PATRES – Tra memoria e identità

PATRES, Produzione Scenari Visibili
Questa sera h. 22.30 Castello di Squillace per INNESTI Contemporanei

Patres parla dei padri di questo tempo, parla dei padri e dei figli che si riconoscono uguali come fragili e uniti da un vincolo di sangue indissolubile. Troppo spesso viviamo questo tempo con passività e indifferenza, attendendo dal domani una sorpresa, un dialogo, un confronto senza fare nulla affinché questi arrivino. E così, il tempo, proprio lui, scorre senza farci accorgere, e ci scopre poveri, sempre più poveri. Patres parla di miseria umana ma anche di amore profondo, parla di speranza, di una terra che si mostra arida, ma ricca di sentimento, seppur nascosto.

E’ uno spettacolo fresco e asciutto che lascia grande commozione al pubblico, senso critico e autocritico. Non è scontato, o banale nella drammaturgia contemporanea che si veste di parecchie novità sceniche dense di significato: come spiegare la sessualità ad un figlio cieco? E poi il pane, spezzato e mangiato, insieme. Quel pane, che da sempre, è simbolo di unione tra padri e figli. Come quei padri che lavorano duro per sfamare i propri figli, come quei padri che nonostante sfamano i figli non hanno il coraggio di guardarli in faccia a tavola e scambiare due chiacchiere mangiando. E lo si fa in silenzio, in un silenzio sacro che sa di preghiera, come una fede, una scommessa, una sfida tra un padre e il mondo, tra un padre e un altro padre, tra un padre che si riconosce figlio, tra un padre che si scopre figlio al figlio, perché ha perso qualche tassello, perché non si sente mai abbastanza, e allora sfinito, se ne va.

La nostra contingenza ci porta a tradurre Patres come un lavoro di analisi personale, senza scadere mai nell’ovvietà.  Ci porta a colmare alcuni vuoti e a capire come sarebbe proficuo un duplice sforzo – tra padri e figli – verso quella magica frase: i padri vanno vissuti!

Se da un lato spicca con grande volontà e sacrificio l’evidente rispetto tra i ruoli, l’equità e l’imparzialità della scena, la stessa capacità di trasmissione tra padre e figlio, e oserei dire, la medesima fragilità, dall’altro lato potremmo evidenziare uno o due tratti antichi su cui occorre lavorare – affinare/ massaggiare – una tradizione. Non un patres da pater familias ma un patres che “ascolta” è quello di cui oggi abbiamo sempre più bisogno. Non tocca a noi decidere circa l’attualità della barzelletta del padre ebreo o dell’oggetto della donna trasformata in una bambola gonfiabile. Il teatro è scena e finzione. Qualcosa però che attraverso i nostri occhi ci può certamente ricondurre a dei valori rilevanti per l’individualità e la collettività.

Un padre ancorato entro certi schemi ma pronto a parlare al figlio con poeticità ed eliminando tabù. Saper scardinare questi passaggi ci autoresponsabilizza. L’armonia va cercata. La nave giocattolo serve alla nostra memoria. Ma la memoria non deve essere troppo corta altrimenti rischia di dissolversi in quel mare i cui pesci continuano a morire. Ma cos’è dunque una tradizione, in termini familiari, se non il giusto connubio tra memoria e identità? Due elementi senza i quali quella tradizione muore.

Questo spettacolo ci porta a riflettere sull’abbandono, ai padri, e alla magna graecia, ci porta a responsabilizzare il proprio io e a sviscerarlo, conoscerlo, identificarlo e poi in fine rafforzarlo, ci porta a credere ancora al bene. Se per certi aspetti lascia l’amaro in bocca, per altri, ci aiuta a rimboccare le maniche, e a farci sentire più grandi.

Ho visto nascere questo spettacolo nell’estate del 2013, tra una partita di calcio e un tramonto sul mar tirreno. Potremmo rivedere altre 10 volte Patres: ogni volta ci rende ciechi di fronte a quelle cose, che si vedono perfettamente, ma stentiamo a voler vedere. Il salto di qualità? Capire della fortuna di cui disponiamo e sfruttarla. Vivere i nostri padri e i nostri figli fino all’ultima goccia di vita. La grande prova d’attore di Dario Natale e Gianluca Vetromilo continua a guadagnare premi in tutta Italia, dietro la regia drammaturgia e disegno luci di Saverio Tavano.

PATRES

Vincitore del Premio contro le mafie del MEI 2014 – Vincitore del Festival Inventaria 2014 Roma – Primavera dei Teatri 2014 – Premio Cervi 2014 – Riconoscimento di Legambiente Scena Nuda .

Con Dario Natale e Gianluca Vetromilo
Regia Saverio Tavano
Drammaturgia Saverio Tavano
Disegno luci Saverio Tavano
Tecnica Pasquale Truzzolillo
Foto di scena Angelo Maggio, Pasquale Cimino
Con il supporto della Regione Calabria
Produzione Residenza Teatrale Ligeia Lamezia Terme/Scenari Visibili.

 

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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