The Witch, è un film horror storico, del 2015 diretto da Robert Eggers, di cui costituisce il primo lungometraggio. Il film è stato applaudito dalla critica e ha vinto numerosi riconoscimenti tra cui miglior esordio alla regia al London film festival, e migliore sceneggiatura d’esordio e film d’esordio all’ Indipendent spirit Awards. La storia è ambientato nella New-England colonica del 1630 dove un predicatore integralista e la sua famiglia vengono espulsi dalla comunità di appartenenza per l’eccessivo fervore religioso dell’uomo.
William, il patriarca, si illude che lontano dalla civiltà si possa ugualmente vivere, e soprattutto si possa maggiormente entrare in contatto con la parola di Dio. Le cose però non vanno esattamente come previsto. L’indipendenza della famiglia infatti inizia con una grave perdita. Thomasin, interpretata da un’eccellente Anya Taylor-Joy, la primogenita, in una sequenza suggestiva è infatti intenta a giocare con il fratellino appena nato ai margini del bosco, quando dopo un attimo di distrazione esso scompare. Da questo momento inizia l’incubo. La famiglia inizia a disgregarsi sotto i colpi del sospetto. La fervente fede non sembra essere di molto aiuto, anzi aumentando il senso di colpa, incentiva la paranoia. Inoltre il raccolto va male e la scarsità di risorse aumenta la precarietà psicologica dei personaggi.
Madre e figlia entrano in conflitto. Soprattutto la madre sospetta della figlia e la reputa responsabile della scomparsa del figlio. Il patriarca tenta una difesa della figlia che ama sinceramente, ma con la scomparsa nel bosco e il ritrovamento agonizzante del secondo genito Caleb, la situazione degenera definitivamente.
Esso infatti sembra affetto da stregoneria, sul letto di morte sputa una mela e poi muore. Katerin la madre e i gemellini accusano Thomasin di essere una strega. A sua volta Thomasin dice di aver visto i due gemellini parlare con il caprone di loro proprietà. William sembra a questo punto perdere veramente fede nell’innocenza della figlia e la chiude nella stalla con i due gemellini e le capre. L’incubo diventa sempre più buio e paranoico. La madre viene visitata nella notte da un neonato che sembrerebbe suo figlio e che allatta. Esso si rivelerà invece un corvo che gli strazia il seno con il becco. Nel frattempo nella stalla compare una donna nuda e vecchia che succhia una mammella sanguinante di una capra e i gemellini si mettono a parlare con essa. Thomasin sviene. Al risveglio di quella folle notte il patriarca vede le assi della stalla squarciata, c’è solo Thomasin e il caprone nero. Questo senza dar tempo all’uomo di difendersi lo incorna una prima volta lasciandolo agonizzante. William, allora prende un’ascia ma poi incredibilmente la lascia cadere e si fa volontariamente sventrare. È la resa. Ormai il male si è davvero impossessato della famiglia.
Il finale è diabolico. Thomasin uccide la madre che la stava aggredendo credendola colpevole di tutto, mentre sino a quel momento essa era stata l’unica innocente insieme al fratellino Caleb. Gli eventi, la cattiva sorte, la follia integralista dei genitori, il soprannaturale, si scagliano contro la povera vergine, impedendole la forza di reagire. A questo punto rimasta sola, si piega alla volontà del Caprone, che gli fa firmare un patto. In compenso essa avrà ricchezza e benessere. La posizione assolutamente asimmetrica, e gli stenti patiti, la solitudine sembrano non lasciare scampo a Thomasin che accetta la sua perdizione.
La scena finale è un sabba nel bosco. Il bosco ha vinto, il soprannaturale si dimostra una forza invincibile. E se probabilmente la civiltà è foriera di corruzione, l’isolamento e la natura non annullano i demoni ma li moltiplicano, insieme ad una fede integralista che non fa altro, attraverso un clima di terrore, di disgregare e sviluppare ossessioni e paranoie.
É veramente un bel film The Witch, uno dei migliori horror degli ultimi anni. Un lungometraggio curato sia nella sceneggiatura che nella fotografia. Con dialoghi mai banali. Personaggi esplorati bene e soprattutto con una solida analisi psicologica, dove il soprannaturale non schiaccia gli eventi ma li accompagna, quasi in uno specchio rovesciato, in cui le angosce e le divisioni dei personaggi diventano realtà, amplificandosi vicendevolmente in una spettacolare spirale verso l’abisso. Un ultima parola va dedicata alla fotografia di Jarin Blaschke, con istantanee che sembrano opere a se stanti. Il grigio dei cieli del New England, i campi brulli, la foresta, le atmosfere rarefatte davvero riescono a farci immaginare noi stessi coloni, spettatori non partecipanti di una favola nera che lascia il segno. É questo il cinema. Altrimenti è altro.
Il poeta non è altro che un canale, un medium per l'infinito, che si annulla per fare posto a forze che gli sono immensamente superiori e, per certi versi, persino estranee. D'altra parte chi sono io di fronte al tutto, ma al contempo, cosa sarebbe il tutto senza di me?