“Cristiano e Tramonte”, un murales per continuare a fare rumore

 

Mi sono chiesta tante volte come devono sentirsi le famiglie Cristiano e Tramonte ogni anno, quando si avvicina il mese di maggio. E sempre è una sensazione di rabbia e di impotenza a prevalere. Sono passati 30 anni dall’uccisione – per mano mafiosa, e con la probabile complicità della politica deviata e con l’omertà della città – di Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano, i 2 netturbini vittime innocenti strappati alle loro famiglie mentre prestavano il loro lavoro quotidiano.

30 anni di tormentata attesa, in cui si spera si riapra il caso, e qualcuno inizi a parlare, a raccontare di più, e si risalga agli autori o quanto meno a coloro che hanno collaborato a questo terribile atto terroristico mafioso. Perché di questo si trattò, un atto tanto crudele da atterrire la città, tanto che nei primi anni di processo numerosi testimoni chiamati a rispondere persero improvvisamente la memoria; giudici e pm furono trasferiti, alcuni morirono.

Sono morti più volte i 2 netturbini di Nicastro, della zona di Bella e di Santa Lucia. Più volte perché? Intanto perché non fu evidentemente semplice risalire subito agli autori del duplice omicidio, consumato all’alba del 24 maggio 1991 a contrada Miraglia a Sambiase; uno in carcere ci finì, come mandante di una cosca che doveva contendersi l’appalto dei rifiuti, ma morì dopo poco tempo perché gravemente malato. Le conseguenze, quelle che tutt’oggi inducono ancora a porsi delle domande, e a fare memoria, sono però soprattutto sul piano sociale.

Perché la procura non andò in profondità riguardo le indagini sulla politica e sugli scioglimenti per mafia? Chi sapeva qualcosa – dal mondo politico – è rimasto impunito quanto il mafioso o i mafiosi che hanno compiuto l’omicidio. L’omertà ha uccido più volte Cristiano e Tramonte ed è questo il piano su cui occorre lavorare e su cui come società civile siamo chiamati a rispondere.

Non è mai troppo tardi per vestirsi di civiltà, di coraggio, non è mai troppo tardi per essere donne e uomini consapevoli del fatto che la propria dignità umana non può prescindere da quella di chi ci sta attorno. Non è mai troppo tardi per vestirsi di responsabilità collettiva e di partecipazione democratica, oggi più che mai. Con meno retorica possibile, in silenzio, senza la folla del troppo clamore.

Stamattina l’artista Simona Ponzú Donato, nell’ambito del Festival “Open Air Art”, evento dell’associazione culturale Reportage insieme alle associazioni culturali Strade Perdute e Pesche Sciroccate, ha fatto un murales in un angolo della città. Ci sono Francesco e Pasquale in un bianco e nero pieno di sfumature. E c’è emozione e rabbia dietro lo sguardo dei familiari delle vittime. Ebbene, facciamo in modo che queste sfumature si riempiano di piccole azioni collettive. Le associazioni, i collettivi, gli enti, le grandi e piccole fondazioni, si attivino, si dia inizio a una raccolta firme. Facciamo finta che siamo ancora al 91 , però incazziamoci di più, stavolta, non chiudiamo le nostre finestre. Aiutiamo i magistrati a riprendere i fascicoli in mano. Non lasciamo più sole queste persone.

Allora avrà un altro senso parlarne, scriverne, organizzare commemorazioni.

 

Nell’area dedicata alla residenza artistica di Simona Ponzù Donato (via T. Maria Fusco) figurano anche: Giovanni Losardo, Giuseppe Valarioti, Antonio Gramsci. 

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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