabile

Per Edizioni Erranti è uscito da già qualche mese il primo libro di Vincenzo Costabile, amico, “manifestante” e poeta di lungo corso per il quale ho avuto il piacere di scrivere una piccola prefazione, qui interamente riportata.

Quando si tratta di poesia mi ripeto spesso: è più semplice scriverla che scriverne. Ne sono fortemente convinto e per almeno due motivi. Intanto, per l’ovvio limite imposto dall’estrema intimità dell’atto poetico che, in quanto scrittura, rimane di tipo comunicativo e quindi sociale ma che pure, vista la sua indole creatrice, reca con sé ampi tratti di soggettività. In poche parole, la poesia non può mai fare a meno dell’io.

Altro motivo per cui risulta più facile scrivere poesia piuttosto che scrivere sulla poesia risiede nell’urgente opera di demitizzazione che – ma è visione del tutto personale – dovrebbe investire non tanto la poesia stessa (chi può arrogarsi il diritto di imporne una direzione?) ma almeno l’idea di essa che ancora circola nella nostra post-modernità. Quasi a dire che non è bastato un intero secolo di avanguardie e contro-avanguardie per decostruire la facies sociale della poesia, cioè il suo ruolo nella società degli stessi uomini che la compongono. Se ci sono state rivoluzioni in tal senso, queste hanno toccato solo l’aspetto contenutistico e formale (cosa voglio esprimere e in che modo), quasi mai il suo senso interrelazionale, cioè la sua potenziale universalità nel contesto creativo degli uomini. In altre parole, credo che la poesia come atto naturale di espressione possa e debba precedere la sua omonima realizzazione artistica. Può, cioè, essere alla portata di tutti, letta e scritta come esigenza personale e collettiva. Insomma, prima che di una estetica della poesia sarebbe opportuno discutere della sua etica.

Una premessa, questa appena abbozzata, che ho reputato necessaria prima di spendere qualche onesta parola per questa silloge. Nella poesia di Vincenzo Costabile c’è un qualcosa che sa di infinito: si ode il canto di molti uomini che sono stati e che saranno, si intravedono le reti e le connessioni del nostro stare al mondo, forse incapaci alla solitudine anche dentro noi stessi, si getta uno sguardo, panoramico e accattivante, sulle dinamiche della propria coscienza, che, sì, corrono il rischio di rimanere inafferrabili, eppure è possibile giurare di scorgerle, tra la magia di un verso e la sua ombra. Potrebbe bastare già questo, un’architettura della parola che, a sua volta, equivale a una elegante ma potente confessione di vita.

In questa raccolta, variegata nella forma piuttosto che nel contenuto (perché quest’ultimo rimane intriso di un coerente esistenzialismo), Costabile lega i diversi componimenti con la raffinata discretezza di chi aspetta il proprio turno per prendere parola, in una realtà che riesce a trasparire per com’è: molto meno ordinata di quel che sembra e infinitamente più complicata, forse, di come ci viene quotidianamente dipinta. Così, mi pare che questa poesia riesca a risolversi come agevolatrice dell’animo, come una boccata di ossigeno dopo un attacco di panico.

Mi diverte, quando mi capita di leggere una raccolta come questa, andare alla ricerca dell’io del poeta, e intendo letteralmente alla conta del pronome per eccellenza ché, si sa, è un monosillabo da maneggiare con cautela nella poesia (e nella vita?). Ebbene, Costabile dimostra di sapersi calibrare con maestria e visionarietà: giacché in ogni componimento poetico si suole riconoscere quel punto, quella parola, più spesso quel verso intero che funziona da architrave, infatti, in queste poesie, quando l’autore parla in prima persona sembra reggere l’intero suo circostante e sempre con cognizione di profondità. Egli è sempre ammissione di vita, è urgenza, è soprattutto voce di chi rifiuta, anche con la giusta dose di incoscienza, l’allineamento verso il prestabilito, verso il pazzo ordine delle cose.

Da tutto ciò si dipanano tematiche tanto elementari per l’animo quanto complesse e totalizzanti che, infatti, solo tramite la poesia, sovente, è possibile afferrare, come il sogno e la follia, la verità e la giustizia, l’amore, la guerra e lo sguardo rivolto verso gli ultimi. Non una semplicistica presa in considerazione delle debolezze umane, quest’ultima, bensì una vera e propria compartecipazione poetica verso l’altro che, mi sembra, non può essere l’altro da noi ma, piuttosto, l’altro in noi.

L’avvenimento – non tutta la poesia si può dire che avviene – è sempre improntato a un dialogo ben preciso, sia esso con la propria interiorità o con la propria esistenza, con un “angelo di fuoco venuto a diradare la nebbia e il sale” o con la tempesta e, non da ultimi, con i luoghi. Anche questi, infatti, partecipano al canto, si deterritorializzano per un istante e divengono gli eguali del poeta che li sta riempiendo (Roma, Londra, la Calabria, la tomba di Baudelaire, ecc.).

Già, perché Costabile non è mai solo. Sono, anzi, ben più presenti le situazioni e le riflessioni piegate al plurale, al collettivo, a un noi che potrebbe apparire impersonale solo a una lettura disattenta. Vi è invece, in quel noi, il vero abbraccio del poeta. Vi risuonano echi generazionali che al lirismo delle prove più ermetiche (“siamo tutti / traditi / da un bacio”) preferiscono quell’estatico profetismo che a tratti strizza l’occhio alla migliore beat generation. È vero che mi riferisco, qui, soprattutto ai componimenti posti per lo più in chiusura della raccolta ma, in realtà, c’è dell’altro. Si potrebbe, tuttavia, ormai concludere dicendo che le poesie a cui mi appresto a lasciare la pagina, questi frammenti lirici, queste fulgide testimonianze dell’esistere si profilano come anelli di una catena infinita, come i grani di un rosario da snocciolare in una laicissima preghiera per la salvezza.

Vive a Lamezia Terme, legge e scrive dove gli capita. A tempo perso si è laureato in Beni Culturali e in Scienze Storiche, a tempo perso gestisce il blog Manifest e a tempo perso è responsabile della Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo del TIP Teatro. Di fatto, non ha mai tempo. Ha esordito nel 2023 con il romanzo "Al di là delle dune" (A&B)

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