Conflenti e la sua gente

C’è una comoda strada per arrivare a Conflenti. Lasciata l’autostrada, la SS 616 risale la valle del Savuto. Il suo tragitto giunge fino al Comune di Colosimi. Da lì la via si trasforma in un labirinto di tornanti per poi sfociare nei docili altipiani della Sila, in località Bocca di Piazza.

In passato, l’unica strada per Conflenti partiva da Sambiase e attraversava la frazione di San Mazzeo. Fu costruita grazie agli sforzi e al lavoro degli abitanti di Conflenti e Martirano e per questo era chiamata “la strada dell’amicizia”. Come spesso accade, le vicende umili e silenziose cadono nell’oblio e non lasciano il proprio solco nella memoria. La strada assume oggi l’anonima sigla di SP 73.

Ritorno a Conflenti

Arrivo in vista di Conflenti che è quasi il tramonto. Molti anni sono passati dall’ultima visita. Da bambino ho il ricordo confuso di una grande processione per il paese: erano in corso i festeggiamenti in onore della Madonna di Visora.

Quel giorno fu una grande festa. Arrivammo con una grande comitiva quando i raggi del sole pomeridiano si facevano obliqui. Un’incredibile varietà di persone volteggiavano per il paese. Vesti colorate, età diverse, chi ritornava da lontano, chi passava per una visita, chi vi abitava. Per un momento ho avuto l’impressione chi lì fosse raccolto tutto il mondo. Ma come spesso succede da piccoli, si viene colpiti da dettagli secondari, del tutto lontani da quello che accede intorno.

La mia attenzione fu catturata dalla grande distesa verde che sovrastava il paese. Immensi boschi si muovevano davanti ai miei occhi, ma nessuno se ne accorgeva. Era come se l’intera pendice del monte venisse giù a inondare il paese. Il Sole infrangeva contro i contorni del monte e la luce veniva riflessa in mille forme e colori. Quella meravigliosa luce aveva il profumo dei pini resinosi e il suono delle cicale annoiate. Rimasi a guardarla finché non abbracciò tutte le persone dinanzi a me.

Sono questi i bei ricordi che mi vengono alla mente, mentre dal bordo della strada osservo il profilo del paese. Così come me, cresciuto e cambiato, anche il paese mi sembra assumere forme e contorni del tutto diversi. Ed è così che memoria e novità si alternano e giocano assieme e dal loro abbraccio nascono nuovi orizzonti e nostalgie.

Tra passato e presente: i ragazzi di Libramenti

C’è un’altra storia profonda e significativa che insegna molto sugli abitanti di Conflenti. Questa vicenda è raccontata nel bellissimo Genti e paesi del comprensorio lametino dello storico Vincenzo Villella. Qui è narrata l’epopea del rimboschimento e della sistemazione idraulica che ha trasformato il territorio del Reventino e della piana di Lamezia Terme.

Per lungo tempo i boschi della zona furono intensamente sfruttati, in particolare durante le due guerre mondiali per esigenze belliche. Le vette, oggi rigogliose di alberi, erano in quegli anni spoglie e brulle.

Fu così che negli anni 50′ venne commissionata un’imponente opera di rimboschimento, gestita dal Corpo Forestale dello Stato. Furono impiegati come operai le persone del luogo. In tal modo fu possibile garantire una fonte di lavoro e allo stesso tempo curare le ferite del territorio. Per molti anni le contrade montane brulicarono di lavori e attività ed è grazie all’impegno di quella umile gente che oggi l’immenso comprensorio del Reventino ha l’attuale fisionomia.

Questi brevi racconti testimoniano la laboriosità e il rispetto per la natura che contraddistingue la gente di queste contrade. Qualità ancora presenti negli abitanti di Conflenti.

All’ingresso del paese incontro due immensi e bei murales. Le opere fanno parte del Museo Urbano Diffuso (MUD), ideato dai ragazzi dell’associazione Libramenti e realizzato col movimento Gulìa Urbana. L’intero progetto è stato supportato dall’intera comunità, che ha contribuito nei modi più disparati dando man forte ai giovani del paese.

Il primo murale, Educazione guidata, è realizzato da Slim Safont. Raffigura un bambino chino su un quaderno mentre un adulto, alle sue spalle, regge un libro. La conoscenza è così un continuo compromesso tra insegnamenti e reinterpretazione, tra passato e futuro. Un ponte tra generazioni.

Lo stesso spirito di condivisione si ritrova in un’altra bellissima iniziativa di Libramenti. I volenterosi ragazzi hanno realizzato una biblioteca virtuale di comunità, grazie alla quale le persone possono condividere i libri e usufruirne gratuitamente.

Straordinario è il murales gemello, posto vicino al primo. Opera di Alessandro Etsom, il murale raffigura un piccolo pettirosso tra le mani di un uomo, simbolo della cura di ciò che è fragile e di gran valore. L’opera è una sapiente sintesi di elementi legati alla natura, alla cultura e al forte sentimento religioso che lega la comunità di Conflenti alla Madonna della Quercia di Visora, patrona del luogo.

Accoglienza e Presepi

Mentre esploro le vie del paese incontro una curiosa processione. E’ in corso l’inaugurazione della V° edizione di Presepi nel Borgo. Il corteo parte dalla Basilica Maria SS. delle Grazie della Quercia di Visora e dopo un giro per le vie del paese giunge presso Conflenti Sottano, in gran parte disabitato.

Qui i ragazzi del paese hanno allestito nelle case abbandonate tanti piccoli presepi e tanti angoli di vita contadina, provvedendo all’accoglienza e all’intrattenimento degli ospiti. Nel vuoto lasciato dalla genti che prima abitavano case e contrade, i ragazzi provano a dare una nuova vita e speranza.

