Partire da qualche consapevolezza, certo. Dicono tutti così ma poi rimaniamo qui ad annusare l’ennesima giornata di pioggia, a contare i passi che odiamo, a scrutare l’orizzonte aspettando che il cielo cambi colore ancora una volta, magari per sempre. Eppure fra milioni di occhi in mezzo ad un milione di volti mi sfugge il senso di questo mio passeggiare, in movimento per cercare di respirare aria nuova perché seduto ad aspettare, oggi, non riesco a stare.
E mentre rimbalzano di continuo i pensieri nella mia testa, più in là del mio cammino cade una foglia. Non importa a me e neanche a quegli adolescenti lì in fondo, impegnati a scambiarsi promesse che già domani avranno dimenticato.
Prendere coscienza richiede un impegno intenso, continuo. Ma non inutile. Non lo chiedi tu, non lo chiedono gli altri. Qualcosa ti bussa dentro, mentre stai su un piedistallo a guardare la vita altrui o mentre una certa frase di una certa canzone ti soffia sui capelli all’improvviso.
Parlavamo di consapevolezze lo so ma alla fine del mio discorso ho già dimenticato quali fossero o forse si sono nascoste di nuovo, dentro la giacchetta chiusa per coprirmi dal vento o fra le dita, mentre sistemo quel che resta dei miei capelli, mossi da un alito autunnale.
Non so domani con quale sguardo mi sveglierò dal torpore di un vecchio sonno, non so neanche quale primo pensiero accompagnerà i miei occhi verso quel pallido soffitto sopra di me. E forse poco importa adesso, proprio adesso non importa?
Sono i ricordi e gli amori che non ho mai avuto, le risate e le bugie, gli schiaffi presi e quelli non dati, ma anche i sorrisi e gli sguardi rivolti nel vuoto delle anime che mi circondano e spesso ne scrivo anche. Giornalista di professione, utilizzo i miei occhi e i miei sensi per trovare un filo che unisce le migliaia di distrazioni che mi circondano e che mi confondono.