Mal di Cielo

(Un uomo giunge su una spiaggia mediterranea, correnti misteriose portano a riva detriti sparsi. Da dove vengono? E pure l’uomo, da dove viene? Forse è un forestiero. L’uomo sente solo il suo passo sulla sabbia, neppure le onde, così assorto com’è. In lontananza un piccolo porto. Rientrano dalla pesca sui caicchi marinai arsi dal sole, con occhi incavati, profondi come il mare. Chini intonano canti d’amore e di navigazione. Il sole sta calando, lasciando spazio ad un tramonto impastato dagli odori della pioggia e di reti tirate in secca. L’uomo non è solo.)

 

 

Una tenda di nuvole
sù, in cielo
un cielo indefinito
sconosciuto.

Non hai pietà del mio cuore,
Cielo, di noi che qui
restiamo senza un conforto?

Ma se ascolti bene
tendendo l’orecchio
-no, non quello esterno-
quello invisibile
puoi sentire tra i lembi
e le increspature del Cielo
la sua voce delicata
-proprio del Cielo, sì-
come quella di un padre serio
insondabile.

Non vedi, uomo?
Io, il Cielo, assumo forme e colori
ora d’oro, ora d’azzurro;
mi lascio attraversare paziente
dalla luce e dal buio
e patisco l’assenza del sole e della luna.

Io Cielo tengo sospese le nubi
le amo nella loro fragilità
fin quando Eolo crudele le porta via.
Io Cielo tengo appesi al mio sospiro i pianeti
così distanti che mai potrò abbracciare.

Uomo, mi faccio carico di molti dolori
perché le piante ed altri esseri
possano avere un tramonto su cui cullarsi
un’alba in cui affogare
un prato stellato da raggiungere.

Abbi fiducia, uomo,
perché la tua anima
ha la stessa mia sostanza,
quella di tenue vapore,
-appena percettibile alle dita-
di gocce leggere
che condensano in gioia e dolore.

Tu, uomo,
in nessuna parte del corpo hai
il gelido acciaio
né la roccia scura.
Ti spezzerai, mio amico,
se ti opponi così ostinato
al dolore che accomuna tutti.

Parlò così il Cielo
e si chiuse il mondo
come un viso cupo
che trattiene un segreto indicibile
o una tristezza mai provata
piovendo leggere stelle
fin giù sulla pelle
illuminando gli occhi ormai lucidi.

Poi qualcosa si aprì, una strana luce
non proveniente dal cielo scarlatto
né dai lampioni arrugginiti dal vento marino.

Quella luce -ci rendemmo conto-
fiorisce dentro noi.

Sono nato dall'increspatura dell'onda. Non ho deciso io il mio destino, ma il mare che tutto sospinge e muove. - Tu navigherai - mi disse un giorno. E così sono alla ricerca di Itaca. Ho un cuore mediterraneo, crocevia di emozioni e incoerenze, come i molti popoli di questo mare. Ma come posso dire con certezza chi sono?

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