All’inizio rimango discosto dalla folla. So che la mia presenza solitaria verrà notata e rimango in attesa di quello che per certo avverrà.

Per chi abita in luoghi isolati la solitudine è un male da estirpare. Gli abitanti dei paesini individuano subito la persona che è da sola. Lo capiscono da come uno attraversa strade e vie. Non ha il passo certo e spedito. Lo straniero si guarda intorno con gli occhi di chi osserva la prima volta. Dinanzi ad un viandante due sono i sentimenti: irrefrenabile curiosità e una cauta distanza. Questi due sentimenti si mischiano tra loro e danno vita a una naturale simpatia verso il viandante.

Il corteggiamento tra lo straniero e il paese non dura in eterno. Qualcuno inizierà a parlare, per necessità atavica di interrompere quell’innaturale distanza e per gettare un ponte tra mondi diversi.

Per lo straniero è solo una questione di pazienza. Dopo la giusta attesa ecco che mi si avvicina una persona, poi un’altra e poi ancora un’altra. Rispondo con piacere – guai a sottrarsi! – alle solite domande: da dove vieni, chi sei, come mai da queste parti. All’improvviso io – insignificante e solitario viandante – divento meno solo grazie alla compagnia di queste persone curiose ma discrete.

Questo è per me il modo che ha un paese di accoglierti. Occorre solo un po’ di pazienza e di curiosità.

Quando si rimane soli

Rimango solo ad osservare il profilo del paese avvolto dalla notte mentre le ultime persone rientrano nelle case. Le porte vengono chiuse e cala il silenzio sui tetti. Gli adulti riposano mentre pensano alle tante piccole incombenze quotidiane. I ragazzi, invece, sognano e fantasticano. Alcuni vorrebbero partire per il mondo e scoprirlo, altri cercano invano conferme e sicurezze dal proprio animo ancora acerbo. Così è la vita, un variopinto mosaico di sentimenti contrastanti e incoerenti.

Ritorno col pensiero a quando da bambino osservavo al tramonto lo stesso paesaggio. Adesso però è buio e posso solo intuire e percepire quello che la notte mi nasconde. La vista si perde in un punto indefinito. Conflenti mi appare come un gatto acciambellato che dorme placido, raccolto su se stesso. In lontananza, sulla schiena della montagna, qualche paese e, più in alto, poche e isolate luci.

Chissà cosa illumina quel lampione solitario, chissà quale persone abita quella casa isolata in mezzo al bosco. Chiudo gli occhi e non sono più solo. Non percepisco le cose come singolo. Sento fluire in me le emozioni e i desideri di individui che non ho mai conosciuto ma che, come me, si sono fermate, chissà quando, a guardare questo stesso paesaggio notturno.

È possibile, a volte, cogliere la musica segreta di un luogo, la sua voce intima e solitaria. Le mura, le strade, i comignoli parlano. Sono grato di tutto questo mentre ascolto la vita che mi circonda. Ho tutto attorno a me, non mi serve altro.

Il futuro è qui, nei paesi

Sui borghi calabresi persi nelle verdi e alte montagne c’è un triste pregiudizio, a volte mascherato da un falso pietismo. Ci si rivolge agli abitanti delle montagne come fosse gente a cui manca tutto. Cosa fanno per vincere la noia? Dove passeggiano? E se vogliono andare al cinema o al teatro?

Alcuni già compongono l’epitaffio funebre per le comunità montane ma non ci si accorge (o non ci si vuole accorgere) che sono vivi e presenti, nei luoghi remoti, i segni del futuro. Queste tracce vanno raccolte e reinterpretate, perché non è sufficiente la sola tradizione portata avanti in modo acritico.

Quante volte, inoltre, ci è capitato di visitare un borgo – termine triste – tirato a nuovo e impacchettato per i visitatori? Quanta tristezza nell’osservare un paese privo di vita e della sua gente ma ammiccante verso i turisti.

No. Un paese non deve essere idilliaco e “carino”. Né deve essere una bella e luccicante vetrina, dove viene esposto solo il bello e il gradevole. Un paese è l’insieme della vita, dove si alterna l’amenità della natura alle difficoltà e alla scomodità. Nei paesi si trovano vizi e virtù. Vita e morte si abbracciano in uno spazio ristretto. I racconti, il vissuto e le esperienze della gente si mescolano facilmente – molto più facilmente che altrove – e compongono un mosaico vivo e sincero, pur nella sua crudità.  Il destino di un singolo individuo, felice o triste, tocca e influenza quello degli altri. E così la vita e la storia di un paese non riguarda mai una persona sola, ma tutti.

Chi possiede un paese ha nei propri geni la capacità di comprendere che il mondo è fatto di maree e che ci sono molti modi per interpretarlo. Tutto è caotico e intrecciato, ma allo stesso tempo comprensibile e semplice. Questa secolare saggezza vive ancora in questa gente, il cui animo sa che a tutto c’è un rimedio.

Nel corso dei secoli i paesi calabresi hanno vissuto immani tragedie, eppure sono sopravvissuti. E continueranno a farlo.

 

Sono nato dall'increspatura dell'onda. Non ho deciso io il mio destino, ma il mare che tutto sospinge e muove. - Tu navigherai - mi disse un giorno. E così sono alla ricerca di Itaca. Ho un cuore mediterraneo, crocevia di emozioni e incoerenze, come i molti popoli di questo mare. Ma come posso dire con certezza chi sono?

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