Silenzio in sala: “La caduta della grande opera”

Foto di Carlo Paone, Il Mago di Los Angles (Satriano), 1989.

Foto di Carlo Paone, Il Mago di Los Angles (Satriano), 1989.
SILENZIO IN SALA: LA CADUTA DELLA GRANDE OPERA
Ispirato da “Il mondo salvato dai ragazzini” di Elsa Morante

di Maria Grazia Bisurgi

Eccolo!
Il carrozzone!
La Grande Opera! con le sue doppie quinte mobili e giranti.
Eccolo! Si è fermato nel centro della Piazza dell’ Impero Regionalstatale, che “con la sua geometria conveniente alla norma teatrale della visione, fa godere indifferentemente da qualsiasi punto dell’intera sua superficie, la verisimiglianza dovuta”.
Eccola!
La Grande Opera! Tanto attesa, tanto sperata…
Si presenta finalmente ai nostri occhi nella potenza della sua illusorietà, nella fragilità della sua struttura, nella sua natura snaturata.
Eccolo l’ ingranaggio oleato a suon di colpi e spinte perentorie, che fa muovere corpi e vite tra costumi di scena, rappresentazioni sociali in una corsa all’ impazzata verso mete er(g)oiche.
E Noi saltimbanchi delle carte, operatori d’ufficio, comici e sdrammatizzatori, giocolieri nella circostanza, educati artisti in camicia di laurea, maniaci passionali del teatro, poveri, oratori e cantanti, musicisti in tv, ricercatori spasmodici dell’antichità, falliti clown dell’organizzazione della cultura, del senso perso di comunità, del teatro e delle scie luminose che si perdono nell’infinito tutto…
Eccoci! Non abbiamo più un rifugio.
Non abbiamo rispettato il segnale di Stop!
Vuoto.
Ed ecco entra il “virus”.
Protagonista assoluto con il suo uncino molecolare.
Con la sua entrata cadono le scenografie, e il pubblico rimane visibilmente smarrito.
Il “virus” silenziosamente inizia a raccontare, svelando la misura delle cose.
La verità che porta con il suo ingresso racconta la realtà oggettiva del Teatro, oggi, in Calabria, in Italia.
Un mondo in affanno, in sofferenza, in povertà, in umiliazione, in “disperata vitalità”.
E Noi artisti forsennati, redentori del visibile, non abbiamo rispettato il segnale di Stop!
Tanti, siamo scesi a troppi compromessi, per lungo tempo, sostenendo un lavoro inesistente, pur di essere lì su quelle tavole di palco, perché “lo spettacolo della Grande Opera deve continuare”, costi quel che costi, nonostante l’affanno, nonostante i pochissimi soldi, nonostante le garanzie lavorative totalmente annullate, nonostante le costanti e perenni umiliazioni.
Va tutto bene!
Evviva la Grande Opera!
Mentre si fanno largo Critici, Giornalisti, Ministeri e Burocrati, Politici, Padri Moralissimi, Signore illibate, Direttori Ruffiani, Azionisti, Festivalisti, Mafiosi, Dirigenti Culturali ecc. ecc.
E da una qualsivoglia parte del grande palcoscenico si sente:
Il Festival! Anche quest’ anno si è svolto al meglio! Abbiamo dato continuità lavorativa e di vanto per il territorio.
Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out.
Questo è un evento storicizzato.
Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out.
La “stagione”! Eccola! Sui cartelloni 6×3.
Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out.
Abbiamo montato uno spettacolo in 15 giorni. Non importa non essere pagati.
Stiamo investendo.
Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out.
Partecipare fa pubblicità, ci darà lustro.
Si parlerà prima o poi di noi.
Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Sold Out. Ecc. ecc.
Il “virus” intanto rimane fermo, costante, presente, propaga la sua forza scenica in silenzio.
E così…
nell’ atmosfera surreale della circostanza, nata dal contrasto tra realtà del consenso e sogno, l’affanno scompare e il respiro si naturalizza, il tempo rallenta.
Si sgretolano gli stucchi, si squamano gli affreschi. Cristalli di lampadario iniziano a cadere come grandine.
In sala scheletri di spalti e macerie.
Fili di corrente spezzati scintillano e i tessuti del sipario, di un tempo rossofuoco, anneriscono.
Implode il graticcio sotto il peso del cielo.
Dietro le quinte, barlumi di sogni conservati in ampolle di vetro scheggiate, sono pronte ad evaporare verso la luna o….
Pausa.
Silenzio.
“Il Teatro è l’ultima tribuna dove l’idealismo è ancora una questione aperta”
Peter Brook

Valeria D'Agostino è giornalista pubblicista, curiosa del bello, amante della natura e della poesia. Ha contribuito a realizzare il Tip Teatro di Lamezia Terme, già ufficio stampa di Scenari Visibili, blogger sin dagli esordi di Manifest Blog. Ha lavorato per Il Lametino, attualmente corrispondente esterna della Gazzetta del Sud. Nell'ambito della scrittura giornalistica ha prediletto un interesse particolare per le tematiche sociali, quali in primis la sanità e l'ambiente, culturali, e artistiche. Si divide fra Lamezia Terme e Longobardi, costa tirrenica cosentina dove si occupa di turismo e agricoltura biologica. "Un buon modo per dare concretezza al concetto di fuga".

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.