Noi che abbiamo provato a cambiare il mondo, a rivoluzionare la società per renderla più equa e giusta, abbiamo sempre perso, dall’inizio della storia.
Diceva grossomodo così Goffredo Fofi in un intervento a un laboratorio a cui ho preso parte sulle minoranze etiche. E’ vero che le rivoluzioni si sono quasi sempre concluse con dittature oppressive, è vero che il nostro mondo è stretto nella morsa, da un lato del capitalismo sfrenato che pone il potere nelle mani delle lobby, dei clan e delle logge ricche, occultamente o anche spregiudicatamente in modo manifesto, che esaurisce le nostre risorse naturali, che consuma il pianeta, che consuma le stesse persone portandole verso una competizione meschina, verso un arrivismo sleale e menefreghista, dall’altro lato ci sono i fondamentalismi, nazionalisti e sciovinisti o religiosi. Tuttavia questa inevitabile sconfitta delle “minoranze etiche”, delle “avanguardie rivoluzionarie”, o anche di singoli intellettuali, artisti e filosofi antisistema (mi viene in mente tra i tanti Giordano Bruno) ha permesso nel corso della storia una maggiore diffusione dei diritti, una maggiore tolleranza verso la diversità, una crescita della civiltà nella direzione della libertà e dell’uguaglianza. Tuttavia sembra quasi inevitabile che vi sia una maggioranza sedotta dalle lusinghe del potere, del denaro, che rimane indifferente ai tentativi di cambiamento per individualismo o peggio opportunismo. Sembra quasi una lettura della storia in chiave cristiana, una divisione tra martiri e carnefici, con la vittoria di Cristo che arriva dopo la sua uccisione, ma nel caso dei rivoluzionari e degli idealisti, non vi è una ricompensa ultraterrena, solo la consapevolezza di aver fatto di tutto nel tentativo di lasciare il mondo un posto migliore per le generazioni future, per rendere la vita degna di essere vissuta per tutti o quantomeno garantire che la storia possa continuare evitando l’autodistruzione dovuta allo stravolgimento delle condizioni climatiche e ambientali…. Le migrazioni e la globalizzazione stanno rendendo le nostre società sempre più multiculturali, da alcuni questo è visto con favore, come occasione di confronto e di scambio, ma da molti è visto con paura: paura di perdere la propria identità storica, paura di ciò che non conosciamo e che è diverso da noi, paura che arrivi “lo straniero” a portare via ciò che vorremmo per noi, come il lavoro o a molestare le “nostre” donne. Questa paura è indice a mio avviso di due grandi debolezze: da un lato la paura che in assenza delle nostre tradizioni culturali rimarremmo privi di identità, quindi diventeremmo “nessuno”, alimentando così rituali vuoti invece di costruire una identità culturalmente formata e cosmopolita; dall’altro lato la ricerca di un capro espiatorio per la frustrazione e la mancata realizzazione personale. Se davvero è tanta la frustrazione per la mancata realizzazione sarebbe lecito pensare che queste persone approvino chi tenta di sovvertire l’ordine costituito dai potenti e dai corrotti, che rendono la nostra società tanto diseguale e ingiusta, ma invece no! Ecco che chi combatte i corrotti e si impegna per un ideale se sciaguratamente rimane vittima del suo gesto nobile allora “se l’è cercata”. Forse perché la frustrazione li porta ad invidiare chi ha avuto il coraggio di ribellarsi a questo stato di cose, li porta ad una mentalità egoistica e meschina. Di fronte a queste squalifiche di gesti nobili non resta che lavorare e informare con maggiore impegno e, perché no?, anche con rabbia, con la consapevolezza e la speranza che se gli sfruttati e gli oppressi si coalizzassero per ribellarsi, questo ordine mondiale ingiusto potrebbe finalmente essere stravolto e le ricchezze in mano agli sfruttatori e ai corrotti redistribuite, per consentire a tutti di vivere in modo libero e soddisfacente, perseguendo quel fondamentale diritto di tutti che è il diritto alla felicità.
Studente appassionato e allo stesso tempo svogliato di psicologia. Giocatore e istruttore di scacchi. La ricerca della verità, che sia la psiche umana o una posizione sulla scacchiera, mi ha fatto scontrare col mistero. E' forse così che è nata la mia passione verso l'arte? L'artista crea un enigma da una soluzione, ha scritto Karl Kraus. Per risvegliare la meraviglia, la magia e l'amore per l'ignoto.