Una montagna di pace 2017, “Sguardi incrociati” l’idea di un coordinamento calabrese

SGUARDI INCROCIATI

Proposte e riflessioni intorno ad un coordinamento di azioni, persone ed esperienze, di nuova identità calabrese

 

Manifesto, da un’idea dello scorso anno

E così esplode la Calabria dei mille eventi, del dove andare questa sera e del cosa andare ad ascoltare. Una Calabria in fermento che ha già scaldato i motori per la nuova estate caldissima che stiamo vivendo. E così, nomi di festival culturali, concerti musicali, fiere e feste di paese, piccoli borghi pronti a rinascere, accoglienza ospitalità e tanto altro riaffiorano nelle menti di ciascun calabrese al via con le agende in mano da riempire di appuntamenti. Sono proprio questi i momenti che fanno pensare ai dualismi a cui è solita affiancarsi la nostra regione. Una terra calda, bella, piena di energia, sorridente d’estate. Una terra fredda, grigia, svuotata d’inverno. Queste, in linea di massima, le due immagini che a primo acchito ciascuna mente mette a fuoco in automatico. Ma è davvero così? O non bisogna forse decifrare meglio la verità di queste immagini ambivalenti?

È, infatti, in questi stessi momenti troppo pieni e intensi che si compiono, complici l’enorme confusione e la frenesia, anche più errori di lettura. Ovvero, l’abitudine a interiorizzare, a portare, dunque, con sé questo dualismo che se non vissuto in maniera affermativa rischia di diventare stereotipo, luogo comune.  Uno stereotipo che porta a vedere ciò che appare e non ciò che è; ciò che compiace e non ciò che dispiace e fa pensare.  La Calabria patinata e da spot promozionale (con tanti finanziamenti e anche sprechi), e la Calabria delle frane e dei centri abitati lasciati al degrado d’inverno. Crediamo che questa Calabria edulcorata e perbenista non ci interessi più di tanto, dobbiamo invece pensare bene ai tanti eventi culturali, degni di nota, che si moltiplicano di anno in anno e creare una rete concreta.

Cosa accade ci chiediamo, a questi luoghi/non luoghi che circoscrivono d’arte, musica, tradizione, e identità cangianti, una geografia in continuo movimento, se le donne e gli uomini del nostro tempo presente non prestano particolare attenzione a tutto ciò che si verifica intorno?  Quali sono le sollecitazioni che ci consegnano tutte queste iniziative? Quali sono, oltre alle positività, i limiti delle mille iniziative estive culturali tra loro tutte uguali e diverse? Già. Perché fino a qualche anno addietro si poteva dire di stare a respirare un’aria nuova, un clima armonioso, di resistenza e di bellezza, che aiutava l’uno a comunicare con l’altro, che ci si aiutava nel costruire questa conclamata rete. Ebbene, oggi qualcosa ci sta sfuggendo di mano e lo si percepisce dai gruppi, dalle loro organizzazioni, che sebbene orizzontali, non riescono più a comunicare neanche tra loro. O almeno, lo fanno solo in parte e non per come dovrebbero, per questa terra alla quale ci rivolgiamo dichiarando amore, passione, senso del dovere ma che, una volta finita l’estate,  venuta meno la complicità del mare e delle montagne, dei ritorni e degli arrivi, poi finiamo col girarle le spalle, e finiamo col tradirla nel suo bisogno di ascolto e di nuovo sguardo in modo del tutto naturale…

Fatica ad affermarsi, attualmente, una coscienza critica, che sia capace di individuare dei percorsi aperti e coerenti, capace di distinguere tra i tanti eventi e capace anche di dire NO quando occorre. Una consapevolezza con la forza di persuadere mantenendo intatta l’integrità, la coerenza, l’onestà. Un atto di amore e di sincerità ci porta ad affermare che tante manifestazioni, iniziative, festival, sempre in aumento, pure compiendo uno sforzo immane per dare un’immagine diversa e positiva della nostra terra, non riescano ad andare oltre un’autoreferenzialità di cui non sempre si rendono conto. Siamo fermi all’idea di attrarre, di fare ascolto senza però badare all’ascolto primario fra i propri gruppi e fra i gruppi esterni, siamo immobilizzati dall’idea di essere appetibili inserendo in programma i nomi del momento, quelli del ‘fa figo, hashtag’ e che importa se fino a una settimana fa se ne parlava male, che importa se inserisco nel mio festival un nome grosso ma di lui non ne so un cazzo e lui non sa un cazzo dei luoghi in cui viene a parlare? Sembriamo fermi, nonostante tante energie, allo stadio del lavorare soli, o alla stadio di chi fa a gara per avere più sponsor, più magliette colorate da vendere o più lobby politiche con cui ragionare, e così riproduciamo le conflittualità delle precedenti generazioni. Perché in realtà, dietro a quello stadio, regna sovrana la titubanza, l’immobilismo, la paura di non farcela o più semplicemente la comodità. Il salto di qualità, che purtroppo avvertiamo lontano, e che forse aiuterebbe tutti ad essere più coerenti, più credibili e dunque forse più attrattivi sarebbe quello di uscire dalle gabbie, di aprirsi, di comunicare davvero, mettendosi totalmente in gioco e mettendo a disposizione il cuore.  Pensando anche a come comunicare e costruire poi nei mesi invernali, quando le presunte star non verranno, quando i piccoli finanziamenti non ci saranno e quelli che restano dovranno camminare da soli. Si parla di rete come uno slogan tra i più sentiti e promossi ormai. Come se per fare questa rete fosse solo necessario attaccare su un manifesto un logo o premere sui social ‘condividi’ evento. Molti sottovalutano una cosa di enorme rilevanza che crea una rete stabile e consapevole: i rapporti umani, gli incontri veri e profondi, l’importanza di stabilire legami con chi non è e non si sente di passaggio. La verità, forse, è che ci siamo stancati troppo presto, in alcuni casi in anticipo (?). E invece occorre tanta pazienza perché è lungo il cammino da fare e noi speriamo assieme.

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Il 2 luglio alle ore 15.30 all’interno di “Una montagna di pace” presso l’Abbazia di Corazzo, Carlopoli (CZ), proveremo a lanciare l’idea di un coordinamento fra più associazioni e gruppi culturali calabresi. L’esigenza nasce da una costatazione: siamo sempre di più in questa terra a portare avanti obiettivi comuni. Dunque perché non compiere lo sforzo di una visione d’insieme volta a unificare intenti e sogni? Avremo così eventi, festival, competenze e passioni non più tracciati/separati in ogni provincia ma ramificati, non frammentati, diretti a un arricchimento culturale e ad uno sviluppo complessivo della regione. Un’azione ambiziosa e politica, nel senso più nobile. A fine giornata, dopo esserci confrontati, proveremo a stilare un report di raccolta di idee che già a partire dal giorno dopo ci vedrà impegnati nella realizzazione.

Valeria D’Agostino

Collettivo Manifest

manifestblog.it

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

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