Rappresentando pezzi di Pace.

Una sensazione di “guarigione”,

qualcosa che prima faceva male, un cancro, una macchia nera che si era espansa così tanto, un tumore, un tumore che faceva così male, che si muore mille volte.

Mille volte che si vede un fondo, un abisso, quando risalgo, non ho visto la direzione dove andavo,

quindi magari l’abisso era il luogo dove tornare, credendosi al sicuro.

In fondo a quell’abisso, dove ho buttato, dove buttiamo, tutto quello che non serve più, a contemplare volti morti, che comunque ti fissano, come quelle bambole inquietanti.

Eppure era così rassicurante tornare dentro la propria malattia.

La certezza è il male, per questo è rassicurante,

perché è una certezza, la più brutta di tutte.

Fino a quando comincio a cercare una direzione, a provare cose diverse, e il tempo di allontanamento dall’abisso aumenta sempre di più, l’ombra scorre sempre più dalle vene.

Naturalmente non si esce fuori dall’oscurità da soli, ma quanti nuovi volti, quanto amore, quanta amicizia ci vuole per fuggire via dai vecchi volti chiusi nell’abisso?

Perché sono volti che dimentichiamo, a cui non pensiamo mai, tranne quando guardiamo in quel fondo dei ricordi.

Strano

ormai non valgono un soldo bucato.

Quello che intendo è che il tumore guarisce, che l’abisso anche se non scompare viene buttato nella spazzatura, un fondo per un altro fondo.

E quei volti non avranno altro significato.

Quello che intendo che la pace con sé stessi è più importante dell’amore e dell’amicizia, che portano molte volte guerra.

Ed è bello saperlo, rendersene conto, e vedere quanto è reale, quanto cazzo è bello guardare in faccia la realtà quando non fa schifo.

 

Sapere di essere cambiati,e vederne conferme ovunque, anche da parte degli alei, che anche se non essenziali, sono necessari.

 

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