Un “vino meraviglioso”, queste furono le parole che Tolkien usò per descrivere l’impatto che il Kalevala ebbe su di lui: un impatto talmente forte che finì per influenzare le sue idee lavorative nel campo della narrativa.
Fu grazie ad esso che egli potè sentire con forza l’esigenza di dare vita a un mondo che potesse rendere con completezza tutto il sostrato mitologico e “fiabesco” ( nel senso di racconto fantastico che va alle radici della natura umana) di un popolo o di una cultura.
Questo è, infatti, il Kalevala: il centro di “raccolta” dei miti e delle storie del popolo finlandese, i canti – o runi, per usare il termine specifico- dei contadini delle campagne finlandesi.
Ed è proprio qui che sta il fascino del Kalevala: apre innanzi agli occhi del lettore una realtà mitologica molto diversa da quelle a cui siamo abituati, per esempio quella greca: qui non ci sono eroi maestosi e controllati. In un saggio sul Kalevala, Tolkien ci dice che “se gli eroi del Kalevala sembrano dimostrare una singolare mancanza di dignità nel senso convenzionale del termine e sono facili alle lacrime e ai rapporti scorretti, a esser sinceri non hanno meno dignità e non sono meno complicati di un amante medioevale che va a letto per sfogarsi della crudeltà della sua dama(…) Gli amanti del Kalevala sono più evoluti e accettano una gran quantità di rifiuti”. Un mondo mitologico e una terra dove, in mezzo alle imprese degli eroi, leggiamo di preghiere per il raccolto, di descrizioni poetiche di bestie e piante. Narrazione riguardanti personaggi bizzarri, come quel Vainamoinen, costruttore del kantele, un grande strumento a corda ricavato dalla lisca di un merluzzo; racconti tramandati di padre in figlio, di giorno in giorno, fino ad oggi, quando, come leggiamo nel Runo III, “le antichissime memorie/ quelle origini profonde/ che non canta ogni fanciullo/ nè certuni eroi comprendono/ in questi tempi tanto ingrati/ nell’epoca della decadenza”.
Un conforto, nei tempi grami delle occupazioni svedesi e russe.
Quelle del Kalevala sono una serie di storie, dice Tolkien, che sorprendono perchè sono totalmente fuori dai nostri ambiti e paradigmi, essendo un corpus “con strane storie di trogloditi, che fanno giochi di destrezza con il sole e con la luna”.
L’influenza che queste storie ebbero su Tolkien fu notevolissima; riguardo a quest’ultimo punto, come non pensare alla canzone di Frodo a Brea su quella mucca che “saltò al di là della Luna”.
Forse è proprio per questo che la Terra di Mezzo è così “strana” e affascinante, tra tutte le storie “mitiche” del cosiddetto Occidente: perchè nasce dalle suggestione che una terra strana e unica al mondo, e le sue storie, riuscì a instillare nel cuore del suo creatore.
Questo lo portò addirittura a ispirarsi, nella creazione dell’eroe più tormentato del Silmarillion, Turin Tùrambar, alla figura forse più affascinante di tutta l’epica finlandese, Kullervo: un eroe “brutto sporco e cattivo” che finirà per giacere inconsapevolmente con sua sorella e per darsi la morte con una spada magica. Tolkien rielaborerà il mito in un testo suo, dove comparirà non solo l’ispirazione per Turin attraverso Kullervo, ma anche lo spunto per Huan, il cane dei Valar, attraverso la figura del cane magico Musti.
Kullervo, quindi, è un personaggio scontroso e iroso, che nasce schiavo di Untamo e che coltiva morte e vendetta sin da bambino, sfogando i suoi istinti: infatti una delle parti più emblematiche si trova all’inizio del poema, nella quale leggiamo l’invocazione alla sua ascia:
“Oh ascia mia, sorella mia carissima,
ascia che per un capitano sei fatta,
ecco: andiamo ad abbatter le betulle
e a tagliarne i fusti bianchi e snelli,
perchè nel mattino io ti affilai
e ti foggiai in un manico la sera:
e la tua lama i tronchi colpirà
e le montagne boscose desterà
e a terra s’abbatterà la legna
in questa primavera nella terra dei boschi
sotto i tuoi colpi, sorella mia di ferro”.
Non è mia intenzione raccontarvi tutta la storia, perchè non è il caso di farlo qui; consiglio a tutti comunque la lettura di “La storia di Kullervo” di Tolkien, edita da Bompiani nel 2015, perchè senza Kullervo, probabilmente, la Terra di Mezzo non sarebbe stata quello che è oggi.
Se potete, inoltre, immergetevi a fondo nella lettura del Kalevala: sarà anche per voi l’ingresso in un fantastico mondo, colmo di un vino limpido e strano, dove , per dirla con Tolkien, “le lacrime sono il vino del godimento”.
Di Pesaro. Ho trentaquattro anni, vivo e scrivo da precario in un mondo totalmente precario, alla ricerca di una casa dell’anima – che credo di aver trovato – e scrivo soprattutto di fantasy e avventura. Ho sempre l’animo da Don Chisciotte e lo conserverò sempre!