La mattina del 16 gennaio abbiamo visitato alcune famiglie di rifugiati, una nel quartiere di Calderón dove vive David, un ragazzo colombiano, che ci ha raccontato come sia venuto in Ecuador con lo zio dopo che i proprietari della fattoria dove lavoravano sono stati uccisi dai guerriglieri.
Le mie colleghe mi hanno detto che Calderón è conosciuta per l’artigianato in pasta di sale, materiale con cui ritraggono personaggi famosi o indigeni. Dopo aver pranzato in ufficio con un pasto preso ad uno dei molti ristorantini che si trovano intorno alla sede dell’associazione per cui lavoro, ASA, nel quartiere Carcelén alto, siamo andati con Diana, la psicologa a visitare una famiglia nella zona della Mitad del mundo, vicino a dove passa la linea dell’equatore. Ho portato con me la mia scacchiera perché mi avevano detto che al figlio di questa famiglia piace giocare a scacchi. Abbiamo fatto qualche partita e gli ho spiegato dei concetti di strategia, non se la cavava male per la sua età e per aver imparato da solo. Ma la grande passione del ragazzo, come quella della maggior parte dei ragazzi e bambini che ho conosciuto qui, è il calcio. Parlando della scuola mi ha detto che la sua materia preferita è educazione fisica, al che sia io che la madre siamo scoppiati a ridere. I due giorni successivi sono stato alla casa famiglia di Corazón de Jesus, dove presta servizio Marta.
Nel frattempo sono arrivati dall’Italia Gigi e Silvia, due operatori della comunità Maranatha’ di Cittadella ente federato del CNCA, per supervisionare la nostra presa di servizio e i rapporti con l’associazione ecuadoriana. Il giovedì noi italiani, le ragazze tedesche, Nancy e Anita siamo andati a fare due giorni di formazione a Mindo, una città a due ore di distanza da Quito, che ha dei bellissimi paesaggi fluviali. Peccato che non siamo potuti andare a vederli perché ha piovuto tutto il tempo! Anche l’albergo era molto bello, era immerso nella natura, le camere erano dei bungalow tra gli alberi e accanto scorreva un fiume. Nella hall c’era un tavolo da biliardo dove abbiamo giocato spesso assieme alle ragazze tedesche. La formazione si è incentrata sulle caratteristiche della cultura ecuadoriana e sul rapporto tra noi volontari, inoltre abbiamo visto un film locale. Ci hanno spiegato di come le popolazioni indigene siano state spesso perseguitate perché lasciassero la loro terra a chi voleva estrarre minerali e petrolio. Le loro proteste sono perseguite dallo stato, tanto che bloccare una strada è condannato dal tribunale come atto di terrorismo e gli scioperi sono vietati. L’attuale presidente dell’Ecuador si chiama Correa, sebbene dopo 10 anni di governo abbia quasi finito il suo mandato, domenica 19 si è andati al voto. Il governo di Correa è contraddistinto da luci e ombre, perché sembra che abbia fatto delle riforme sociali importanti, per favorire l’istruzione e la salute pubblica, ma allo stesso tempo ha represso e perseguitato l’opposizione e controllato la stampa, oltre a non aver preso misure contro la corruzione.
Il giorno dopo, il sabato, per la cena c’è stata la “fiesta de despedita” della figlia di Nancy, che parte per un anno di volontariato in Germania, dove aiuterà nell’organizzazione dell’anniversario dei 500 anni della riforma luterana, pur essendo quella di Nancy una famiglia cattolica. Il cattolicesimo è la religione dominante in Ecuador, tanto che più del 90% della popolazione si definisce cattolica. Durante la serata ho parlato con il marito di Nancy, che è un professore universitario ed insegna all’università Cattolica di Quito. Abbiamo parlato di psicologia e antropologia e riguardo agli intellettuali italiani mi ha detto di apprezzare Gramsci. Sugli antropologi mi ha riferito che ce ne sono alcuni venduti ai petrolieri, che in Ecuador lavorano per convincere le popolazioni indigene a lasciar sfruttare i propri territori. Dopo la cena siamo andati in plaza Foch la zona dei locali, dove abbiamo bevuto e ballato fino a tardi. La mattina dopo io, Angelo e Paolo abbiamo raggiunto il teleferico di Quito, una funivia che raggiunge una grande altitudine sul vulcano Pichincha, da cui si vede la città dall’alto e le montagne che la circondano. Da lì si vedeva anche la cima innevata del Cotopaxi. Più tardi abbiamo preso un taxi per raggiungere Marta, Sara, Gigi e Silvia a la Capilla del hombre, un museo sul più importante pittore ecuadoriano, Guayasamin. I quadri del pittore vogliono denunciare le barbarie e le violenze dell’uomo sull’uomo, lo sfruttamento, hanno dei toni cupi e di disperazione, come quelli dedicati a Pablo Neruda, Victor Jara e Salvator Allende, uccisi durante il colpo di stato di Pinochet in Cile. In un secondo periodo però il pittore ha voluto rappresentare la tenerezza e la speranza, dipingendo quadri di madri con bambini. La sera siamo andati a cenare in una pizzeria italiana che si chiama “Cosa nostra”, dove fanno una pizza di qualità superiore a quelle che generalmente si trovano qui. La pizza è cosa nostra, di noi italiani, questo è certo.
