Mi chiamo Placido Rizzotto

Sono nel vento, ma non ho dimenticato il mio nome, in questo limbo sconosciuto che tutti chiamano morte.

La mia coscienza è viva. Mi chiamavo, e mi chiamo ancora, Placido Rizzotto. Il rendersi conto di avere ancora una coscienza fluttuante nel buio e un’anima mi danno una forza tale, da farmi passare i confini della vita ormai perduta, ed arrivare fino a voi.
Vi sembra strano che un semianalfabeta parli così? Sì, lo so,tutti i necrologi che leggete, striminziti e tutti uguali, dicono questo di me. Eppure la realtà è sempre diversa dalle ricostruzioni della storia e degli articoli di giornale, o di quella strana cosa che voi chiamate Internet, che io non ho mai visto. Comunque, sempre commemorazioni incomplete, sono.
Necrologi rari, colme di sparute notizie che tutti hanno dimenticato, o quasi tutti.
A chi importa di un sindacalista siciliano morto nel 1948? Chi si ricorda più le lotte per la terra dei contadini della Sicilia dopo la fine della guerra? C’è qualcuno, oggi, che possa avere la voglia di rimettersi ad ascoltare la storia della povera gente di Corleone, oppressa dalla mafia, dalla Chiesa e dai padroni, che a Corleone sono sempre stati una vera Trinità?
Qualcuno si ricorda forse che in quei giorni Totò Riina e Bernardo Provenzano non erano altro che dei ragazzotti al servizio di caporioni che sembravano indistruttibili?
Me lo vedo ancora davanti agli occhi, il dottore Michele Navarra, medico e mafioso, che arriva davanti alla sede del sindacato, e vuole entrare nell’Associazione Combattenti e Reduci. Ma io non lo faccio nemmeno entrare: io la guerra l’ho fatta, e so cos’è un reduce. Lui non lo è affatto, e ha smesso da molto tempo di rischiare la sua vita. Lascia che gli altri facciano il lavoro sporco per lui. Così fanno i mafiosi. Così fa il suo sgherro, Lucianeddu Liggio, lo sciancato, campiere, ladro legalizzato, mafioso. Voleva bastonare dei ragazzi comunisti, l’altro giorno, ma io l’ho spinto a terra. Non una bella figura per uno sciancato, e per giunta mafioso. Che siano dottori, sciancati o campieri, vogliono sempre la stessa cosa.
I vecchi campi dei baroni, per spartirseli tra loro, mentre la povera gente muore di fame. Eh no! Quei campi ce li prendiamo noi. La terra è di tutti. E allora andiamo, compagni!
Siamo lì, sul feudo Strasatto, con le nostre bandiere rosse- Leoluchina è accanto a me, quanto è bella coi suoi capelli neri sciolti- la nostra fame, la nostra voglia di terra, di speranza, di desiderio per un mondo un pò più giusto.
Che festa, che è stata oggi! Abbiamo mangiato, riso, ballato, toccato la terra con le nostre nude mani. Non volevamo più andar via, perchè non sapevamo quanto potesse durare.. eccoli, i gendarmi, che dovrebbero difenderci dai padroni e dai mafiosi, che arrivano e bastonano noi.
Ma non importa: la rivoluzione corre, e non potranno fermarla.

E’sera, e torno a casa, pensando che è già il 10 Marzo, e tra non molto sarà primavera, e potremo occupare molti più terreni, con la bella stagione.
Vedo Pasquale Criscione, e lo saluto. Lui ricambia, ma stasera mi sembra strano: ha due occhi…
Mi dirigo verso casa mia, scendendo da delle piccole scale, e c’è Vincent Collura davanti a me, e accanto a lui lo sciancato, Lucianeddu Liggio.
“Rizzotto, io te l’avevo detto, ma tu sei proprio una testa di minchia”.
Non ho tempo per replicare, perchè il buio piomba su di me.

Corleone torna al silenzio. Credevo potessero finalmente gridare che la mafia fa schifo, che Corleone non ci sta, ma mi sbagliavo.
Mi portano a Rocca Busambra, e mi gettano lì. Sarò presto divorato dalle bestie.
La mafia non dimentica. La gente sì, purtroppo.
Eppure adesso, qui, nel vento, sento le voci di tanti ragazzi provenire dalla Sicilia e dall’Italia tutta, e sento parlare di mafia come ne parlavo io, e sorrido. Ci sono voluti settant’anni, e tanti poveri fessi come me…
Ma forse non sono morto invano.

Di Pesaro. Ho trentaquattro anni, vivo e scrivo da precario in un mondo totalmente precario, alla ricerca di una casa dell’anima – che credo di aver trovato – e scrivo soprattutto di fantasy e avventura. Ho sempre l’animo da Don Chisciotte e lo conserverò sempre!

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