“Al novizio” di filosofia – scrive Francesco Costa nella prefazione al suo Manuale – “questo libro servirà […] per stimolare un sano divertimento che sia al contempo l’occasione per avvicinarsi ai ghirigori del ragionamento filosofico” e lo ringrazio per questa esplicita notazione di intenti, perché sento di rientrare a pieno nella categoria e, non di meno, perché vi è sempre dell’apprezzabile nelle righe che un autore sente di abbozzare come introduzione al proprio lavoro. Poi, se gli intenti di questo libro son chiari fin dal titolo, si apprezza ulteriormente il carattere di già mimetico della presentazione. In poche parole, Francesco Costa si è divertito molto a scriverlo, e questa componente, che richiama non tanto il ludico disimpegno di un divertissement ma, invece, un senso intellettivo del gioco, si percepisce in ogni singola pagina.
Manuale di Filosofia Fantastica (Link Edizioni, 2022) si inserisce in punta di piedi in una lunga tradizione di compilazioni e gallerie letterarie – siano in forma di trattato, di pamphlet, di biografie, di prosimetro, di catalogo, di saggio moderno – la cui punta di diamante più recente (per fama, per bellezza e per modernità, appunto) mi piace ravvisarla nel celebre Manuale di zoologia fantastica borgesiano (1957, ma poi dal 1969 “Il libro degli esseri immaginari”) in cui il genio argentino, anche per natura del suo oggetto, contemporaneizzava il genere del bestiario e donava al fantastico il più alto statuto filosofico e metafisico possibile.
Nel caso degli strambissimi filosofi dipinti da Costa il carattere fantastico rimane naturalmente sul piano della fantasia dell’autore (che, a tratti parecchio raffinata, è alimentata dal suo bagaglio di conoscenza del reale), e tuttavia, con le ovvie distanze ma gettando un ponte che stuzzica la mia curiosità, può dare anche esso il letterario sentimento del bestiario. Nella misura in cui, si intende, un catalogo di biografie degli uomini – reali o fantastici che siano – può sempre anche essere letto come un bestiario.
Le bestie di Francesco Costa, per l’appunto, sono filosofi “dimenticati” dalla storia, perennemente legati, se non imparentati, con i grandi pensatori della filosofia normativa e normalizzata. Questo fa sì – come suggerito ancora dall’autore stesso – che per apprezzarne a pieno i profili, il pensiero, le opere, non si può prescindere da una conoscenza anche di base (per esempio la mia) dei filosofi “ufficiali”, quelli che si imparano a scuola, insomma, almeno nelle loro linee più semplici. Così, ricordiamo tutti che la filosofia occidentale pone come suo mitologico fondatore Talete e la sua “acqua”; poi Democrito con i suoi atomi, tutti i presocratici, la santissima trinità (ma forse meglio Il buono, il brutto e il cattivo, a scelta) Socrate-Platone-Aristotele e così via…
Un museografico affresco di uomini e di pensieri che Costa ribalta, smussa, caricaturizza, esaspera, minimizza. Insomma, della satira di questa filosofia fantastica si apprezzano tutti quei procedimenti comici che l’autore dimostra di padroneggiare: sono diversi, infatti, i tipi del comico, diverse le strade, le tecniche del riso, e questa diversità è essenziale, giova moltissimo a un libro di questo tipo che, per natura, deve rimanere guardingo sui rischi di ripetizione. E a scongiurarli, oltre alla varietà nelle procedure comiche, concorre con intelligenza la leggerezza in termini proprio di peso specifico, l’assenza di prolissità, la brevitas e lo stile a volte giustamente aneddotico.
I profili di Talaltro (e del suo arché-panino), di Scrausippo (famoso per i suoi “dialoghi senza capo né coda”), di Spinoso, di Gialleu, di tutti gli altri, si fagocitano con il sorriso e le risate e richiamano, come già detto, un vario arsenale di armamenti comici senza però mai disdegnare un tipo di umorismo che, sempre presente, riveste il libro di una vera patina moderna: il gioco di parole e il non-sense. Non nel senso di una loro esclusiva appartenenza al contemporaneo (chi mai potrebbe pensarlo?) ma, piuttosto, in una loro accezione “social”, oserei quasi “memetica”. Un comico che, nascendo dal basso, giunge all’alto, sfruttando i giusti tempi (e sulla pagina scritta è più complicato), il giusto stile, le giuste metafore, il giusto cinismo e la giusta cattiveria. È ciò che, per fare un esempio chiarissimo, leggendo di Epicurdo (filosofo ateniese di origini curde) mi fa immaginare un Nino Frassica o un Maccio Capatonda qualunque.
Si apprezza, insomma, parecchio di questo Manuale di Filosofia Fantastica, persino, per finire, i tentativi di mantenersi nell’ironia pure negli spazi paratestuali: ad es., le note sono puntuali e arricchiscono il testo di riferimenti reali, utilissimi ma sempre trattati ironicamente. Avrebbero giovato maggiormente, a mio parere, presentate in un numero assai maggiore.
Per chiudere, il Manuale di Francesco Costa è un lavoro curioso, esilarante, ben scritto, dunque intelligente, la cui dipendenza alla materia in senso stretto (dico, la filosofia), anziché un limite, può farne un punto di forza, uno spunto per approcciarsi alla filosofia con il sorriso e la leggerezza giusti. Ma qui devo fermarmi. E, come dicevo, a causa della mia filosofia pochissimo masticata, auspicando un commento ben più pregnante e puntuale del mio in termini dei contenuti meno afferrabili, più reconditi, di questo libro. Perché, lo si percepisce, sono molti, sono interessanti e, in fin dei conti, ne rappresentano il vero peso, l’anima, la sostanza.
Vive a Lamezia Terme, legge e scrive dove gli capita. A tempo perso si è laureato in Beni Culturali e in Scienze Storiche, a tempo perso gestisce il blog Manifest e a tempo perso è responsabile della Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo del TIP Teatro. Di fatto, non ha mai tempo. Ha esordito nel 2023 con il romanzo "Al di là delle dune" (A&B)