Lunedì ho ripreso il lavoro andando in ufficio e siamo passati dalla sede dell’ACNUR (in spagnolo), o UNHCR (in inglese), l’ufficio dell’ONU che si occupa dei rifugiati. Paolo, uno dei ragazzi italiani che stava qui, ma non con il servizio civile, nel frattempo è tornato in Italia. Il mercoledì siamo tornati all’ACNUR per una riunione organizzativa delle associazioni che trattano il tema del rifugio. Il giorno dopo siamo stati con Diana a trovare una famiglia di rifugiati vicino al centro, una famiglia che ha 7 bambini, il padre dei quali fa il venditore ambulante. Più tardi trovandomi in centro ne ho approfittato per vedere la Iglesia de la compañia de Jesus, anche chiama la Iglesia de oro, perché l’interno è completamente ricoperto d’oro. Le ragazze il fine settimana sono andate al mare, dove hanno anche fatto surf nell’oceano Pacifico, mentre io e Angelo siamo andati con Gigi, Silvia, Nancy e la figlia a Otavalo, dove fanno un grande mercato artigianale. Il mercato è pieno di colori, perché i prodotti sono tutti tessuti di colori vivaci. Lì ho comprato dei maglioni di alpaca per i miei genitori, delle magliette di Guayasamin, dei portamonete e dei sacchetti. Più tardi siamo andati nella città di Cotacachi, famosa invece per la lavorazione del cuio. Lì vicino si trova il lago Cuicocha, che abbiamo visitato. Questo lago prende il nome dal “cui”, un animale che si alleva (e si mangia) nella nazione, siccome le isole al centro del lago vi somigliano. La domenica io e Angelo abbiamo fatto un giro in centro, dove abbiamo visitato una mostra fotografia e il Museo de la Ciudad, dove era raccontata la storia di Quito dai tempi della preistoria.
Nella settimana seguente sono stato in due associazioni che collaborano con ASA, RET e FUDELA. RET si occupa dell’istruzione e del percorso scolastico dei ragazzi rifugiati mentre FUDELA organizza attività sportive e ricreative, oltre che corsi di formazione. Il sabato sono andato a un circolo di scacchi, composto da due piccole sale, in un centro commerciale artigianale, dove ho trovato giocatori di un discreto livello. La sera ho incontrato Angelo e abbiamo raggiunto la calle La Ronda, una strada molto antica piena di spettacoli artistici e musicali e locali di gastronomia. In un teatro all’aperto abbiamo assistito a uno spettacolo di danza, su una base di musica andina e sudamericana, nel quale si esibiva la mia collega Diana e altri ballerini e ballerine. Il lunedì Gigi e Silvia ripartivano, così la domenica sera hanno organizzato una cena a casa nostra a base di pizza, con molti invitati di ASA. Il giovedì ho accompagnato uno dei ragazzi colombiani, David, a fare richiesta del documento di permesso di soggiorno, ci siamo incontrati con Diana al ministero. Il primo giorno sembravano intenzionati a rimandarlo indietro in Colombia, ma il secondo giorno, dopo che avevamo consultato l’avvocato, con nostro grande sollievo gli è stato rilasciato il permesso. La domenica successiva io, Angelo e le due volontarie francesi che si sono stabilite a casa nostra (Eva e Pauline), siamo andati a visitare il parco della Mitad del mundo, che contiene numerosi musei interessanti, come musei fotografici, un planetario, un museo su Guayasamin e il monumento sulla linea dell’ecuatore, una torre con in cima una rappresentazione del globo terrestre. Ad ogni piano ci sono esposti interessanti esperimenti scientifici e storie delle culture locali. Qui anche l’esperimento dell’acqua, ovvero facendo scendere l’acqua in un rubinetto da un lato dell’ecuatore scende ruotando verso destra, dall’altro lato verso sinistra. Quel giorno nel parco della Mitad del mundo c’era anche uno spettacolo di musica e danza locale all’aperto, in parte disturbato dalla pioggia. Quando eravamo in procinto di uscire abbiamo pensato di visitare anche il museo alternativo, che rivendica di essere il reale punto in cui passa l’ecuatore. Anche lì c’erano informazioni sulle culture indigene ed esperimenti sulla linea, come quello dell’acqua e anche far star in equilibri un uovo su un chiodo. Inoltre ci hanno fatto vedere come sulla linea dell’ecuatore i muscoli oppongono meno resistenza e se la guida non poteva abbassare le braccia dei visitatori facendo forza al di fuori della linea, sulla linea del’ecuatore ci riusciva anche solo con due dita.
