Psicanalisi e arte modernista
Come ben sappiamo la psicanalisi si sviluppò nei primi anni del ‘900 ad opera di Sigmund Freud, come scienza dell’inconscio. La sua nascita e il suo percorso si intreccia durante tutto il corso del secolo passato con l’arte modernista. Per prima cosa, gli artisti hanno attinto direttamente dalla psicanalisi, talvolta per rappresentarne visivamente le idee come per i Surrealisti tra gli anni Venti e Trenta. In secondo luogo, psicanalisi e arte modernista hanno subito entrambe il fascino del primitivismo, dei sogni, delle origini e della malattia psichica. In fine molti termini psicanalitici sono stati utilizzati dalla critica per analizzare l’arte del ‘900.
La psicanalisi emerse nella Vienna di Gustav Klimt e Egon Shiegle durante il declino dell’impero austro-ungarico, e rappresenta in parte il passaggio tra il vecchio mondo borghese dell’800 e quello post-moderno del ‘900. Non a caso la Vienna borghese non tollerò gli esperimenti perché suggerivano attraverso la crisi dell’io, la messa in discussione dello stesso ordine sociale. Naturalmente questa crisi della soggettività non fu propria soltanto di Vienna, ma si esplicò anche in Paesi quali Francia e Germania. In Francia dobbiamo ricordare l’opera di Gauguin, per il quale il primitivismo, proprio del modernismo, significò soprattutto un andare a ritrarre soggetti tribali, propri dei Mari del Sud. Per Picasso invece il primitivismo è da intendersi più come una ricerca formale, l’ispirarsi a tecniche e forme proprie di epoche premoderne, se non proprio primitive, assemblate con una sensibilità tutta moderna. Quasi tutti gli autori modernisti proiettarono nelle popolazioni primitive una purezza e un’innocenza ormai perdute dall’uomo moderno, in specie quello occidentale.
Per alcuni modernisti inoltre la ricerca dell’innocenza e delle origini si esplicò nell’esplorazione e nello studio dell’arte dei bambini e dei malati di mente, come per esempio per Paul Klee. L’interesse per i malati di mente e per il sogno fu centrale per i Surrealisti, che incentrarono la loro opera nella liberazione dell’inconscio dalla ragione, intesa come corrotta e corruttrice, oltre che borghese ed oppressiva. Tale visione è del tutto opposta da quella di Freud, secondo cui l’inconscio non era liberatorio, in quanto esso, lasciato libero dall’opera regolatrice della ragione, avrebbe sicuramente portato dritto verso la psicopatologia e la follia.
In ogni modo seppur spesso confliggenti arte e psicanalisi erano in stretto dialogo a inizio ‘900, anzi si servivano l’uno dell’altra, in un’opera continua di permutazione e integrazione reciproca, seppur con fini diversi. Il nazismo, interruppe tutto, nella sua opera di negazione sia dell’inconscio che dell’io soggettivo, per questo si dovette aspettare la fine della guerra per riprendere da dove si era lasciato, anche se nulla era più lo stesso, e non lo sarebbe mai più stato, in seguito ai disastri bellici e ai milioni di morti nei campi di sterminio. In ogni modo, a stento si ripartì, solo che l’attenzione questa volta si spostò dal soggettivismo onirico di Freud, a quello degli archetipi collettivi di Jung, apostata della psicanalisi freudiana, come valse per Pollock. Molta fetta dell’arte però rifiutò ogni forma di psicologismo, come la Pop art, interessata più alle immagini culturali. Allo stesso tempo però ci fu una rifocalizzazione sul soggetto corporeo che fece da preparazione ad una ripresa dell’attenzione al soggetto psicologico, così come fece negli anni ’70 l’arte femminista, che tuttavia utilizzò le categorie freudiane nello specifico per metterle in discussione come oggetti culturali, frutto di millenni di patriarcato. Negli anni ’90 infine tale analisi, che vedeva nella repressione patriarcale e maschilista, l’origine delle diseguaglianze sociali e di sesso fu ripresa dagli autori postcoloniali e dagli artisti gay e lesbiche.
Il poeta non è altro che un canale, un medium per l'infinito, che si annulla per fare posto a forze che gli sono immensamente superiori e, per certi versi, persino estranee. D'altra parte chi sono io di fronte al tutto, ma al contempo, cosa sarebbe il tutto senza di me?