Il respiro non serve, ti percepisco

L’oppressione di cieli grigi senza sole, di percorsi recintati

da illusioni che non lasciano spazio all’immaginazione.

Cammino sulle sponde di una notte senza stelle, trascinando

il peso di un’anima in cerca di altri orizzonti da cui affacciarsi,

da cui scrutare l’inizio di un nuovo giorno, aspettando che la sua musica

inizi a suonare, colorando nuovi canti, dipingendo nuovi versi.

Cartelli indicano vie senza nomi, strade senza uscita,

troppo grandi per i miei passi, troppo strette per una fuga.

Tra giardini in fiore e tetti spioventi, un cane mi sorride

complice del mio vagare.

E’ un mare di ossa quello che mi invade, di corpi e anime informi,

di occhi trasparenti attraverso cui ascoltare il vuoto che li circonda

e in cui l’eco di mille pensieri ridondanti si infrange.

Afferro il tempo e ne faccio brandelli, li stringo in mano e non ritrovo più nulla

come un cieco cerco il senso in questo viaggio, ascoltando i passi stanchi del mio vagare.

Nessuna anima che risponda a questo grido, nessuno sguardo che si volti di scatto.

E’ un lento vagare su binari di carta, su macchie di inchiostro che si asciugano al sole.

Ansie e parole, sguardi e smarrimenti. Sparire è quasi un po’ come tornare, ogni volta diverso.

Il respiro non serve, ti percepisco.

Sono i ricordi e gli amori che non ho mai avuto, le risate e le bugie, gli schiaffi presi e quelli non dati, ma anche i sorrisi e gli sguardi rivolti nel vuoto delle anime che mi circondano e spesso ne scrivo anche. Giornalista di professione, utilizzo i miei occhi e i miei sensi per trovare un filo che unisce le migliaia di distrazioni che mi circondano e che mi confondono.

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