Al termine della visita essendo riuscito a svolgere l’esperimento dell’uovo sul chiodo mi hanno rilasciato un attestato di maestro dell’uovo, lo devo aggiungere al curriculum!
Nella settimana successiva ho aiutato nella casa famiglia di Carcelén, ho assistito al resoconto di un corso che hanno tenuto con i ragazzi e gli operatori sulla violenza di genere e le nuove forme di mascolinità, conclusione tenutasi all’università cattolica, e abbiamo fatto altre visite domiciliari, stavolta anche nel sud della città, che dalla nostra zona nord si raggiunge con un’ora e mezza di macchina. Il fine settimana abbiamo riposato e non siamo usciti, seguendo i risultati delle elezioni, il cui spoglio si è protratto fino al giovedì, annunciando un ballottaggio tra il candidato di sinistra del partito di governo e quello liberale, un ex banchiere. Elezioni non prive di accuse di brogli e manifestazioni in piazza. Nel corso della settimana, durante una visita, il padre di una delle famiglie colombiane, quella con sette figli, mi ha raccontato la storia della guerriglia colombiana, di come sia nata sulla scia delle rivoluzioni di Che Guevara e all’inizio i guerriglieri erano come dei Robin Hood sudamericani, che rubavano ai ricchi per dare ai poveri, ma poi hanno cambiato modalità d’azione, divenendo feroci e crudeli, e divenendo tutt’uno con il narcotraffico, tanto che oggi non si può essere un trafficante senza essere un guerrigliero, altrimenti si viene uccisi, cosicché adesso per definirli viene usato il termine “narcoguerrillia”. Che il significato di questa storia sia che non ci possano essere alternative alla democrazia e alla legalità, altrimenti anche partendo da nobili ideali si arriva a una situazione di degenerazione e violenza? Inoltre mi ha detto che il patto che hanno stretto tra il governo e quelli delle Farc non ha risolto il problema, perché, oltre ad essere un accordo che garantisce l’impunità o pene lievi ad assassini, la violenza non è cessata e inoltre si affacciano sulla scena nuovi gruppi che sequestrano e fanno violenza. Il fine settimana seguente noi quattro italiani più le ragazze francesi siamo andati a Montañita, cittadina costiera con una bella spiaggia e locali serali, per approfittare delle vacanze di carnevale. Abbiamo passato le giornate sulla spiaggia a fare il bagno nell’oceano Pacifico, che è molto diverso dal Mediterraneo per il gran numero di forti onde che si susseguono, e quando non facevamo il bagno bevevamo mojito sotto l’ombrellone. Le sere siamo stati in giro fino a tardi, tra i locali, i chioschi e la spiaggia, e spesso eravamo ricoperti della schiuma bianca di carnevale, perché qui è usata da tutti anche sugli estranei, tanto che per bere i nostri cocktail per strada dovevamo tenerci sopra un fazzoletto. Siamo poi tornati a Quito nella notte tra lunedì e martedì. Continua quindi la mia esplorazione di questo affascinante paese situato in un continente magico, con un clima festoso e divertente, pieno di meraviglie naturali e persone genuine, ma anche di terribili ingiustizie e crimini efferati. Un’atmosfera tra il sogno e l’incubo.
Studente appassionato e allo stesso tempo svogliato di psicologia. Giocatore e istruttore di scacchi. La ricerca della verità, che sia la psiche umana o una posizione sulla scacchiera, mi ha fatto scontrare col mistero. E' forse così che è nata la mia passione verso l'arte? L'artista crea un enigma da una soluzione, ha scritto Karl Kraus. Per risvegliare la meraviglia, la magia e l'amore per l'ignoto.