Nuovo lockdown, nuovo stato di torpore, di confusione, di assottigliamento delle certezze. Ancora una volta è la letteratura e in particolar modo la poesia che ci permette di respirare, di avere appigli.
Ci diciamo l’oscuro- La storia d’amore tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan di Helmut Böttinger ,pubblicato da Neri Pozza è stata una scoperta affascinante. Non conoscevo molto Celan e la Bachmann, se non per poche poesie lette alcuni anni fa. L’opera di Böttinger è un viaggio tra le vite di questi due poeti, nell’Europa – in particolar modo Germania e Austria- uscita distrutta e lacerata dal secondo conflitto mondiale e con quell’enorme, incancellabile peso sulla coscienza: lo sterminio degli Ebrei. L’analisi del carteggio lungo, intermittente tra i due poeti che si innamorano nel 1948 a Vienna , si mescola ad un’analisi rigorosa e per quanto possibile esauriente dei testi. Una ricostruzione a tratti certosina delle biografie e dell’evoluzione artistica di due vite apparentemente simili, a volte estranee e lontane: giovane e pronta a conquistare la scena intellettuale, ad ammaliare gli uomini Bachmann, più maturo , inquieto, diviso, tormentato Celan. “Allieva” turbolenta di un esule infelice con cui spera di condividere la vita, vittime di un’attrazione che si diffonde come un magnetismo, che sembra tenere i fili della storia, allontanandoli senza mai essere veramente altrove, quasi che il loro sia un cercarsi perenne, sempre al limite, sempre sull’orlo della tragedia, nei testi e nella realtà. É l’inizio di un’affinità elettiva, di un nuovo e personale linguaggio poetico, tenebroso e indecifrabile per molti, che ne sancirà la grandezza. Celan, di origine ucraina, perde i genitori nei campi di concentramento e approda a Vienna, pensando essa possa diventare la sua nuova Heimat, la sua patria, il suo luogo natio. Non sarà così, nessun luogo riuscirà a restituirgli la serenità’. L’autore riesce a delineare gli altri personaggi, uomini e donne che -seppur importanti- sembrano fungere da sfondo di un sodalizio artistico e umano che non sembra poter pronunciare la parola fine. Ma ancor di più ci restituisce l’importanza che avevano gli intellettuali nel dopoguerra nel dibattito culturale, sociale e politico: è la Bachmann che introduce Celan nel famoso Gruppo 47 che – sebbene costituito da visioni estetiche eterogenee- rappresenta una prima manifesta opposizione nella prima era Adenauer e a quella netta divisione tra Est e Ovest, Urss e Usa, comunismo e società dei consumi. Vigili sentinelle in un mondo che deve ricostruirsi, fare ammenda e creare ponti, speranze (come scriveva Izet Sarajlic : Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti ). É probabile che anche il confronto con personalità aventi storie e punti di vista differenti abbia spinto Celan a cercare Heidegger : lui, il più criticato, il più odiato per non aver rifiutato di obbedire al nazismo (la vicenda Husserl e quella più famosa, il suo amore con la Arendt), il maestro rinnegato eppur presente. Forse è un incontro che serviva a Celan (il quale condivideva con Ingeborg un rapporto ambivalente con Heidegger) per comprendere quale strada avesse la poesia, quale fosse la sua dimora, se potesse essere quel linguaggio e pensiero poetante di cui parla il filosofo nelle sue ultime opere (Sentieri interrotti / Essere e tempo). Forse l’uomo errante, il profugo, colui che era stato depredato di tutto aveva bisogno di risposte dopo aver assistito all’orrore.
Può un amore salvare da ogni cosa? Può la poesia costituire l’approdo ideale se ogni certezza è naufragata, se un uomo non trova più un senso al suo esistere? Può diventare la “casa dell’essere” dove ricominiciare, ri-fondarsi? I due poeti ci hanno provato, hanno fatto del lirismo la loro patria, la loro heimat, dove costruire il codice segreto del loro amore eterno, del loro destino che non tiene conto di distanze, del dolore, dei pensieri ossessivi e delle pulsioni autodistruttive. La loro oscurità contiene così tanta luce da poter superare i limiti fisici, le pressioni borghesi, da poter invalidare ogni bieco, vigliacco sentimento, ogni piccola meschinità. Oltre la morte, oltre l’oblio, oltre le leggi umane e divine.
"Se leggo un libro che mi gela tutta, così che nessun fuoco possa scaldarmi, so che è poesia. Se mi sento fisicamente come se mi scoperchiassero la testa, so che quella è poesia. È l'unico modo che ho di conoscerla. Ce ne sono altri?" E. Dickinson