“La versione di C.” di Cristiano De Andrè, tra sincerità ed emozioni

E’ uscita il 29 Aprile “La versione di C.”, l’autobiografia di Cristiano De Andrè, un’autobiografia piacevolissima che sembra quasi mostrare le connotazioni di un romanzo. Il libro presenta, infatti, un’architettura sintattica fluente, in grado di cullarci letteralmente tra ogni sua pagina e di proiettarci all’interno di un mondo che, però, non è mera invenzione, ma pura e “semplice” realtà. L’ultimo aggettivo adoperato ha necessitato di due virgolette poiché la costernata semplicità è solo apparente e rispecchia, al contrario, una difficoltà di fondo, la difficoltà di un vissuto denudato, reso vergine d’ogni velo occulto, intessuto di sincerità e sentita emozione.

Fin dalla prima pagina, ho avuto la sensazione di trovarmi innanzi ad una porta spalancata, una porta pesante, possente e rovinata dall’usura del tempo; una porta aperta dall’autore, da Cristiano, con non poche difficoltà. L’ho oltrepassata quasi sotto ipnosi, rapita da parole suadenti, da una sorta di flauto magico reso su carta. Ho avvertito un formicolio alla schiena, un fremito irrazionale, quello che generalmente provo quando ho l’illogica sensazione di essere osservata da qualcuno… o da qualcosa, come in questo caso specifico. Ho avuto, infatti, l’esacerbata, ma presente percezione di una porta radioattiva e sul punto di schiudersi, con lo scopo di trattenermi all’interno di una dimensione insolita, ma bellissima. In un certo senso, è stato proprio così perché, una volta iniziata la lettura, non ho avuto modo di accantonarla. Ho dovuto e ho voluto proseguire il mio cammino tutto d’un fiato, perdendomi tra i più salienti attimi di vita di Cristiano, attimi sonanti come note, le stesse note di cui ha investito, negli anni, quei medesimi attimi. Ho dovuto e voluto, quindi, per forza di cose e per forza di emozioni, seguire la circolare scia di quel suo “flauto magico”.

In tal modo, mi è sembrato di affrancare Cristiano fin dalla sua nascita, fin da quella che egli stesso ha definito una “profezia manomessa” o “una dolce calamità”. Mi è parso di stargli accanto nell’arco del suo burrascoso, ma, al contempo, affabile rapporto con il padre. Ho riso nell’arco di simpatici aneddoti che li riguardavano. Mi sono interrogata su atteggiamenti e decisioni di entrambi. Mi sono commossa a rapporto con scene di un’intensità indescrivibile, ma magistralmente ed incredibilmente espressa, ugualmente (abbondare di avverbi mi risulta imprescindibile, laddove il libro abbonda di magia). Mi sono lasciata, poi, incuriosire da tutto, persino dai racconti riguardanti la stesura e la registrazione degli album; mi sono lasciata investire, in sostanza, da una curiosità spropositata, proprio come se, attraverso la lettura, avessi dimenticato per un attimo di aver già sentito, risentito e metabolizzato ogni loro minimo vibrato e contenuto. Ho avuto, dunque, come la sensazione di aver vissuto ogni cosa sul suo nascere. Ho provato e avvalorato una mia spiccata empatia nei confronti di Cristiano e del suo percorso artistico per certi versi incerto. Ho preso, quindi, maggiore consapevolezza della difficoltà insita nel portare un simile cognome. Subito dopo, ho messo da parte l’artista e ho abbracciato l’uomo; e mi è piaciuta così tanto l’anima che vi ho scorto, anzi, ho avuto una conferma tale della sua bellezza congenita da finire per stimarlo e volergli bene, ancora di più, se possibile…

…Inevitabilmente, la fine del libro mi ha visto innamorata e nostalgica, con la voglia di ribaltare il libro e ricominciare a leggerlo da capo. Indirettamente, l’ho fatto: ho preso il mio lettore mp3, le mie cuffie, e mi sono lasciata trascinare dalla sua musica e, ancor prima, dalle sue parole. Mi è sembrato di trarne un giusto sunto. Ogni parola mi è entrata dentro come un tonfo e mi ha scaldato come attraverso un caldo soffio. Ogni sua emissione di fiato mi ha emozionato il doppio di quanto accadesse già usualmente. Il tutto ha favorito una mia presa di coscienza, un considerare il libro un’esorcizzazione necessaria che mi fa sperare, fortemente (in seguito al vicinissimo, ormai, “De Andrè canta De Andrè”) in progetti in grado di valorizzare Cristiano come cantautore, piuttosto che come musicista ed interprete, perché Fabrizio è Fabrizio e Cristiano non è Fabrizio, e questo non vuole essere un banale e “pregiudicante giudizio”, quello che spesso è reiterato da molti, ma vuole essere l’intento di elogiare tutto ciò che di distintivo caratterizza Cristiano che è innegabilmente un artista poliedrico a sé stante, uguale unicamente a se stesso come i più grandi.

Cristiano: l’incantatore di serpenti, o meglio, il meraviglioso incantatore di cuori.

Buona lettura a tutti!

Copertina_La-Versione-di-C

Nata a Lamezia Terme, il 27 Marzo del 1989, è una studentessa di “Scienze della comunicazione” presso l’ "Università della Calabria”. Nel 2011, ha pubblicato, con la "Damster Edizioni", un racconto intitolato "Brava Giulia", per l’ antologia "Voglio un racconto spericolato". Nel 2015, ha pubblicato sette poesie per la collana dal titolo "Riflessi" delle casa editrice "Pagine"; e nel Settembre dello stesso anno, ha pubblicato la sua prima raccolta poetica del titolo "Cespugli di rovi" con Eretica Edizioni. Nel Maggio del 2017 ha pubblicato invece il suo secondo libro di poesie "Annerita di condensa", con la medesima casa editrice.

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